sabato 31 ottobre 2020

Questa non è la transizione che serve alla Sardegna

Italia Nostra Sardegna, la Confederazione Italiana Agricoltori Sardegna (CIA), Cobas Cagliari e l‘Unione Sindacale di Base Sardegna chiedono la sospensione di tutti i progetti in corso per la realizzazione di grandi impianti di produzione da FER, con l’annullamento immediato di tutti i progetti ricadenti in aree agricole comprese quelle che solo sulla carta risultano aree industriali, e l’avvio di un tavolo di concertazione in cui si mettano le basi per l’elaborazione di un Piano Strategico Generale.

È ripreso negli ultimi mesi l’assalto dell’isola da parte dei signori del vento e del sole con decine di progetti presentati per la realizzazione di megaimpianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili (FER).

Sono stati presentati agli uffici del Ministero dell’Ambiente e al Servizio Valutazione Impatti della Regione Sardegna ben 8 impianti eolici e 53 impianti fotovoltaici, per un totale di quasi 5.000 ettari di superficie occupata, di cui intorno a 3.000 di suolo agricolo, e 2.240 MW di potenza complessiva, un valore addirittura superiore al totale installato su tutta l’isola fino ad ora.

Oltre a compromettere irreversibilmente il patrimonio ambientale e paesaggistico sardo, se approvati, tali progetti non farebbero altro che accrescere il già confuso quadro energetico, complicando ulteriormente la gestione della produzione e della distribuzione elettrica.

Ad oggi la Sardegna è caratterizzata da un eccesso di potenza installata - suddivisa quasi equamente tra fossile e rinnovabile -, da una rete elettrica obsoleta e un’insufficienza di impianti di accumulo. L’ingombrante presenza delle centrali di produzione da fossile, oltre a ostacolare una corretta e necessaria transizione alle rinnovabili, impedisce da un lato di utilizzare adeguatamente la generazione da FER già operativa e dall’altro determina un surplus di energia elettrica che arriva a sfiorare il 50% del fabbisogno isolano. La sola centrale Sarlux – un impianto alimentato dagli scarti di lavorazione del petrolio, il Tar, equiparato a fonte rinnovabile e grazie al quale usufruisce di incentivi pari nel solo 2017 a quasi 363 milioni di euro – immette in rete l’intera produzione operando a pieno regime e arrivando da sola a soddisfare oltre il 40% del nostro fabbisogno elettrico. Le altre due centrali a carbone di Portovesme e Fiumesanto, oltre ad essere poco flessibili, svolgono il compito di sopperire alle inevitabili oscillazioni della domanda e della incostante produzione delle rinnovabili non programmabili.

Le vere priorità riguardano perciò l’ammodernamento della rete, un’attenta programmazione dei consumi, la messa a disposizione di idonei sistemi di accumulo e il taglio drastico dei consumi.


Gli interventi di ammodernamento della rete si rendono indispensabili per una più efficace gestione della produzione da FER. La rete, infatti, si sviluppa attualmente lungo una grande dorsale nord-sud ma, affinché risponda adeguatamente allo sviluppo delle rinnovabili, deve essere modificata profondamente e trasformata in una sorta di ragnatela così da essere adeguata alla produzione distribuita.

Allo stesso modo, per far fronte alle inevitabili variazioni della produzione non programmabile, dipendente dalle condizioni metereologiche (sole e vento), si deve intervenire, laddove possibile, programmando accuratamente e flessibilizzando i consumi - in modo da ridurre i picchi della domanda e, al contempo, sfruttare in maniera ottimale i periodi di massima erogazione della potenza -, e realizzando impianti di accumulo in grado di immagazzinare energia quando vi è eccesso di produzione e di rilasciarla quando la domanda supera la capacità produttiva. Ciò nondimeno, tali interventi devono accompagnarsi ad una terza, e forse ancora ancora più importante azione: il taglio drastico degli sprechi e la razionalizzazione dei consumi.

Per questa ragione, come dimostrato nella proposta presentata al MISE, “Sardegna, Isola Zero CO2 – phase out 2025”, gli sforzi devono essere doverosamente indirizzati alla riorganizzazione profonda del presente piuttosto che all’inutile e dannosa proliferazione di grandi impianti di produzione. In questo scenario, infatti, ogni ulteriore incremento di impianti di produzione non farebbe altro che andare a peggiorare una situazione già pesantemente compromessa. Nondimeno, è importante sottolineare come già oggi la maggior parte dei grandi impianti di produzione presenti, siano essi da fonte fossile o rinnovabile, hanno scopo quasi esclusivamente speculativo e i pesanti costi derivati da incentivi e cattiva gestione ricadono sulle bollette degli utenti. Ulteriori impianti comporterebbero un aumento delle inefficienze e dei costi in bolletta. . Paradossalmente, in queste condizioni, l’incremento degli impianti FER non farebbe altro che rendere necessario un ancora maggiore apporto delle centrali fossili.


Come programmare il futuro?

Con l’approvazione della legge n 8 del 2020, l’Italia, recependo parzialmente la direttiva europea, ha finalmente dato il via alla costituzione delle “comunità energetiche”, consentendo con ciò la produzione da rinnovabili e l’autoconsumo energetico all’interno di comunità fino ad un limite di 200 kW di potenza installata. È questo un primo importante passo verso la democratizzazione della produzione elettrica che potrebbe consentire in tempi non troppo lontani di coprire buona parte del fabbisogno elettrico civile sfruttando adeguatamente i tetti e le superfici delle aree urbane e industriali.

Restano però irrisolti alcuni nodi, relativi appunto al controllo delle risorse e alla tutela del paesaggio, dell’ambiente e della salute, ai costi delle infrastrutture, oltreché al diritto al lavoro e a vivere in un ambiente bello, confortevole e sano.

Italia Nostra Sardegna, CIA, Cobas Cagliari e l‘USB Sardegna ritengono non sia più procrastinabile per la Sardegna l’adozione di un articolato piano di programmazione e di buone pratiche, in cui si stabiliscano obiettivi, principi e criteri di sviluppo. Un Piano Strategico in cui si tenga conto nella reale misura delle esigenze del territorio e dei fabbisogni, nell’ambito del quale trovi adeguato e congruo spazio la pianificazione energetica, in modo che il settore energetico costituisca parte integrante e funzionale di una strategia di sviluppo generale del territorio. Così come anche previsto dal decreto semplificazioni del 16 luglio 2020, all’art. 50 comma c, i progetti e le opere necessarie per l'attuazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) devono tenere “conto delle caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche, paesaggistiche e morfologiche (e delle aree sia a terra che a mare caratterizzate dalla presenza di siti di interesse nazionale da bonificare ovvero limitrofe) con particolare riferimento all'assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni”. In un tale piano di programmazione devono trovare forma concreta piani attuativi e specifici finanziamenti, processi, cronoprogrammi e obbiettivi di riduzione di emissioni e consumo di combustibili fossili e, allo stesso modo, la programmazione di bonifiche ambientali, la sostenibilità e salvaguardia ambientale e sanitaria, la tutela del suolo, del paesaggio e del patrimonio. In tal modo, onde evitare di incorrere nella realizzazione di ulteriori, inutili, dannose e insensate opere di grande impatto, i processi di infrastrutturazione da FER, oltre ad essere coerenti col piano generale, devono essere contestualizzati, integrarsi correttamente nel territorio, e tenere conto degli impatti e delle trasformazioni prodotte di tipo territoriale, paesaggistico, economico e sociale.

Tra i progetti attualmente al vaglio delle autorità competenti, ve ne sono molti fotocopia, e altri che, pur interessando formalmente aree industriali, come anche visibile dalle foto aeree, in realtà ricadono su superfici coltivate e impiegate come suolo agricolo. Si tratta nel complesso di meri progetti speculativi il cui reale scopo è usufruire dei ricchi incentivi pubblici messi a disposizione. Le società proponenti, inoltre, non hanno obblighi di alcun genere in merito ai costi di gestione e regolazione del sistema. Sono privati i profitti e collettivi i costi. Non vi sono, per esempio, obblighi relativamente alla realizzazione di impianti di accumulo da parte degli attori privati o di adeguamento della rete in funzione della realizzazione di nuovi impianti di produzione industriali.

Il Piano Strategico di Programmazione di cui sarebbe indispensabile dotarsi trova il suo senso nel rilancio e nella rilocalizzazione delle attività produttive, di concerto con le amministrazioni e le comunità interessate, attraverso un reale ed efficace processo partecipativo, puntando sulla diffusione delle comunità energetiche, su attività a basso consumo energetico e a basso o nullo impatto ambientale, a cominciare proprio dal settore primario come l’agricoltura in cui la Sardegna, nonostante l’ampia disponibilità di suolo fertile, arriva a importare oltre l’85% di alimenti.



In questo contesto, l’autorizzazione di nuovi impianti di produzione industriale deve prevedere l’addebito per le società proponenti dei costi per i sistemi di accumulo e per l’adeguamento del sistema elettrico e i produttori devono garantire l’erogazione di energia, ciò che significa dare garanzia di fornitura quando realmente necessario e non in dipendenza delle condizioni metereologiche e del prezzo di mercato. L’energia deve essere considerata a tutti gli effetti Bene Comune, e per l’aspetto di interesse collettivo che riveste devono essere disincentivate tutte le attività speculative. Gli incentivi nelle loro diverse forme devono pertanto essere adeguatamente finalizzati e gradualmente ridotti, mentre la produzione e la gestione dell’energia elettrica devono diventare di controllo collettivo.

Per quanto sopra esposto, si chiede la sospensione di tutti i progetti in corso per la realizzazione di grandi impianti di produzione da FER, con l’annullamento immediato di tutti i progetti ricadenti in aree agricole comprese quelle che solo sulla carta risultano aree industriali, e l’avvio di un tavolo di concertazione in cui si mettano le basi per l’elaborazione di un Piano Strategico Generale.

 

     CIA Sardegna - Nostra Sardegna -  Cobas Cagliari - USB Sardegna


Sardegna: "Isola Zero CO2 -phase out 2025" 




sull'argomento

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Salviamo il Paesaggio - Questa non è la transizione che serve alla Sardegna

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venerdì 30 ottobre 2020

Il paesaggio non può essere devastato da pale eoliche, lo stabilisce il TAR della Sardegna.

Italia Nostra chiede un tavolo per stabilire le aree compatibili

 

L’appello di Italia Nostra 

Pale eoliche nelle colline di Sedini


La difesa del paesaggio italiano contro la sua corruzione non è fissazione da esteti e neanche sindrome di Nimby.  Una sentenza della seconda sezione del TAR della Sardegna (sentenza n. 573/2020) avversa alla E2i Srl (Edison Energie Speciali) sull’impianto eolico di Florinas, accanto alla Basilica di Saccargia, pone finalmente con forza la questione della compatibilità del territorio italiano con l’installazione selvaggia e pervasiva di impianti eolici.

La sentenza ribadisce infatti che il vincolo archeologico, sia diretto che di prossimità, è imprescindibile e che la Regione Sardegna ha tutto il diritto di deliberare che il 98,8% della superficie regionale non sia adatto all’installazione di gigantesche pale eoliche.

È ora di governare la transizione energetica, evitando le conflittualità che nascono quando si deve calare sui territori la realizzazione concreta degli impianti eolici e fotovoltaici a terra previsti dal Green New Deal. Infatti, in molti territori non sono solo i Comitati e le Associazioni ambientaliste ad opporsi a giganteschi parchi energetici ma, come si è visto, sono anche le amministrazioni locali. Basti pensare alla vicenda dell’eolico offshore a Rimini, dove ad opporsi sono i Comuni e la Regione Emilia Romagna, o all’impianto eolico offshore proposto sulla costa sud occidentale della Sardegna, sonoramente bocciato dalle popolazioni, dai Comuni e dalla Regione Sardegna.

Pale eoliche offshore

Le sole azioni di tutela contro l’eolico selvaggio portate avanti dalla Italia Nostra nei territori nel corso degli ultimi sei anni, spesso insieme ad altre sigle ambientali, sono state più di trenta. A queste si devono aggiungere moltissime azioni contro il fotovoltaico a terra in aree di pregio. Queste azioni hanno visto i territori compattarsi intorno ai Comitati e alle Associazioni e hanno prodotto ricorsi al TAR o altre azioni per bloccare i procedimenti amministrativi di approvazione degli impianti. Anche il MiBACT è intervenuto recentemente, ricorrendo l’11 giugno scorso al Consiglio dei Ministri per bloccare la realizzazione di due impianti fotovoltaici a terra in provincia di Viterbo, vicino a Tuscania. Proprio a Tuscania, purtroppo, è in progetto la realizzazione di un altro parco eolico per un totale di 16 aerogeneratori (oltre a quelli già esistenti), il cui impatto rischia di stravolgere il paesaggio circostante e i siti archeologici. Anche in questo caso i Comitati e le Associazioni hanno intenzione di dare battaglia e al MATTM sono pervenute oltre 100 osservazioni da parte di privati cittadini e di associazioni.

Per superare questo sfibrante antagonismo, Italia Nostra chiede al Governo di indire un tavolo di concertazione a livello nazionale per individuare le aree compatibili e pianificare finalmente gli interventi da realizzare, senza lasciare che regni in Italia il Far West. Inoltre, invita a sospendere il regime delle sovvenzioni che spingono al gigantismo delle tecnologie adottate, spostando le risorse finanziarie verso soluzioni tecnologiche che favoriscono l’autoproduzione energetica individuale o attraverso le comunità energetiche con impianti piccoli, poco impattanti e diffusi: un modo più democratico di sviluppare le energie pulite, capace di contrastare le infiltrazioni mafiose attirate dalle sovvenzioni.

Il rischio concreto se si continua a non voler governare la transizione energetica, è una stagione calda di dure lotte sui territori. Questo produrrà infiniti problemi proprio alla realizzazione dei programmi e progetti che il Governo dovrà mettere in campo per spendere i fondi messi a disposizione dal New Generation EU in maniera efficace ed efficiente. D’altronde l’Europa ci chiede proprio questo: di pianificare le azioni per ottenere quei fondi!

Link per consultare la sentenza del Tar Sardegna n. 573 del 23 ottobre 2020


sull'argomento

Rinnovabili.it - DDL delegazione europea: novità su autoconsumo e rinnovabili 

Arts Life - Il paesaggio non può esser devastato da pale eoliche, la storica sentenza del Tar Sardegna

Italia Nostra Sardegna - Non c'è spazio in Sardegna per i megaimpianti offshore



 

mercoledì 21 ottobre 2020

Olbia non rinuncia al primato sul consumo di suolo

Adottato un Piano Urbanistico Comunale in contrasto con il Piano Paesaggistico Regionale e  con le norme urbanistiche vigenti 

Report ISPRA

In questi ultimi anni la città di Olbia si è distinta nei report annuali elaborati dall’ISPRA sul consumo di suolo come esempio negativo. Anche l’ultimo report ISPRA 2019 inserisce Olbia tra le città con il più alto consumo di suolo in Sardegna (la terza in valore assoluto), mentre il report 2018 assegna alla città, con 25HA di suolo consumato, il quarto posto in Italia.  Gli amministratori di Olbia non intendono rinunciare a salire sul podio delle città italiane dall’elevato consumo di suolo e, per assicurarsi il primato anche per i prossimi anni, lo scorso luglio con un ritardo di 15 anni, hanno  adottato il Piano Urbanistico Comunale. Fino ad oggi l’urbanistica di Olbia è stata governata da vetusti programmi di fabbricazione che hanno favorito la costruzione della “città lineare”, di cui scriveva Antonio Cederna nelle sue appassionate denunce contro la speculazione immobiliare costiera. 

Quello adottato a luglio è un documento di pianificazione urbanistica con finalità diverse e per molti aspetti contrastanti rispetto a quelle previste dal vigente Piano Paesaggistico Regionale al quale si sarebbe dovuto adeguare! Infatti le proposte del PUC prevedono di edificare ulteriori 2,5 milioni di mc, una enormità! Appare davvero sconcertante la risposta che si si intende dare all’allarmante fenomeno del consumo di suolo, vera e propria emergenza dei paesi industrializzati: a fronte di nessuna crescita degli abitanti effettivi si prevedono nuove aree edificabili per oltre cento ettari di nuovo suolo da consumare e impermeabilizzare. Un indirizzo che risulta in assoluta controtendenza rispetto alle nuove scelte urbanistiche in campo europeo.  

Appare del tutto evidente che le previsioni edificatorie del PUC non sono funzionali al soddisfacimento del fabbisogno abitativo della comunità, ma tendono esclusivamente ad alimentare il mercato delle seconde case e della speculazione immobiliare. Si prevede di realizzare volumi equivalenti ad un incremento della popolazione di 21,5 mila abitanti - nonostante l’evidenza di una persistente stagnazione demografica - e ulteriori volumi equivalenti a circa 6.500 posti/letto nelle zone F turistiche. A questi numeri si devono sommare quelli prodotti dal Piano Casa, un “moltiplicatore di volumi” che negli ultimi dieci anni ha contribuito ad arrecare numerosi danni al territorio e allo stesso patrimonio architettonico esistente senza peraltro dare risposte utili, accettabili e sostenibili alle reali esigenze della comunità.  

Costa Turchese

Ancora cemento sulle coste galluresi, nonostante il comune di Olbia abbia di gran lunga superato la capacità insediativa costiera prevista dal Decreto Floris, ridimensionata dal PPR, e senza peraltro tener conto della fruibilità ottimale del litorale e delle criticità presenti nelle zone costiere più sensibili (il preoccupante fenomeno di erosione degli arenili, la presenza di zone di tutela a difesa della biodiversità etc...).  Anziché proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa biodiversità, il PUC incrementa il carico dei bagnanti sulle coste nonostante gli arenili di Olbia non siano in grado di sopportare un ulteriore carico antropico. 

Il borgo marino di Porto Rotondo

Nuovi volumi sono previsti anche in prossimità del nucleo originario di Porto Rotondo, il borgo marino nato come insediamento turistico, con indubbie valenze di spazi ed agglomerati architettonici d’autore ideato da artisti di fama internazionale, tra i pochi esempi di “Borgo d’Arte” esistenti in Sardegna. Lo stesso Piano preliminare del PUC lo ha individuato come Nucleo di Antica Formazione o Centro Matrice, salvo poi con un emendamento del Consiglio Comunale vanificare questo riconoscimento e classificarlo come zona di completamento urbano.

Questo emendamento, assieme ad altre modifiche sostanziali, contribuisce a trasformare il PUC adottato dal Consiglio Comunale in un Piano diverso da quello assoggettato a VAS e a rendendolo pertanto illegittimo. 

Per tutti questi motivi la presidente nazionale di Italia Nostra, Ebe Giacometti, e il presidente per la Sardegna Graziano Bullegas, hanno presentato motivate Osservazioni al Comune di Olbia e a tutti gli enti interessati alla pianificazione territoriale, chiedendo che il Piano Urbanistico proposto dal Comune di Olbia non venga approvato, ma venga rivisitato sottoponendolo ad un forte ridimensionamento delle previsioni edificatorie al fine di renderlo coerente col PPR e con le indicazioni europee sul consumo di suolo e assoggettandolo ovviamente a una nuova Valutazione Ambientale Strategica. 

Per quanto riguarda le eventuali future necessità edificatorie dovrebbero essere prese in considerazione solo successivamente allo studio e al censimento dell'imponente patrimonio edilizio inutilizzato, o parzialmente utilizzato.

Cantiere edile

sull'argomento

Il Fatto Quotidiano - Consumo di suolo, Olbia ai primi posti in Italia, e purtroppo il nuovo piano urbanistico lo conferma

La Nuova Sardegna - Olbia, prima adozione del PUC. Ora la parola passa ai cittadini

Sardegna Reporter - Olbia a rischio alluvione

Sassarioggi.it - A Sassari e Olbia il record del consumo di suolo della Sardegna

La Nuova Sardegna - Italia Nostra: "Con il PUC erosi 100 ettari di suolo

Salviamo il paesaggio - Olbia non rinuncia al primato sul consumo di suolo e adotta un PUC in contrasto col PPR

CagliariPad - Olbia, associazione ambientalista Italia Nostra "Rivedere PUC e ridimensionare volumi edificatori"

Italia Nostra - Col suo PUC Olbia non rinuncia al primato sul consumo di suolo, anche in contrasto col PPR

Sardegna ieri - oggi - domani - Graziano Bullegas (Italia Nostra Sardegna) "Olbia non rinuncia al primato sul consumo di suolo e adotta un PUC in contrasto col PPR"

Buongiorno Alghero - Italia Nostra Sardegna: il PUC di Nizzi è illegittimo 




Località Murta Maria











giovedì 1 ottobre 2020

Progetto molluschicoltura di Alghero

Diciassette (17) ettari in concessione per 20 anni dentro  la città

Un progetto di molluschicoltura, che interessava unestensione di 5 ettari allinterno della Area Marina Protetta di Capo Caccia e  di Porto Conte era già stato presentato nel 2015, e fu bocciato dal Ministero dellAmbiente che ne dichiarò la non procedibilità.


Ora, un analogo progetto di più vaste dimensioni, per complessivi 17 ettari con una concessione demaniale di 20 anni, fa capolino allinterno della rada di Alghero, poco fuori dal porto e in prossimità allisolotto della Maddalenetta. Tale progetto, di fatto allinterno della città aggiungerebbe unulteriore pressione a quelle già presenti ed un potenziale nuovo stress allambiente marino e alla prateria di posidonia. 

Le rappresentanze regionali delle associazioni ambientaliste WWF, Italia Nostra, Grig e LIPU chiedono che lisolotto della Maddalenetta diventi unoasi naturalistica e storico-culturale e che preliminarmente si proceda alla rimozione del relitto di veliero che ivi insiste dal 2007 in seguito ad un naufragio. Decisamente una pessima immagine dellingresso dal mare nella città

Mentre per quanto concerne i 17 ettari di concessione demaniale della durata di 20 anni si auspica che venga attivata un'attenta analisi di compatibilità ambientale e, eventualmente, si individui un'area in mare aperto verso la costa a sud di Alghero. 



Inoltre, considerato che il proponente il progetto di molluschicoltura dichiara di essere rappresentante delle associazioni ambientaliste nella commissione di riserva dellAMP di Capo Caccia-Isola Piana, le Associazioni ambientaliste chiedono, per ragioni di opportunità, le sua dimissioni da tale carica.

Wwf Sardegna - Italia Nostra Sardegna - Grig - LIPU Sardegna





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