Questo video descrive quanto succede a Creta, ma potrebbe essere anche la Sardegna, La
Sicilia e tante altre isole del Mediterraneo. Racconta l’occupazione di terreno
vitale per il settore primario (agricoltura- allevamenti) e le conseguenze per
gli uomini, gli ucceli rari e l’ambiente naturale, racconta di distruzioni
ambientali e di speculatori che fanno razzia di incentivi di terre fertili e di
paesaggio.
Una cooproduzione della Rete di associazioni contro le energie rinnovabili industriali a Creta
e della Televisione fatta dai Cittadini sulla invasione della energia "verde" a Creta.
Un video fatto per smascherare una regolamentazione finalizzata all”installazione senza regole di Energie Rinnovabili in Aree protette con l’unico scopo di far guadagnare le multinazionali con la vendita della corrente ai Cretesi. Tutto in nome di un "sviluppo" senza termini e regole.
Egregio Signor Sindaco Ho seguito con vivo interesse e molto stupore il suo intervento all’assemblea popolare organizzata lo scorso 14 dicembre a Decimoputzu dal comitato Terrasana sul tema della centrale a biogas e delle energie rinnovabili. Non capita spesso di ascoltare un politico o un rappresentante istituzionale affermare di sentirsi “truffato” dalle false promesse e riconoscere le proprie colpe e la propria ingenuità rispetto alle decisioni assunte in nome e per conto della comunità che rappresenta.Abbiamo così appreso che anche Lei, signor sindaco, come troppi amministratori sardi, si è fatto abbagliare dalle promesse dei soliti “facilitatori” che si son presentati in giacca e cravatta nel suo ufficio a portare il cosiddetto “sviluppo”e contribuire con le energie rinnovabili al raggiungimento degli “obbiettivi posti dal protocollo di Kyoto”.
Nel caso dell’impianto di “Su Scioffu” a Villasor si è trattato di una scelta scellerata che ha consegnato alla speculazione del fotovoltaico decine di ettari di terra fertile, sottratta alla produzione agricola in cambio delle solite promesse di posti di lavoro, di royalties, di scuole e altre opere pubbliche, di centri di ricerca e di somme devolute sotto la voce di “ristoro ambientale” per compensare gli effetti negativi derivanti alla comunità dalla presenza dell’impianto. Abbiamo potuto assistere in questi giorni, in occasione dell’anniversario dell’entrata in funzione dell’impianto, a una campagna di stampa propagandistica che ci racconta quanto è bello produrre in queste favolose serre e quanto lavoro (hanno parlato di un centinaio di maestranze) e benessere abbiano portato alla comunità. Ma Lei ci ha invece raccontato un’altra storia, fatta di promesse mancate, di un comune indebitato e a rischio default, di informazione assolutamente non veritiera sull’effettiva occupazione garantita dall’impianto di “Su Scioffu”.
Io Le credo, signor sindaco,
perché la sua comunità, al pari di troppe altre in Sardegna e nel resto
d’Italia, è stata privata di un’importante area agricola per ospitare veri e
propri impianti industriali autorizzati come “miglioramento fondiario”.
Importanti risorse della Sardegna e dei sardi razziate da speculatori che si
stanno arricchendo grazie proprio alla “dabbenaggine” di amministratori locali
e regionali. Non ho colto però la ratio delle sue conclusioni, il fatto cioè di
ipotizzare l’alienazione, o la cessione ventennale, di parte del territorio di
proprietà comunale (237Ha di terreno agricolo) a una società che propone di
realizzare a “Flumini Mannu” una centrale elettrica in zona agricola (impianto solare
termodinamico a concentrazione da 50 MW di potenza installata). Col ricavato
della cessione di queste aree Lei spera di far fronte al probabile dissesto finanziario
del suo comune. Mi sembra che anche questa ipotesi La porti a ripetere l’errore precedente, visto che anche il nuovo
impianto porterà ricchezza soltanto a chi lo realizza, impoverendo ancora di
più la sua comunità, privandola delle proprie terre e quindi dell’opportunità di
metterle a valore con attività agricole che abbiano una vera ricaduta economica
sui cittadini di Villasor. Penso invece che esprimere parere contrario al nuovo impianto industriale sui terreni agricoli di Flumini Mannu rappresenti per Leila grande occasione per riscattarsi dall’aver voluto le serre di Su Scioffu. Le suggerisco di seguire questa strada così come sarebbe opportuno che lei segnalasse al GSE le anomalie riscontrate nella produzione agricola di queste serre affinché, se ne esistono le condizioni, la società venga privata dagli incentivi fotovoltaici pagati con le nostre bollette elettriche. Mi piacerebbe anche che Lei
portasse la testimonianza dell’imbroglio di cui ci ha parlato agli altri
sindaci vittime come Lei, ma che ancora non se ne sono resi conto.
I migliori auguri di Buone Feste, perché il prossimo
anno ci aiuti a superare le attuali difficoltà economiche, sociali e ambientali.
Perché si avvii una completa revisione delle politiche distruttive improntate
al consumismo, allo spreco di risorse e
alla distruzione del patrimonio ambientale e culturale, generatrici di ingiustizia
sociale e troppo spesso di catastrofi naturali.
“Il PIL comprende
anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze
per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le
prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che
valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce
con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la
ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con
gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che
aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della
loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la
bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza
del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.”
Ancora cemento sulle coste della Sardegna. Mezzo milione di metri cubi non
solo per ampliare alcuni alberghi di Costa Smeralda e Porto Cervo, ma
addirittura per costruirne di nuovi, distruggendo persino l’area di Razza di
Juncu miracolosamente scampata alle precedenti aggressioni della speculazione
immobiliare. L’aggressione decisiva alle coste sarde arriva dopo l’ultimo
viaggio del presidente Cappellacci nel Qatar, organizzato dall’emiro già
proprietario della Costa Smeralda per acquistare importanti pezzi di costa
sarda da cementificare.
Pan di Zucchero - Nebida
Le Associazioni Italia Nostra, WWF, LIPU e FAI della Sardegna hanno inviato
una nota al Presidente della Giunta Regionale Sarda e al Ministero dei BB.CC.
che manifesta totale disaccordo sull’ennesima operazione speculativa volta a
vanificare il PPR e i valori da esso tutelati. E ricorda come Regione e enti
locali siano chiamati al rispetto dell’articolo 9 della Costituzione.
Cinquant’anni di politiche economiche e territoriali disastrose, improntate sul
consumo del territorio e sulla distruzione dell’economia sarda, non sono
servite da lezione, nonostante si sia raggiunto in Sardegna il triste primato
europeo del 14,6 % di disoccupati e del 45% di disoccupazione giovanile. Si è
deciso di proseguire nell’assurda scelta di consumare le vere ricchezze della
Sardegna, il suo territorio e la sua storia, per favorire la solita
speculazione immobiliare.
Residenze "turistiche" a Nebida
Questa volta ci viene assicurato che non sarà più
come prima, si parla di parchi, di turismo sostenibile, di valorizzazione
dell’agroalimentare e di conservazione dei valori identitari: "Il nuovo
sistema turistico inizia dai parchi, da quelli che diventeranno i Costa
Smeralda Parks e che saranno una sintesi emozionale tra paesaggio, cultura e
identità: un luogo in cui sviluppare relazioni armoniche tra l’ecosistema, le
aree di insediamento umano, la rete biologica e gli spazi ricreativi"
garantisce il presidente Cappellacci. Ci chiediamo perché per fare un parco sia
necessario invadere il territorio con altri 450mila mc di cemento. Perché
l’attuale proprietario della Costa Smeralda non incomincia da subito a tutelare
i valori identitari e a rilanciare l’agroalimentare partendo dall’enorme
patrimonio già in suo possesso?
L’offerta fatta all’emiro è solo l’ultima delle
distruzioni perpetrate da questa Amministrazione al territorio della Sardegna.
Conclude l’aggressione al Piano paesaggistico regionale, già fortemente
indebolito dalle precedenti norme sull’edilizia approvate in questi anni dal
Consiglio regionale. Il “Piano casa” con le numerose proroghe, la legge sul
golf con annessi hotel, club-house, villette e residenze per più di tre milioni
di metri cubi, sino all’ultima norma sulle zone umide che di fatto cancella in
un solo colpo la tutela prevista dal PPR e il pronunciamento del Consiglio di
Stato, e per questo impugnata proprio in questi giorni dal Governo Italiano
davanti alla Corte Costituzionale.
Nei giorni scorsi
l’Associazione ha ricevuto per conoscenza una petizione inviata agli
Assessorati reg.li all’Agricoltura e all’Ambiente con la quale 1126 cittadini
di Sant’Antioco e Calasetta chiedono alle competenti autorità un intervento
immediato e risolutivo contro l’emergenza ambientale ed economica causata dalla
presenza dei cinghiali nell’isola di Sant’Antioco.
Campagna e isola del Toro
Si tratta
dell’ennesima richiesta che fa seguito a numerosi esposti e denunce presentate
dai cittadini dell’isola, sintomo del crescente conflitto sociale presente
nella comunità derivante dall’inasprimento del conflitto
agricoltori-cacciatori.
La presenza di
cinghiali a Sant’Antioco (specie non autoctona) – provenienti da immissioni
illegali finalizzate al ripopolamento “prontocaccia” - pone una serie di preoccupanti problemi ambientali
derivanti dai danneggiamenti arrecati alle colture agricole dagli ungulati e dal
rischio per la sopravvivenza di alcune specie della macchia mediterranea. La
presenza dei cinghiali in un habitat non idoneo limita fortemente la riproduzione
di diverse specie faunistiche autoctone, scatenando una vera e propria
rivoluzione della sopravvivenza tra le specie, a discapito di quelle più deboli
e quindi a rischio di estinzione.
La presenza di
queste specie aliene rappresenta un serio rischio per la conservazione della
biodiversità per cui è fondamentale impedire l’insediamento dei nuclei di
cinghiali in un habitat che non è in grado di ospitarli, avviando una campagna
di eradicazione dei cinghiali presenti nell’isola.
Per fermare la
logica perversa dei lanci finalizzati alle battute di caccia, è opportuno vietare la caccia al cinghiale in tutta
l’isola di Sant’Antioco (vanificando in tal modo l’immissione illegale che
si ripete annualmente), e avviare nel contempo il prelievo controllato dei
cinghiali con metodologie meno cruente, che consentano di tenere in vita gli
animali e di utilizzarli per popolare habitat idonei a quella specie.
Con un articolato
documento Italia Nostra ha presentato queste proposte agli Assessori Regionali
e Provinciali alla Difesa dell’Ambiente e ha chiesto l’intervento della Procura
della Repubblica di Cagliari per fermare e reprimere i lanci illegali di
selvaggina e verificare se il danneggiamento ambientale causato dai cinghiali
lanciati in un habitat non idoneo possa ravvisarsi quale reato ambientale.
Edizione
di sabato 01 dicembre 2012 - Sulcis Iglesiente
S. ANTIOCO. Danni
all'ambiente
Cinghiali da trasferire. Da Italia Nostra esposto alla Procura
I
cinghiali “di importazione” che popolano le campagne di Sant'Antioco sono
diventati un pericolo per la conservazione della biodiversità isolana nonché un
attentato all'economia isolana. A denunciare ancora una volta l'insostenibile
situazione è la sezione cittadina di Italia Nostra. Nei giorni scorsi il
presidente Graziano Bullegas, ha inviato un esposto agli assessori regionali e
provinciali alla Difesa dell'ambiente chiedendo che sollecitino l'intervento
della Procura della Repubblica di Cagliari per verificare se possa ravvisarsi
un qualche reato nei danni all'ambiente causati dai cinghiali introdotti in un
habitat non idoneo.
GLI
ESPOSTI Si tratta dell'ennesima richiesta che fa seguito a numerosi
esposti e denunce presentate dai cittadini di Sant'Antioco e dai numerosi
agricoltori che si contrappongono ai cacciatori. I primi, infatti, lamentano i
gravi danni provocati alle coltivazioni dai cinghiali maremmani introdotti anni
fa che hanno finito per colonizzare le campagne dell'isola. “È necessario
impedire l'insediamento dei nuclei di cinghiali in un habitat che non è in
grado di ospitarli -scrive Graziano Bullegas - con l'avvio di una campagna di
eradicazione dei cinghiali presenti nell'isola». Italia Nostra auspica che sia
opportuno vietare la caccia al cinghiale in tutta l'isola di Sant'Antioco ed
avviare, nel contempo, un prelievo controllato dei cinghiali, con metodologie
meno cruente, che consentano di tenere in vita gli animali e di utilizzarli per
popolare habitat idonei a quella specie.
I
PROBLEMI La presenza a Sant'Antioco di cinghiali di una specie non
autoctona, pone una serie di preoccupanti problemi ambientali derivanti dai
danneggiamenti arrecati alle colture agricole dagli ungulati e dal rischio per
la sopravvivenza di alcune specie della macchia mediterranea. L'habitat in cui
si muove la selvaggina, infatti, non è idoneo per la specie introdotta la cui
presenza sta limitando fortemente la riproduzione di diverse specie faunistiche
autoctone, scatenando una vera e propria lotta per la sopravvivenza a discapito
di quelle più deboli che quindi, sono ormai diventate a rischio di estinzione.
Da qui l'appello di Italia Nostra.
Tito
Siddi
Edizione
di venerdì 30 novembre 2012 - Sulcis Iglesiente
CALASETTA. L'ordinanza
Divieto
di caccia il Tar dà ragione al Comune
Nello
scontro tra il sindaco di Calasetta Antonio Vigo e i cacciatori
dell'Associazione venatoria caccia pesca ambiente la spunta (per ora) il primo
cittadino: così ha deciso il Tar che ha rigettato la richiesta di sospensiva
presentata dai cacciatori contro l'ordinanza del sindaco che vieta la caccia
nelle campagne del paese.
L'ORDINANZA Nell'agosto
scorso Antonio Vigo aveva emanato un'ordinanza che vietava, per garantire la
sicurezza dei cittadini, l'attività venatoria in aree del territorio comunale
che, malgrado l'utilizzo a scopo agricolo, risultano densamente abitate. Ma i
cacciatori non avevano mandato giù la decisione e avevano impugnato l'ordinanza
presentando un ricorso al Tribunale amministrativo regionale accampando
l'“inesistenza di situazioni di pericolo e di danno” e ancora “difetto di
istruttoria ed eccesso di potere”.
I
GIUDICI La risposta del Tar non ha tardato ad arrivare: il 28 novembre,
la richiesta di sospensiva cautelare dell'ordinanza avanzata dai cacciatori è
stata respinta in quanto, hanno motivato i giudici “nel bilanciamento degli
interessi in gioco, la tutela della pubblica incolumità prevale sul diritto ad
esercitare l'attività venatoria”. Il Tar si pronuncerà nel merito. Soddisfatto
il sindaco Vigo: «La sicurezza dei cittadini è stata messa al primo posto:
direi che è un risultato più che soddisfacente».
Serena
Cirina
Sant’Antioco 02 settembre 2003
L’Associazione Italia Nostra fa proprie le preoccupazioni dei
sindaci di Sant’Antioco e di Calasetta in merito alla pericolosità
dell’esercizio dell’attività venatoria nell’isola, e in particolare nelle aree
fortemente antropizzate. L’esercizio della caccia nell’isola e l’eccessiva
presenza di cacciatori sono stati, da tempo, motivo di protesta da parte
dell’Associazione.
Esiste un forte condizionamento alla libera fruizione del
territorio per i cittadini a causa dell’attività venatoria. Durante la stagione
di caccia sono bandite le passeggiate domenicali in campagna e lo testimoniano
le numerose segnalazioni a noi pervenute.
Per questo motivo Italia Nostra ritiene legittime le
ordinanze dei due sindaci emesse a salvaguardia e a tuteladella pubblica incolumità, e auspica che anche
altri amministratori della Sardegna seguano il coraggioso esempio dei sindaci
dell’isola. È importante sottolineare che questi provvedimenti amministrativi
sono stati emessi anche su sollecitazione di buona parte dei cacciatori
dell’isola e che sono condivisi dall’autogestita di caccia “Isola di
Sant’Antioco”.
L’Associazione auspica che i provvedimenti sindacali smuovano
l’apatia dell’Assessorato Regionale all’Ambiente che, anziché minacciare inutili
e dispendiosi ricorsi, predisponga al più presto un nuovo piano faunistico che
tenga conto della specificità e della sensibilità dell’ecosistema delle isole
minori, che ridefinisca le superfici interessate all’attività di caccia e
conseguentemente il carico venatorio sopportabile, e che normalizzi l’attività
di ripopolamento faunistico impedendo il lancio indiscriminato di selvaggina
non autoctona e promuovendo la salvaguardia delle specie locali.
Pubblichiamo l'interessante e condivisibile lettera sottoscritta da un gruppo di Architetti e inviata al Presidente del Consiglio Regionale e al Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Architetti di Cagliari, Medio Campidano e Carbonia Iglesias contro la proposta di sanatoria degli abusi edilizi e di impunità licenziata dalla VI Commissione del Consiglio Regionale
Oggetto: PL N. 423 - STOCHINO - PITTALIS -
BARDANZELLU - PERU -MURGIONI - SANNA M. - CONTU F. - SANNA G. - MELONI F. –
Disposizioni
urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa presente
nei territori caratterizzati da diffusione discontinua ed altri usi impropri,
in materia di piani di risanamento urbanistico e piani di riqualificazione
paesaggistica.
Sant'Antioco - Torre Canai e isola della Vacca
I
sottoscritti architetti iscritti all’Ordine degli Architetti, Paesaggisti ,
Pianificatori, Conservatori delle Province di Cagliari, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias
sostengono la Magistratura nell’azione
di contrasto alla violazione dei diritti costituzionalmente garantiti in
materia di ambiente, paesaggio e beni
culturali.
Considerano
un attacco allo Stato di diritto la discesa in campo, con marcia su Cagliari,
di una moltitudine di proprietari di edifici abusivi – destinatari di
ingiunzione di demolizione di edifici realizzati in violazione della legge paesaggistica
nei territori costieri dell’Ogliastra, del Nuorese e della Gallura – a reclamare
sotto le finestre del loro méntore, l’on. Angelo Stochino e dei suoi colleghi di
maggioranza della VI Commissione, l’applicazione di quel principio di impunità che
la mala politica è ancora capace di diffondere nel tessuto sociale attraverso
proposte di legge regionali “coerenti
all’azione avviata dalla Regione per la salvaguardia e la valorizzazione
paesaggistica” (P.L. n. 423).
I
sottoscritti si schierano in difesa
dell’ ambiente, del territorio,
del paesaggio e contro il consumo di suolo; si contrappongono alle leggi
vergogna che trasformano in legittimo
ciò che è illegittimo offrendo protezione ad interventi “da fai da te” e
copertura a cattivi amministratori e a speculatori locali, responsabili oggettivi
anche del dissesto idrogeologico e dell’aggressione al bene comune.
Chiedono
che il Consiglio regionale rigetti la proposta di legge approvata dalla
Commissione urbanistica e recuperi la
propria onesta funzione legislativa nel riconoscere nell’ambiente, nel territorio, nel paesaggio il bene comune
primario dell’Isola la cui compromissione è da impedire in ogni forma e semmai
da sanzionare con la severità prevista dalla legge.
In
questa ottica di più ampia e severa tutela del bene primario, patrimonio
dell’intera comunità, i sottoscritti ravvisano l’opportunità, la necessità e l’urgenza
che il Consiglio imponga alle amministrazioni locali tempi stretti e certi nel
dotarsi della strumentazione urbanistica adeguata a quella di salvaguardia e di
tutela, anche adottando i poteri sostitutivi, affinché chiunque possa avviare intraprese
nella certezza del diritto.
Firmatari
Arch. Giovanni Zedda Arch. Luciano Rossetti Arch. Tullio Angius Arch. Fausto Solla Arch. Maurizio Masala Arch. Pierpaolo Piredda Arch. CarloGessa
I numerosi
Movimenti e Comitati Locali che negli ultimi anni son nati in Sardegna, ognuno
con la propria specificità locale, sono accomunati dall’obiettivo di opporsi
all’installazione di strutture, impianti e aziende che aggrediscono il
territorio, deturpano l’ambiente, distruggono il paesaggio e sempre più spesso
la stessa economia dei luoghi. Le iniziative contrastate dai Comitati locali, e
talvolta supportate da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, vengono
quasi sempre presentate come insediamenti da realizzarsi in nome della tutela
dell’ambiente, della valorizzazione del territorio, funzionali agli obbiettivi
del protocollo di Kyoto e quindi al risparmio energetico – naturalmente tutti
gli interventi vengono realizzati “nel pieno rispetto dell’ambiente e del
bene comune, attraverso un percorso di sviluppo sostenibile”, come si legge
nel sito
internet dell’impianto eolico di Ulassai.
Sempre più
frequentemente il protocollo di Kyoto, la conferenza di Rio, la limitazione dei
gas serra e il controllo climatico etc.. vengono utilizzati come pretesti per
giustificare ecomostri e improponibili scempi ambientali.
A partire
dalla chimica verde, che nasconde un inceneritore che condizionerà le future
produzioni agricole di centinaia di ettari imponendo la monocoltura del cardo e
non si esclude possa bruciare anche rifiuti urbani, passando per i “progetti
di miglioramento fondiario” di centinaia di ettari di fertile terreno
agricolo che vengono coperti con panelli fotovoltaici camuffati da serre o
intere vallate ricoperte da migliaia di specchi e strutture d’acciaio per
permettere la produzione di energia attraverso il solare termodinamico. Per
arrivare poi alle wind farm o parchi eolici che occupano le nostre colline con
centinaia di pali e pale con altezze superiori ai 70 mt e visibili da ogni
dove, e non paghi chiedono di occupare pure il mare con gli impianti off-shore,
poco importa se sorgeranno in prossimità del parco nazionale dell’Asinara o
dentro il golfo degli Angeli. E ancora la nuova linea di termovalorizzatori
dell’inceneritore di Tossilo fortemente contrastata dal comitato “Non
bruciamoci il futuro” di Macomer o l’impianto trattamento dei rifiuti di Arborea
contro cui lottano i cittadini della frazione di Sant’Anna in comune di
Marrubiu.
Sotto
processo è la green economy colpevole di inquinare quanto l’economia
tradizionale e che vorrebbe farci dimenticare i numerosi siti degradati e i
tanti impianti dismessi e mai bonificati disseminati per tutta la Sardegna.
Fra poco
nell’isola arriverà pure il verde doc con i 25 campi da Golf. Green nuovi di
zecca con annessi hotel, club-house e residenze, 150 villette da 180mc, per
ogni campo, per complessivi 3mila HA di terreno occupato e 3 milioni di mc
edificati. Sulla fascia costiera possibilmente!
E dopo
essersi impadroniti delle nostre parole ci stanno privando pure dei nostri
luoghi, dei nostri paesaggi, omologandoli a quelli più brutti della penisola,
facendo perdere alla nostra isola “la sua diversità, la sua varietà
d’aspetti e di caratteri di un intero continente” come la definiva Marcello
Serra.
Se qualche
geografo volesse riprendere il lavoro di Maurice Le Lannou che nel descrivere
la geografia della Sardegna nel suo libro “Pastori e Contadini di Sardegna” ha
raccontato la storia dei sardi e la struttura della loro economia nei secoli,
dovrebbe oggi probabilmente affrontare il tema del “nuovo colonialismo” che si
impone grazie anche all’opera meritoria di amministratori locali e regionali
che in nome dell’autonomia gestiscono il territorio per conto dei costruttori e
consegnano le terre fertili, le coste e l’intero paesaggio alla speculazione in
cambio spesso di semplici promesse. Dovrebbe raccontare del ruolo delle
soprintendenze anche esse troppo spesso colpevolmente assenti e compiacenti.
“Occorre
dunque una legge che «ponga, finalmente, un argine alle ingiustificate
devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più
amate del nostro suolo» diceva negli anni ‘20 Benedetto Croce presentando
la prima legge italiana sulla difesa del paesaggio. A quasi un secolo di
distanza, nonostante le tante importanti leggi che regolano la materia, da
quelle di Bottai nel ’39 all’articolo 9 della Costituzione Italiana, fino al
Codice dei Beni Culturali e Ambientali, le parole di Croce appaiono di
un’attualità sconcertante.
Soprattutto
in questa Sardegna dove si combatte ancora contro la città lineare fortemente
contrastata da Antonio Cederna quarant’anni fa. Speravamo di aver chiuso
definitivamente quel capitolo grazie alla legge salvacoste e al Piano
Paesaggistico Regionale di Soru e invece siamo daccapo.
“C’eravamo
appena procurati un Piano Paesaggistico che ce lo vogliono smontare” affermava Giorgio Todde qualche
tempo fa. I numerosi “piani casa”, la legge sul golf, e l’ultima leggina sulle
zone umide (che cancella in un sol colpo la tutela prevista dal PPR, dal codice
dei BBCC e lo stesso pronunciamento del Consiglio di Stato) hanno inferto i primi
colpi mortali al PPR. Lo scorso luglio il Consiglio Regionale ha approvato le
nuove linee guida che di fatto derubricheranno la fascia costiera da bene
paesaggistico a terra di conquista, trasformando le aree agricole in terreni
marginali al servizio della nuova speculazione immobiliare.
Per
raggiungere questo obbiettivo fanno pure carte false, impedendo il
coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni rappresentative di interessi
diffusi e nel totale disprezzo della normativa italiana ed europea e dello
stesso PPR, sulla partecipazione delle comunità ai processi decisionali. E
ancora non basta, la stessa nomina della Commissione Regionale per il Paesaggio
e la Qualità Architettonica è inficiata da atti illegittimi e dalla presenza di
associazioni di comodo. Ma questa è materia di cui si sta occupando la
magistratura cagliaritana.
Disposti a
tutto quindi, fino a demolire il più avanzato progetto di pianificazione
paesaggistica realizzato in Italia, pur di perseguire gli interessi della
speculazione immobiliare. Naturalmente in nome dello sviluppo e del progresso e
per omologare la Sardegna e il suo paesaggio ai luoghi più brutti di questa
Italia sempre più consumata e sempre più invivibile.
*Graziano
Bullegas è presidente regionale di Italia Nostra; pubblichiamo una sintesi
dell’intervento al Forum il “Tramonto del paesaggio” organizzato dai Presidi
del libro della Sardegna (9,10,11 novembre 2012)
L'Associazione Italia
Nostra Sardegna ha presentato in data odierna le osservazioni alla procedura di
verifica/screening richiesta dalla ditta Energogreen Renewables srlfinalizzata alla realizzazione di un impianto
termodinamico solare a concentrazione per la produzione di energia termica ed
elettrica da realizzarein località
Campu Giavesu neicomuni di Cossoine e
Giave (SS).
Si tratta di un impianto di
circa 30 Megawatt di potenza installata, 160 HA di terreno occupato da specchi
e acciaio, un’estensione circa 6 volte
più ampia della superficie occupata dai centri abitati di Cossoine e Giave. Un
intervento fortemente invasivo, una grave offesa al territorio e al paesaggio,
uno stravolgimento senza precedenti di questi luoghi che rappresentano elementi
essenziali di riconoscibilità e di leggibilità dell’identità territoriale.
160 ettari di terreno occupato
L’intervento, oltre al
deturpante impatto paesaggistico, potrà compromettere le attuali e future
attività agricole della zona, in palese contrasto con gli stessi strumenti urbanistici dei
comuni di Cossoine e Giave, e con le norme urbanistiche per le Zone Agricole.
Purtroppo l’aggressione
alla piana di Campu Giavesu sembra non avere fine, infatti in quell’area insistono
altri due impianti fotovoltaici che occupano una superficie complessiva di circa
40 HA per cui se venisse autorizzato anche il nuovo impianto risulterebbero
occupati complessivamente 200 Ha di territorio agricolo e la potenza complessiva (tra installata e richiesta) sarebbe
di circa 50 MWe.Si pone quindi il serio
problema dell’effetto cumulativo del notevole impatto ambientale che l’insieme
delle centrali elettriche potrebbero arrecare all’area agricola interessata.
L’associazione ha
inoltre sollevato forti perplessità per il forte impatto paesaggistico
riconosciuto dagli stessi proponenti l’opera, che probabilmente verrà
maggiormente accentuato dagli interventi di mitigazione proposti. Così come la
presenza dei numerosi nuraghi che circondano la vallata verrebbe completamente
svilita dall’occupazione dell’intera area con specchi e acciaio.
Anche le numerose
specie di avifauna stanziale e migratoria – nell’area nidifica anche la cicogna
- subirebbero un danno irreversibile
dalla trasformazione dell’habitat.
Per tutti questi
motivi l’Associazione ha chiesto all’ufficio
Valutazione Impatti della Regione (SAVI) che l’impianto termodinamico solare a
concentrazione venga considerato inammissibile o, in
subordine, sia sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale.
24 agosto 2012
Sull'argomento:
Con DELIBERAZIONE N. 48/37 DEL 11.12.2012 la Giunta Regionale ha deciso di sottoporre a procedura di VIA l'impianto solare termodinamico di Cossoine - Giave
Apprendiamo
con disappunto che domani 19 luglio si riunirà la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica di
cui all’art. 6 della legge regionale 21 novembre 2011 n° 21. Lo
scorso 6 luglio Italia Nostra Sardegna e Legambiente Sardegna hanno chiesto
chiarimenti sulla composizione della Commissione - in particolare sulla nomina
del componente che la Giunta Regionale avrebbe dovuto scegliere nell'ambito di
una terna designata dalle Associazioni portatrici di interessi diffusi
individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente
e danno ambientale - sollevando seri dubbi sulla legittimità della nomina in
quanto tale nominativo non è stato segnalato da nessuna delle Associazioni interpellate.
In
data odierna le stesse Associazioni preso atto che nessuna risposta è pervenuta
da parte della Regione Sardegna, considerano gravissimo l’operato della Giunta
Regionale e comunicano alla Presidenza della Regione, all’Ass.to agli EE.LL. e Urbanistica e alla
Direzione reg.le ai BB.CC. che considerano illegittima la composizione della
Commissione stessa e di conseguenza gli atti che da essa verranno addottati. Cagliari,
18 luglio 2012
Italia Nostra
non si unisce al coro di quanti ritengono che la revisione-cancellazione del
PPR rappresenterà il motore dello sviluppo dell’economia sarda. Ritiene anzi che
il processo di cancellazione della pianificazione paesaggistica regionale metterà
ancora più in crisi la traballante economia della Sardegna.
Assistiamo all’ennesimo
tentativo di “revisionare” il PPR giustificando tale scelta con slogan privi di
senso e di fondamento economico. Continuare ad affermare che costruire inutili
case lungo le coste dell’isola potrà rilanciare l’economia, significa non aver
capito che proprio la bolla immobiliare è tra le principali cause di questa
crisi economica. La distruzione delle coste, funzionale agli interessi di
qualche imprenditore privo di scrupoli, darà il colpo di grazia alla stessa industria
turistica della Sardegna.
Il Consiglio
Regionale si accinge in questi giorni a derubricare la fascia costiera da bene
paesaggistico a terra di conquista, trasformando le aree agricole in terreni
marginali al servizio della nuova speculazione immobiliare. La “revisione” del
vincolo paesaggistico presente sui colli di Tuvixeddu e Tuvumannu, inoltre,
renderà nuovamente edificabili le aree attualmente tutelate.
Il Ministero dei
Beni Culturali, parte fondamentale del procedimento, non può e non deve
condividere l’annientamento delle misure di protezione esistenti.
Per rappresentare
le “ragioni del paesaggio”, forse dimenticate da quanti si apprestano a
demolire il più avanzato progetto di pianificazione paesaggistica realizzato in
Italia, l’Associazione ha reiterato la richiesta, presentata più volte all’ass.to
Regionale all’Urbanistica e agli organi periferici del Ministero dei BBCC, di
partecipazione alle riunioni di valutazione tecnica indette ai sensi
degli articoli 143 e 156 del Codice Urbani e dell’articolo 49 delle norme
tecniche di attuazione del PPR.
Italia Nostra ha,
infine, ricordato che il mancato coinvolgimento dell’Associazione, in assenza
di motivato diniego, rappresenta motivo di illegittimità degli atti adottati
dalla Regione e comporta un concreto rischio di danno erariale, considerato che
per il procedimento di revisione del PPR sono stati stanziati ben 14 milioni di
euro.
I cittadini vincono la battaglia sui radar e la pubblica amministrazione paga le spese processuali
Sant’Antioco 02 febbraio 2012
Il pronunciamento del TAR Sardegna del 25 gennaio
scorso in materia di installazione dei radar costieri della Guardia di Finanza
dichiara la cessazione della materia del contendere in quanto il Ministero
delle Opere Pubbliche e dei Trasporti ha revocato l’autorizzazione a suo tempo
rilasciata, e condanna lo Stato e la Regione a pagare le spese di giudizio.
Manifestazione a Sant'Antioco
La sentenza richiama le considerazioni già espresse
con l’ordinanza cautelare n. 399/2011 dello scorso ottobre con la quale i
giudici affermano l’applicabilità dei principi di minimizzazione e di
precauzione a difesa della pubblica salute e dell’ambiente, anche nelle ipotesi
in cui i rilievi scientifici non avessero raggiunto una chiara prova di nocività.
In definitiva, con la condanna delle amministrazioni
intimate al pagamento delle spese di giudizio si riconosce la fondatezza dei
ricorsi presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa per conto di Italia
Nostra e le ragioni dei Comitati NOradar Sardegna che da quasi un anno si sono opposti
con presidi, manifestazioni, assemblee, sit-in, conferenze etc… all’installazione
dei radar di profondità nelle suggestive coste della Sardegna Occidentale. Questa sentenza rappresenta quindi un importante
risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar della Sardegna e consente
di affrontare con fiducia le nuove battaglie per fermare l’installazione dei
radar negli altri siti, in quanto le questioni poste dal TAR Sardegna sull’eventuale
pericolo rappresentato dalle emissioni di onde elettromagnetiche persiste anche
per i nuovi siti di Sant’Elia, Capo Sandalo, Capo San Marco e Capo Caccia. Ai pronunciamenti del TAR Sardegna si è aggiunto in
questi giorni l’importante (seppur tardivo) documento del Ministero
dell’Ambiente con il quale si riafferma l’obbligatorietà della Valutazione di
Incidenza nelle aree tutelate dalla rete Natura 2000 senza eccezioni per
l’installazione di strutture militari. Come immediata conseguenza anche il
Parco Nazionale dell’Asinara ha espresso contrarietà all’installazione del
radar della Guardia Costiera a Punta Scomunica e ha chiesto il risarcimento dei
danni causati all’ambiente dai lavori non autorizzati.
"Su Semafuru" a Sant'Antioco - 1980
Si tratta di importanti prese di posizione,
sostenute dalla nostra Associazione, a difesa di siti di rilevante interesse
paesaggistico e ambientale L’auspicio è che questi pronunciamenti possano
risultare utili per impedire l’installazione dei radar in Sardegna e nel resto
di Italia e per sostenere le proteste di quelle località in Sicilia, Calabria e
Liguria dove i radar sono già stati installati.
La G.di F. rinuncia ad installare i radar
Sant’Antioco 23 dicembre 2011
La rinuncia della Guardia di Finanza ad installare i radar nei promontori di Capo Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera - comunicata dall’avvocatura dello stato al TAR Sardegna, che il prossimo 25 gennaio dovrà discutere nel merito del ricorso presentato da Italia Nostra e dal comune di Tresnuraghes - rappresenta un’importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar
della Sardegna.
Di fronte ad una eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la GdF sceglie di ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti. I siti individuati sono dei vecchi fari della Marina Militare per alcuni dei quali le Amministrazioni locali hanno progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene.
Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di quelli individuati in precedenza per cui non si capisce la ratio di tale scelta se non quella di dover piazzare da qualche parte radar già acquistati e conservati in magazzino. Considerati i costi di installazione dei radar GdF e di acquisto di
quelli della Guardia Costiera, si risparmierebbero oltre 400 mila euro se si decidesse di rinunciare alle due reti di radar. Somme utili a dare respiro alle casse ormai vuote di parchi e aree protette.
Italia Nostra, così come ha sostenuto la lotta delle comunità dei quattro siti che si sono mobilitate a difesa del proprio territorio, prosegue nel suo impegno ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori di Cagliari, Carloforte, Cabras e Alghero e delle altre località interessate. Tre di questi siti dovranno addirittura ospitare due radar con le conseguenze negative dovute alla somma delle emissioni elettromagnetiche degli apparati.
È bene ricordare che l’Associazione ha presentato qualche mese fa una denuncia alle Procure della Repubblica competenti per territorio con la quale si evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio delle autorizzazioni e i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Chi pagherà i costi del ripristino ambientale della collina di Capo Pecora
completamente deturpata da una immensa pista realizzata senza neppure le necessarie autorizzazioni?
Considerato che i siti individuati per l’installazione dei radar sono di rilevante interesse paesaggistico e ambientale (quasi tutti parchi, aree protette, zone umide di importanza internazionale e inseriti nella Rete Natura 2000) e che, come sostiene il TAR Sardegna, è necessario garantire il diritto all’ambiente salubre, si ritiene scellerata la scelta di installarvi radar e apparecchiature elettroniche che emettono onde elettromagnetiche dannose per il territorio e per la salute umana e dell’ecosistema, e che impediscono la pubblica fruizione di questi bellissimi promontori.
L’Associazione esprime inoltre viva preoccupazione per i danni ambientali che i radar già installati in Sicilia, Calabria e Liguria possono arrecare alle comunità residenti, considerando che alcuni centri urbani risultano investiti dalle pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar.
Un Albero di Natale antiradar
Il 18 dicembre in Piazzetta Piria a Sant’Antioco si
inaugurerà un albero di Natale diverso dai soliti, carico di significati.
Gli organizzatori sono Italia Nostra, il comitato No Radar,
l’associazione Sant’Antioco abbraccia il mare; ha collaborato, oltre al Comune
per la location, la Guardia Forestale locale.
Si è scelto un albero secco, fornito dalla Guardia Forestale,
spoglio e triste, a rappresentare il nostro presente, spoglio di valori, secco
nei sentimenti, spesso un po’ triste. Ma lo si è riempito dei colori, della
fantasia, delle speranze dei bambini: centinaia di disegni che i bimbi delle
primarie hanno realizzato per l’evento. Ci si vuole in questo modo augurare che
il loro futuro sia più allegro, pieno di colore e gioia, con più attenzione
all’ambiente e al territorio, certamente senza radar.
C’è un ulteriore significato: l’iniziativa è ad impatto e
costo zero, per preciso desiderio degli organizzatori. Si è scelto di non
uccidere un albero per celebrare il Natale; i volontari hanno partecipato con
gioia, i regalini per i bimbi sono dati donati da aziende specializzate in
gadgets. Ingredientisemplici: idee,
volontà, coraggio, partecipazione, solidarietà.Una ricetta che di questi tempi potrebbe tornare utile non solo a
livello locale…
La banda musicale Giuseppe Verdi accompagna, anch’essa a
titolo gratuito, la manifestazione. Per augurare a tutti Buon Natale e Felice
Anno Nuovo.
Sant’Antioco12 ottobre 2011
GRANDI E
INUTILI OPERE IN SARDEGNA
Nonostante
la crisi economica che investe l’Italia, prosegue anche in Sardegna la
realizzazione di opere socialmente inutili e devastanti sotto il profilo
paesaggistico e ambientale
Proviene dall’Algeria il gigantesco serpente che
uscirà dal mare e, dopo aver sventrato la Sardegna dal Sulcis alla Gallura, si
immergerà nuovamente nel Tirreno per raggiungere la costa toscana.
Il Galsi, questo il nome del metanodotto, è un'infrastruttura
titanica chedistruggerà tutto quel che
incontra nel suo percorso (coltivazioni, boschi, attraversamento di fiumi,
interruzione di falde acquifere) e la vastissima prateria di posidonia del
Golfo di Palmas.
Circa un terzo del gas trasportato dovrebbe servire
le utenze dell’isola e consentire alla Sardegna di superare il gap energetico,
ma il finanziamento non prevede la realizzazione degli allacci a un’eventuale
rete di gas sarda, per cui neppure un metro cubo di metano si fermerà in
Sardegna e il gigantesco tubo d’acciaio costituirà l’ennesima servitù per la
Sardegna a beneficio dei soliti interessi.
Sempre dal nord Africa dovrebbero arrivare i
migranti clandestini da fermare attraverso l’estesa rete di radar che la
Guardia di Finanza (4 radar) e la Guardia Costiera (11 radar) vorrebbero
installare nei promontori più suggestivi e paesaggisticamente rilevanti delle
coste della Sardegna, alcuni dentro i parchi e le aree marine protette il resto
nei siti appartenenti alla rete europea Natura 2000 per la conservazione della
biodiversità.
Appalti senza gara da molti milioni di euro, non
importa se immigrati clandestini non ne sono mai arrivati, se queste
apparecchiature emettono onde elettromagnetiche dannose per la salute e per
l’ecosistema, se gli altissimi tralicci e le piste per raggiungerli
rappresenteranno l’ennesimo disastro paesaggistico delle coste sarde, se aumenteranno
ancora le servitù militari.
Insomma due opere di cui la comunità sarda non
avverte certo il bisogno, e per le quali Italia Nostra ha presentato
opposizioni e ricorsi.
È di questi giorni il positivo accoglimento del TAR
Sardegna della sospensiva all’installazione di alcuni radar. Nella sua
ordinanza il TAR condivide le valutazioni ed i giudizi formulati da Italia Nostra
e ne accoglie appieno le richieste. Un importante riconoscimento per l’Associazione
e per i "valori" che esprime: il principio di precauzione, ma
anche il diritto alla salute, alla salubrità dell'ambiente e il diritto ad un
paesaggio non devastato.
Graziano
Bullegas
(Articolo pubblicato sul bollettino nazionale di Italia Nostra)
La tutela della salute e dell’ambiente non possono
essere subordinate alla realizzazione di un opera pubblica
Sit-in davanti al Consiglio Regionale - Cagliari
Sant’Antioco7 ottobre 2011
Le motivazioni con le quali il TAR Sardegna ha accolto
la richiesta di Italia Nostra e del Comune di Tresnuraghes di sospendere
l’installazione dei radar in Sardegna confermano le ragioni degli ambientalisti
e dei tanti cittadini mobilitati. Nell’ordinanza i giudici evidenziano l’estrema superficialità con la quale
gli enti regionali hanno rilasciato i pareri positivi: “il parere dell’ARPAS
non sembra reso sulla base di una approfondita istruttoria”, così come non è
stata presa in alcuna considerazione la nota e evidente presenza di cittadini, turisti,
e operatori in prossimità dei radar, mentre è stata approssimativa la valutazione del Servizio SAVI nel non
ritenere utile la valutazione di incidenza in un’area SIC deputata alla
conservazione della biodiversità in Europa. In particolare i giudici mettono al primo posto
valori costituzionalmente garantiti quali il diritto alla salute e il diritto
alla salubrità dell’ambiente che, sembrerebbe, siano stati disattesi nell’iter che ha
approvato l’installazione dei radar in Sardegna; nel contempo inseriscono
principi quali quello della minimizzazione del rischio e quello di precauzione anche
nei casi in cui (come nelle emissioni di onde elettromagnetiche dei radar) i
rilievi scientifici non hanno raggiunto una chiara prova di nocività. Un pronunciamento del TAR che accoglie quindi le
ragioni di Italia Nostra e dei comitati contro l’installazione dei radar in
Sardegna. Non altrettanto si può dire della posizione della Regione Sarda.
Mentre il Consiglio Regionale lo scorso 31 agosto si pronuncia con un voto
unanime per la revisione delle basi militari presenti nell’isola e per
riconsiderare l’intero iter di approvazione dell’installazione dei radar
(considerati nuove servitù militari), la Giunta Regionale concede nuovi
territori ad usi militari e gli organi della Regione (il SAVI e l’ARPAS),
preposti alla tutela dell’ambiente, danno parere favorevole ad opere devastanti
in zone di grande pregio paesaggistico e naturalistico. E non basta ancora, l’avvocatura
regionale, con delega del Presidente della Giunta, difende poi a spada tratta davanti
allo stesso TAR la rete di radar militari intorno all’Isola.
Bloccata per l’intera estate l’installazione dei radar in Sardegna
Sant’Antioco 01 agosto 2011
Il presidente della prima sezione del TAR Sardegna Aldo Ravalli ha accolto due ricorsi
presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa per conto di Italia Nostra e ha deciso in
via cautelare di sospendere l’installazione dei radar a Sant’Antioco e a Fluminimaggiore
nella costa occidentale della Sardegna. Il prossimo 5 ottobre la camera di consiglio
collegiale valuterà se confermare o modificare il dispositivo.
Un importante risultato per l’Associazione Italia Nostra, per il movimento NOradar, per i cittadini e per quanti hanno creduto in questa lotta a difesa della salute, del territorio e del bellissimo paesaggio costiero della Sardegna, vera risorsa dell’isola.
La tregua estiva, conseguenza della decisione del TAR Sardegna, consentirà a quanti si
sono mobilitati di ripensare la protesta antiradar e di studiare le prossime iniziative senza
l’affanno di veder nascere da un giorno all’altro i cantieri della società Almaviva in alcuni
tra i promontori più suggestivi dell’isola, siti costieri rilevanti sotto l’aspetto paesaggistico e
ambientale, che rischiano di essere irrimediabilmente compromessi da queste torri di
acciaio alte 15 mt.
I radar che si vorrebbero installare sono strumenti pericolosi per la salute umana, per
l’ecosistema e per la conservazione della biodiversità (aree SIC e ZPS).
In questa vicenda sono in gioco, oltre alla credibilità degli enti preposti alla tutela della
salute e dell’ambiente, anche l'applicazione forzata dell'articolo 147 del Codice BBCC ed
una prassi che vede gli organi della tutela del paesaggio, come troppo spesso accade, in
una posizione tanto subalterna da esprimere inverosimili pareri favorevoli "in
considerazione dell’esigenza di sicurezza nazionale" o ipotizzando improponibili e banali
"opere di mitigazione", quali la piantumazione di arbusti e cespugli, per nascondere
strutture di rilevantissime dimensioni.
Inoltre la rete di radar, giustificata in una prima fase come un sistema di controllo
dell’immigrazione clandestina, assume sempre più una connotazione di carattere militare
e di intelligence (il cosiddetto sistema C4I) e rappresenta quindi nuove e pesanti servitù
per la regione Sardegna, la più gravata in assoluto da basi militari che stanno
desertificando il territorio, mettendo a rischio la salute dei cittadini e distruggendo
ambiente e paesaggio.
Ricorso al TAR contro
l’installazione dei radar in Sardegna Sant’Antioco 22 luglio 2011
L’associazione Italia Nostra
assieme al Comitato NOradar di Sant’Antioco presenterà in settimana un ricorso
al TAR Sardegna contro l’installazione dei radar di profondità a Capo Sperone. Analoga
iniziativa è in corso con il Comitato di Fluminimaggiore per impedire
l’installazione del radar a Capo Pecora.
Per poter sostenere le spese legali
il comitato ha avviato una sottoscrizione popolare tra la comunità e ha
organizzato a S’acqua ‘e sa Canna per
il prossimo sabato 23 luglio una cena di autofinanziamento a base di cibi
locali. I cittadini riuniti in comitato –
confortati dall’accoglimento dei ricorsi e delle richieste di sospensiva da
parte del TAR Lecce per il radar di Gagliano del Capo in Puglia e del TAR
Sardegna per il radar di S’Ischia Ruja a Tresnuraghes -hanno deciso di intraprendere la via del
ricorso amministrativo perché fortemente preoccupati dall’eventuale
installazione del radar e dall’assenza di decisioni e pronunciamenti politici
da parte del governo regionale.
In questo momento non rassicurano
certo le inopportune dichiarazioni del senatore Cabras, poco rispettose delle battaglie
dei cittadini e delle comunità locali e senza alcuna cognizione delle
apparecchiature che si devono installare e della loro pericolosità. Non ha avuto neppure la sensibilità, dimostrata da tanti politici
anche del suo partito, di ascoltare le ragioni dei propri concittadini che da
mesi lottano contro questi pericolosi strumenti di distruzione della salute,
del paesaggio e dell’ecosistema. La stessa ARPA Sardegna riconosce infatti
che i radar possono emettere onde elettromagnetiche pericolose per la salute
umana e superiori ai limiti di legge, e ha rilasciato parere favorevole sub
condizione e decidendo di fatto di effettuare le verifiche dopo l’installazione
del radar. procedura
che non prevede, se non fino a dopo la costruzione, la verifica degli effetti
collaterali in materia di inquinamento elettromagnetico.procedura che non
prevede, se non fino a dopo la costruzione, la verifica degli effetti
collaterali in materia di inquinamento elettromagnetico.
Una passeggiata ecologica
antiradar
Sant’Antioco 17 aprile 2011
La passeggiata naturalistico-ecologica
proposta dalla sezione di Sant’Antioco di Italia Nostra per sensibilizzare i
cittadini contro l’installazione del radar a Capo Sperone, ha avuto successo.
Puntuali
stamattina si son presentate all’appuntamento una cinquantina di persone e
quasi tutte hanno percorso il tracciato più lungo (9 km) che partendo dalla
Torre Canai (visitata da un centinaio di persone nei due giorni di apertura in
occasione della XIII settimana della cultura indetta dal Ministero per i Beni
Culturali) ha raggiunto la collina di “Su
Semafuru” (sa Guardia de su Turcu
è l’antico toponimo) e dopo una breve sosta è rientrata attraverso un percorso
ad anello.
Scopo della
manifestazione è stato quello di tracciare un percorso, individuato e segnalato
tra sentieri già esistenti, che unisce i due Beni Identitari (Torre e Semaforo)
che hanno avuto una comune storia nel passato (ambedue postazioni di controllo
per l’accesso nel Golfo di Palmas e nel Porto di Sant’Antioco) e che purtroppo
potrebbero avere un futuro diverso: la Torre recuperata e resa alla pubblica fruizione
grazie alla passione e all’impegno volontario di un’associazione culturale
(Italia Nostra), mentre il semaforo rischia la completa distruzione a causa
dell’installazione sulla collina del radar antimigranti.
I partecipanti al
trekking hanno aderito all’iniziativa oltre che per esprimere la loro
contrarietà all’installazione del radar anche perché interessati a un’insolita
passeggiata tra i colori e i profumi della campagna, in questa stagione
particolarmente intensi, e per poter ammirare dalla sommità della collina de Su
Semafuru (176 metri di altezza) lo straordinario panorama a 360° sul golfo di
Palmas, sulla costa sud occidentale della Sardegna fino a Capo Teulada, sulle
isole della Vacca e del Toro, sull’intero versante meridionale dell’isola di
Sant’Antioco e sulla costa orientale dell’isola di San Pietro.
Lavori
di installazione del radar aCapo Sperone
Sant’Antioco 24 marzo 2011
In
data odierna sono arrivati i primi mezzi meccanici a Capo Sperone a
Sant’Antioco, nell’areadella ex
stazione radio militare per la posa di un radar di profondità per la
sorveglianza costiera. I
giorni scorsi l’Associazione è intervenuta presso tutti gli enti interessati al
rilascio delle autorizzazioni (Ass.to Reg.le all’Ambiente, Ufficio Tutela del
Paesaggio, Servizio Demanio e Patrimonio, Comune di Sant’Antioco e ARPA
Sardegna) chiedendo informazioni sugli eventuali pareri rilasciati. Italia
Nostra è intervenuta perché il radar che sarà installato su un traliccio
alto36 mt, genererà un potente fascio
elettromagnetico che potrebbe avere ripercussioni negative sull’ecosistema di
una vasta area sensibile del sud dell’isola. Ricordiamo che oltre al vincolo
paesaggistico presente nell’intera isola, la parte sud è stata individuata
quale Zona di Protezione Speciale codice ITB043032 denominata “Isola di
Sant’Antioco, Capo Sperone” per la presenza di specie di rilevante interesse
faunistico, alcune a rischio di estinzione quali l'Alectoris barbara l'unica
pernice presente in Sardegna e per l’importante presenza di emergenze botaniche
alcune delle quali endemiche. L’isola di Sant’Antioco, e in particolare il
tratto di costa a falesia del sud, è uno dei pochi siti in Italia in cui
nidifica e si riproduce il falco della regina
Inoltre
a poca distanza del sito interessato all’installazione del radar (500-700 mt)
ci sono alcune case in cui abitano permanentemente diverse famiglie, poco
lontano (distanza inferiore ai mille metri) opera una comunità di recupero per
tossicodipendenti che ospita per l’intero anno numerosi giovani e operatori
sociali. Uguale distanza da importanti insediamenti turistici (il residence
Ibisco Farm e l’hotel village Capo Sperone) e dalla stessa spiaggia di S’Acqua
‘e sa Canna meta di numerosi bagnanti nella stagione estiva.A una distanza di poco superiore (1.500 mt)
si trova un’altra grossa struttura turistica denominata Peonia Rosa, abitata
anche nella stagione invernale da alcune famiglie.
Fatto
curioso è che la delibera della Giunta Regionale che concede in comodato d’uso
l’area ex semaforo alla guardia di finanza, condiziona la realizzazione delle
opere all’acquisizione di tutte le autorizzazioni e permessi di legge
prescritti per le aree vincolate dal punto di vista paesaggistico e che l’intero
apparato sarà finanziato dalla Comunità europea con PON Asse 1.2. Questo tipo
di finanziamento impone specificatamente il criterio della pubblicità
dell'attività progettuale che si intende realizzare con informazione specifica
alle popolazioni interessate, oltre che
l'esposizione del logo europeo in tutti i documenti presentati, sia in fase
informativa sia in fase di esecuzione dei lavori. Allo stato attuale i lavori
sono iniziati senza che nessuno ne sapesse niente e senza alcuna informazione
al riguardo.