domenica 10 marzo 2013

Quartucciu e la sua marcia verso il brutto
















Al Signor Sindaco - Comune di Quartucciu
Gentile Sindaco,
le scrivo interpretando lo sbigottimento, l’allarme e la tristezza di tanti che, percorrendo l’orribile statale 554 subiscono l’insopportabile vertice di bruttezza toccato da Quartucciu.
E rappresento con queste poche righe anche lo sconcerto di Italia Nostra di cui faccio parte.
L’hinterland cagliaritano è un mostro urbanistico unanimemente riconosciuto. I comuni dell’area vasta, e oltre, sono presi in una gara a chi produce il PUC più mostruoso, deforme e invasivo. Quartucciu, basta un’occhiata, ha deciso da qualche anno di accelerare questa corsa all’orrore. Vederla andare verso la distruzione, verso la sistematica cancellazione del passato, verso la devastazione particolareggiata di quanto di bello aveva conservato, produce dolore, nausea, vergogna. E la sua Amministrazione, indistinguibile dalle precedenti, partecipa a questo piano di sterminio del territorio.
Provo vergogna e anche senso di colpa per essere un abitante dell’Isola e di non aver fatto abbastanza per impedire questo epidemico squallore – oltretutto una dissipazione di denaro pubblico – che i comuni del cosiddetto hinterland sono riusciti a produrre con un’indifferenza, un cinismo e un’ostinazione che spaventano.
Restauro, conservazione, tutela? Parole sconosciute e se conosciute mai praticate.
Credo che chiunque sia dotato di un minimo di senso non dico del bello, ma della decenza si atterrisca davanti all’indecente nuovo museo archeologico e al parco – ma non si chiama parco una desolante spianata con un mostro informe di cemento – incomprensibilmente dedicato a Sergio Atzeni il quale, ne sono certo, davanti a tanta deformità morirebbe una seconda volta.
L’Amministrazione di Quartucciu procede con esiziale fermezza alla sistematica distruzione del suo patrimonio. Parlo della necropoli di Pill’e Matta e del centro storico di cui a Quartucciu era miracolosamente salvo almeno qualche brandello.
La necropoli sepolta sotto gli osceni capannoni dell’area industriale. La solita necropoli scavata, decantata e poi ricoperta di schifezza. Eppure quando Pill’e Matta fu individuata capannoni non ce n’erano, si sarebbe potuta modificare la destinazione industriale dell’area, si sarebbe potuto conservare un luogo sacro e unico. Niente da fare. Le Amministrazioni di Quartucciu hanno continuato imperterrite la loro marcia verso il brutto.
Molti milioni di euro buttati per un museo nel quale nessuno entrerà perché superare la ripugnanza per quell’edificio sarà impossibile per qualunque creatura normale.
Ma lei riesce davvero a immaginare un visitatore che, anche se debitamente sedato, possa vincere il disgusto per una specie di colapasta di cemento armato che offende le retine oneste da lontano e da vicino, oltraggioso, degradante e di indicibile bruttezza?

E il centro storico?
Metaforica la vicenda della piazza della parrocchia.
La Piazza San Giorgio, che conservava una sua accattivante armonia, modesta e senza pretese, ma aggraziata, è destinata, con un orrendo progetto dal titolo vagamente blasfemo di Urban Getsemani a divenire l’ennesima, triste, anonima piazzetta deserta degna della peggiore periferia urbana.
Lei, gentile Sindaco, sta permettendo che uno dei pochi siti gradevoli della sua cittadina venga trasformato come quei visi devastati dal silicone per un tossico modo di intendere la modernità. Diverrà un luogo repulsivo e tetro anche per sua responsabilità.
Sarà mio impegno, insieme all’Associazione di cui faccio parte, esercitare ogni strumento di critica e opposizione a questo proliferare del brutto epidemico che anche lei sostiene e a questa umiliante visione di sviluppo deforme che coinvolge e rende irreversibilmente poveri, cupi e anonimi la gran parte dei nostri paesi.
Mi opporrò con ogni energia e cercherò di far conoscere i meccanismi malati grazie ai quali una bellissima necropoli che sarebbe potuta divenire un luogo di grande bellezza, che avrebbe avuto necessità di cura e protezione, dove la mano dell’uomo si sarebbe dovuta manifestare leggera sino all’invisibilità, quella necropoli è stata annichilita a perpetua vergogna di chi ha, come amministratore, il dovere di curarla.
Quanto alla Piazza della Parrocchia, gentile Sindaco, ritengo che distruggere con un progetto dozzinale un sito che aveva con il tempo raggiunto faticosamente un suo equilibrio costituisca una colpa e un segno di come il centro storico di Quartucciu – di cui restavano tracce – venga trattato come una roba di cui vergognarsi, da rimuovere anche dai ricordi. Un triste tratto psicologico sardo: la vergogna del proprio passato.
Quella piazza non aveva bisogno di granché, sarebbe bastato rimuovere la crosta di brutto che era, appunto, solo una crosta.
Ma questa è un’operazione impossibile, troppo semplice, troppo economica.
La semplicità è uno degli obiettivi più complessi e i nostri amministratori non la raggiungeranno mai.
Sono gli amministratori che dovrebbero orientare, suggerire, diffondere un’idea di buon vivere in luoghi preservati, spiegare e conservare la storia alle comunità e non divenire notai di piani urbanistici che mirano ad altro e che perpetuano un modello che esplode dappertutto.
Le chiedo di fermarsi, signor Sindaco, di trovare fondi per abbattere il museo, di ripristinare la piazza e di conservarla, di aprire contenziosi se servono in nome del bene comune per invertire questa corsa verso la bruttezza che allontanerà da Quartucciu, e da tutto l’hinterland, chiunque cerchi in un luogo il bello e l’armonico. E allontanerà, di conseguenza, anche ogni forma di ricchezza, economica e spirituale.

La saluto cordialmente,
Giorgio Todde
Cagliari, 8 marzo 2013
 

3 commenti:

  1. Sabato 9 novembre noi quartuccesi abbiamo inaugurato la nuova Piazza Parrocchia, opera donata alla comunità dai coniugi Maria Murru e Antonio Puddu.
    Il progetto realizzato è stato scelto mediante l’indizione di un concorso di idee che ha visto partecipare 114 progetti provenienti da tutto il territorio nazionale, esaminati da una commissione altamente qualificata.
    Questo dimostra come da subito la qualità è stato l’obbiettivo dei due benefattori.
    L’intervento dello scrittore Giorgio Todde, rappresenta un pessimo esempio di onestà intellettuale, una feroce critica, probabilmente sollecitata da qualcuno (la data e il punto di presa della foto la dicono lunga), basata sull’esame di un progetto (Urban Getsemani) classificatosi oltre il cinquantesimo posto. In poche parole una cantonata e un’inaspettata caduta di stile.
    Il progetto vincitore (Ricreare Connessioni) è stato fedelmente realizzato e, a dimostrazione della felice scelta, nel 2010 si è aggiudicato il Premio del Paesaggio Bandito dalla Regione Sardegna.

    Francesco Vargiu

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  2. Gentilissimo sig. Giorgio Todde,
    son venuto casualmente a conoscenza di questo articolo che, in maniera chiara e inconfutabile fa riferimento al progetto “Urban Getsemani” presentato dal mio gruppo per il concorso riguardante la riqualificazione della piazza S. Giorgio a Quartucciu. Ho letto con attenzione la sua invettiva riguardante il territorio dell'hinterland cagliaritano in generale e di Quartucciu in particolare. E' facile essere epidermicamente d'accordo: discorsi vecchi, demagogici e stantii non hanno mai portato a nessun vero atto concreto per migliorare i luoghi in cui viviamo, e giudizi troppo sbrigativi non sono mai adatti a trattare temi complessi.
    Come le ha già spiegato il sig. Francesco Vargiu, il nostro “orrendo progetto” si è classificato oltre il 50° posto. Si sa, i concorsi sono un modo per sperimentare soluzione altre e mettersi in gioco. Un gioco sottile tra le aspettative di chi lo bandisce e la soluzione proposta dal progettista che porta a un risultato più o meno condivisibile. Come gruppo di architetti, ingegneri e designer abbiamo partecipato a numerosi concorsi sia in Italia che all'estero riguardanti la progettazione di spazi pubblici: alcuni son stati vinti (e realizzati) e altri persi: c'est la vie. Accade. Ma dietro il lavoro di professionisti c'è sempre (spero) della fatica sia intellettuale che di organizzazione. Spesso c'è anche molto entusiasmo e ogni tanto un lampo di genio.
    Proprio per questo i suoi giudizi non fanno onore a nessuno dei progetti, perchè lette le sue affermazioni potrei pensare che lei li abbia (diciamo così) analizzati in maniera molto superficiale e alquanto prevenuta. Tanto da confondere il nostro lavoro con un altro, attirato per lo più da quel titolo “Urban Getsemani” che con risibile bigottismo fuori tempo massimo addita come “blasfemo”. Ora, con tutta la buona volontà, devono esser fatti davvero dei voli pindarici per dare ragionevolezza ad un'affermazione del genere. D'altro canto si potrebbe pensare si tratti di quel vecchio trucco retorico di attaccare il tutto (il progetto/il concorso) spostando l'attenzione non sulle soluzioni proposte bensì su supposti concetti che si pensa la comunità recepisca come negativi (la blasfemia). Roba da Santa Inquisizione insomma. Supposizione avallata anche dal fatto che mi pare la sua critica verta principalmente sulla contrapposizione “bello/brutto” che probabilmente è stata accantonata pure dai programmi di storia dell'arte per liceali. Ma questo è un altro discorso.
    [fine parte prima]

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  3. [parte seconda]

    Ciò che ci preme, essendo stati tirati in ballo direttamente, è ovviamente difendere la nostra opera e il pensiero che vi è dietro. Perché una critica dozzinale tanto quanto il progetto in questione non può riconoscere tra i tanti difetti quello di aver concepito un'idea che insisteva non tanto sul “cosa” e su “come rappresentarlo”, bensì sul “come” e “quale strategia adottare”. Il progetto era sostanzialmente uno spazio urbano verde (sia di fruizione che contemplativo, che si interfacciava ad un edificio religioso, da qui la metafora di “Getsemani urbano”) che cercava di riconnettersi alle aree verdi pubbliche esistenti e a quelle programmate. Insomma, “solo” un tassello verde all'interno dello sfrangiato mosaico urbano del paese, ma che per noi poteva essere molto importante se relazionato al tutto. Davvero un progetto così dozzinale? Forse l'impostazione non era allineata con la visione della giuria; forse era troppo “semplice”; o magari avrebbe avuto dei costi di gestione troppo elevati per le casse comunali. Una giuria ha lavorato per fare le valutazioni di turno ma diciamo che “dozzinale” non è proprio il termine più adatto. Siamo convinti (come gruppo di lavoro) che spesso la parte formale di un'opera architettonica spesso travalichi la sua attitudine di potersi esprimere in maniera cangiante all'interno di un contesto specifico, ma è la prima ad essere più spendibile a livello politico e a generare i danni di cui pure lei parla. “La semplicità è uno degli obiettivi più complessi”: siamo perfettamente d'accordo con lei e mi pare che il progetto sia in sintonia con quest'affermazione. Quindi, ammettiamolo, lei ha parlato di qualcos'altro, e questo “altro” non era certo il nostro progetto.
    Detto ciò, non vogliamo dire che fosse il migliore o tra i migliori, non è nel nostro stile. Per noi (un gruppo non solo multidisciplinare ma anche “nomadico” e transnazionale) è stato un momento di confronto come molti altri, in cui fare le nostre considerazioni riguardo molteplici aspetti. E' stato però un progetto onesto, pensato e ponderato e ci aspettiamo, lecitamente, che in tale maniera venga valutato da chi, anche solo amatorialmente, gli si avvicini. Lei che fa, tra le altre cose, lo scrittore dovrebbe conoscere molto bene concetti come “autorevolezza delle fonti”, “ricerca”, “peso delle parole”, “precisione logica”: a noi pare che proprio in questi punti la sua critica sia venuta meno. Colpa dell'”urgenza espressiva” che in generale pare colpisca chi scrive sul web?

    Cordiali saluti
    Matteo Muggianu

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