domenica 24 febbraio 2013

Finte Serre Fotovoltaiche a Narbolia

COMUNICATO STAMPA - Domenica 24 febbraio 2013


Risposta All’assessore all’agricoltura Oscar Cherchi


Impianto di Serre Fotovoltaiche
Nella conferenza stampa di giovedì 21 u.s. abbiamo informato i giornalisti presenti di alcuni fatti di cui siamo venuti a conoscenza relativi alla annosa vicenda delle serre fotovoltaiche a Narbolia e al “contorto” iter procedurale che ne ha permesso la realizzazione.
In questa vicenda l’assessore regionale all’agricoltura ha avuto un ruolo fondamentale soprattutto dopo aver firmato un decreto, lo scorso luglio, col quale dichiarava illegittima l’autorizzazione rilasciata dai comuni agli impianti di serre fotovoltaiche (confermando quanto sostenevamo da mesi) e “per ragioni di interesse pubblico”, non meglio precisate, riapriva i termini per la convalida: Una sanatoria utile soprattutto alla Enervitabio che solo due mesi prima era stata chiamata davanti al TAR della Sardegna a rispondere proprio di aver costruito l’impianto di Narbolia senza possedere una valida autorizzazione.
Nello stesso decreto l’assessore dichiara che sono “numerosi gli impianti di serre fotovoltaiche autorizzati dai SUAP o dai Comuni, i quali non avevano competenza in materia”. Concetto questo dichiarato dall’assessore anche alla stampa con la quale aveva parlato di “valanghe di richieste” poi dimostratesi solo due fiocchi di neve.
Nella conferenza stampa abbiamo ricordato questi fatti, tutti documentati, e abbiamo informato che il decreto è servito a convalidare solo due impianti che guarda caso appartengono alla stessa società, quella che ha costruito le serre a Narbolia e che nei prossimi mesi dovrà rispondere davanti al TAR (vedasi allegata comunicazione del Servizio Strutture dell’assessorato).
L’assessore all’agricoltura definisce questi fatti “polemiche senza fondamento”, e scarica in maniera maldestra sui funzionari dell’assessorato – colpevoli di avergli suggerito di emanare il decreto perché esisteva questa pressante esigenza, fatto che andrebbe comprovato con atti - responsabilità e scelte politiche di questa amministrazione regionale.
Concordiamo con l’assessore sul fatto che stiamo sollevando delle “accuse pesanti”, per le quali auspichiamo venga al più presto chiamato a rispondere nelle diverse sedi. In primo luogo davanti ai cittadini per la sua politica dissennata che sta portando l’agricoltura sarda al tracollo.
Per quanto riguarda la velata minaccia di “dover agire in altre sedi”, che tradotto pensiamo significhi voler coinvolgere il magistrato, non si preoccupi l’assessore, abbiamo già informato noi Procura di Oristano e Procura Generale.
Cogliamo l’occasione per invitare l’assessore al convegno che stiamo organizzando per sabato 2 marzo a Narbolia e che parlerà appunto di agricoltura e di salvaguardia di terreni agricoli... il suo "campo". Nei prossimi giorni diffonderemo un comunicato stampa e invieremo all’assessore un invito ufficiale.


 
 
27 febbraio 2012

Finte Serre Fotovoltaiche a Narbolia

L'Associazione Italia Nostra Sardegna ha presentato un'istanza di accesso agli atti e richiesto spiegazioni agli Enti preposti alle autorizzazioni in merito all'installazione di un mega impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica nell'agro del Comune di Narbolia (Oristano).
L'Associazione infatti nutre forti perplessità sull'utilità di un impianto di queste proporzioni (27 Megawatt dichiarati, 1600 serre di 200 metri quadri ciascuna, centomila pannelli fotovoltaici), sia come coerenza con le indicazioni del  P.P.R. che la classifica comearea ad utilizzazione agro forestale”, sia come reale e concreto ricavo economico ed energetico su questi territori.
L’area interessata infatti risulta essere una vasta zona agricola - oltre 70 Ha, di cui 31,55 di superficie coperta – fertile e irrigua, che subirà una variazione di destinazione d’uso dalla realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica. L’economia del territorio è essenzialmente basata sull’attività agricola e l’occupazione di aree tanto estese priva l’agricoltura e la pastorizia di importanti spazi produttivi. Le stesse coltivazioni previste all’interno delle cosiddette “serre fotovoltaiche” sono estranee alla produzione locale e risulterebbero comunque di scarsa produttività perché l’orientamento delle serre pare progettato per garantire la massima ricezione solare e non per una efficiente produzione agricola. Un impianto di tale portata, costituito da elementi strutturali molto invasivi, (plinti in cemento armato, strutture d'acciaio di forte rilevanza, piste, cavidotti, impianti ecc.) crea un’alterazione del microsistema ecologico, una turbativa alla presenza di fauna e insetti impollinatori e un impatto biologico di carattere terziario sulle persone. Fenomeni questi che possono risultare amplificati dall’agrofotovoltaico, ovvero da questo ibrido di agricoltura e di fotovoltaico industriale nel medesimo sito. Si tratta infatti di un impianto che produce campi elettromagnetici che potrebbero interferire con il processo di produzione agricola destinata all’alimentazione. Altro elemento di rischio presente nell’impianto consiste nella potenziale contaminazione dell’ambiente a causa del cadmio ed altre sostanze ed elementi tossici presenti nei pannelli fotovoltaici.
A questi 'effetti collaterali', evidentemente considerati irrilevanti in sede di autorizzazioni, si uniscono i forti dubbi di ripristino dello stato naturale dei terreni alla fine del ciclo produttivo (20 anni). Perplessità derivanti dall'assenza di un piano di smantellamento e ripristino.
Un intervento così invasivo, come quello in fase di avvio a Narbolia, è un grave abuso sul territorio in palese contrasto con la normativa regionale a tutela dei valori paesaggistici in quanto rappresenta uno stravolgimento senza precedenti di questi luoghi e dei valori tutelati dalle vigenti normative. Il Piano Paesaggistico Regionale individua infatti tra i valori di quest'ambito territoriale la “presenza di un paesaggio agricolo che rappresenta elementi essenziali di riconoscibilità e di leggibilità dell’identità territoriale”.
Il rischio imminente che questo impianto di Narbolia venga facilmente reiterato in altri agri del territorio regionale, come del resto sono già diversi gli esempi concretizzati solo in provincia di Oristano,  agevolati sia dagli ultimi provvedimenti intrapresi dal governo Monti (Decreto Salva Italia, D.Lvo n. 1/2012, art. 65), sia dalla riduzione dell'esame di valutazione di impatto ambientale alla semplice auto approvazione comunale, così come indicato dalla Regione Sardegna.
L'Associazione intende intraprendere una serie di iniziative finalizzate a far luce sull'opportunità, l'adeguatezza ed il rispetto delle norme tecniche-paesaggistiche di un impianto di queste dimensioni. Oltre a promuovere una campagna di sensibilizzazione volta al rispetto e alla autentica tutela del paesaggio naturale della Sardegna.
 

Sull'argomento

Produzioni dal Basso: No al futovoltaico a Narbolia
Blog Claudia Zuncheddu: interrogazione in Consiglio Regionale
 
 
Pietro Porcedda - Comitato s'Arrieddu per Narbolia
 
 
 
Graziano Bullegas - Italia Nostra
 
 
 
 

 

mercoledì 20 febbraio 2013

Un altro impianto industriale invade i terreni agricoli

Impianto termodinamico nell'isola di Creta
In data odierna l’Associazione ha presentato osservazioni alla procedura di verifica di Impatto Ambientale dell’impianto solare termodinamico da 50 MWe “GONNOSFANADIGA” proposto dalla ditta Energogreen Renewables srl in area agricola nei comuni di Gonnosfanadiga e Guspini.
Si tratta di un impianto di 50 Megawatt di potenza installata, 211 HA di terreno occupato da specchi, acciaio e opere connesse. Una superficie superiore a quella occupata dai centri abitati di Guspini e Gonnosfanadiga – quasi ventimila abitanti complessivi. Un intervento fortemente invasivo che sottrarrà all’attività agricola un’importante area della pianura del Medio-Campidano occidentale e comprometterà le attuali e future attività agro–pastorali presenti nella zona.
Italia Nostra ritiene che un impianto industriale per la produzione di energia termica e di energia elettrica non possa essere ubicato in area agricola, in quanto tutte le attività, comprese quelle per la produzione di energia elettrica debbano essere finalizzate all’attività agricola e “tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” come previsto dalle leggi vigenti e da consolidata giurisprudenza.
Il notevole consumo di suolo fertile è in controtendenza rispetto alle politiche sul territorio del  Ministero delle politiche agricole che lo scorso settembre ha avviato iniziative per contenere il consumo di suolo e “garantire l’equilibrio tra i terreni agricoli e le zone edificabili ponendo un limite massimo al consumo del suolo e stimolando il riutilizzo di zone già urbanizzate”.
L’Associazione ritiene che le energie rinnovabili rappresentino un’importante fonte energetica a basso  impatto ambientale e che contribuiscano in maniera notevole al raggiungimento degli obbiettivi posti dalla Convenzione di Kyoto e che, se fruibili dall’intera comunità, possano contribuire a superare il gap energetico-economico della Sardegna rispetto alle altre regioni d’Italia e a quelle che si affacciano nel Mediterraneo. La Sardegna ha oggi una dipendenza energetica del 82% da centrali termoelettriche e una produzione da fonti rinnovabili intorno all’11%. La dipendenza dal petrolio nelle altre regioni italiane è mediamente inferiore al 50%.
L’Associazione auspica pertanto che le fonti rinnovabili a basso impatto ambientale e rispettose del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, ubicate nelle aree industriali e negli spazi già urbanizzati possano rappresentare un’efficace fonte energetica per un futuro a zero impatto ambientale. L’Associazione ritiene inoltre che la fonte primaria di energia utile e immediatamente disponibile sia rappresentata dal  risparmio energetico e dal  miglioramento dell’efficienza degli impianti e degli utilizzatori. Una politica di risparmio permetterebbe infatti di cogliere efficaci  risultati in tempi brevi e di ridurre la produzione di energia di circa il 30%, senza dipendenze, con una ricaduta positiva sull’economia e sul lavoro, e impegnando numerose piccole imprese anche sarde. È chiaro che tali obbiettivi non possano essere raggiunti attraverso una dissennata politica energetica basata sul consumo di territorio e a discapito dell’attività agricola.
Per tutti questi motivi l’Associazione ha chiesto all’ufficio Valutazione Impatti della Regione (SAVI) che l’impianto termodinamico solare a concentrazione venga considerato inammissibile o, in subordine, sia sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale.

Sant’Antioco, 20 febbraio 2013



Sul sito della Regione Sardegna lo Studio Preliminare Ambientale relativo al progetto “Impianto solare termodinamico da 50 MWe, nel comune di Gonnosfanadiga” e nel comune di Guspini. 


martedì 12 febbraio 2013

NOradar Sardegna contro i progetti che devastano il territorio

Manifestazione Sant'Antioco 16 marzo 2011

Incontro NOradar Sardegna


SABATO 16 FEBBRAIO DALLE ORE 16 • CABRAS

L'incontro si svolgerà nella sala conferenze presso il centro polifunzionale di Cabras, situato nel nuovo complesso di via Tharros all''uscita per San Giovanni di Sinis.
L'invito è rivolto a tutti i singoli e le realtà che si mobilitano "dal basso" contro l'occupazione militare della Sardegna e i progetti devastanti per il territorio.

Con l'esperienza della lotta contro i radar abbiamo dimostrato che si possono ottenere risultati importanti attraverso l'azione diretta in prima persona, le assemblee, i presidi permanenti, la controinformazione, la condivisione e la solidarietà al nostro interno e con altri movimenti, come quello NO TAV e quello NO MUOS, attualmente sotto grave attacco. Per questo motivo parteciperemo alla manifestazione nazionale NO MUOS che si terrà a Niscemi il 30 marzo prossimo e invitiamo chiunque a partecipare.


le antenne del MUOS - Niscemi

Molto resta da fare per difendere l'isola dal consumo di territorio e da vecchi e nuovi progetti di sfruttamento che non portano nessun vantaggio: basi militari, trivellazioni, gasdotti, tonnellate di cemento sottraggono ancora più possibilità alle economie sostenibili locali e avvelenano le nostre vite, impoverendoci sotto ogni punto di vista.
A questo proposito, stanno per varare un decreto "salva Quirra" che risolverà le gravi questioni sollevate dai comitati di cittadini sulle sostanze inquinanti e cancerogene non con lo stop (anche solo temporaneo, come nel caso della procura di Lanusei) ma con l'innalzamento ulteriore dei limiti di legge, in linea con quanto già votato nella legge 134 del 7 agosto 2012 (la cosiddetta "legge di ferragosto") da tutti i parlamentari sardi e nazionali e col decreto Clini che ha condannato la Maddalena a non essere bonificata. Lo faranno presumibilmente subito dopo
la campagna elettorale!
Non dimentichiamo che anche quello dei radar militari della Capitaneria di Porto e della Guardia di finanza non è per niente accantonato, nonostante i buoni risultati ottenuti con la mobilitazione. E non dimentichiamo che, svelato l'inganno dei radar “anti-migranti” abbiamo chiarito che questi strumenti sono tecnologie di guerra, così come il MUOS in Sicilia. Come sappiamo che nelle basi militari sarde si addestrano le truppe che muovono guerra ai popoli di mezzo mondo e che dalle basi sarde sono partiti alcuni dei tremendi attacchi che hanno causato le recenti stragi di civili in nord Africa e in Palestina.
E' importante denunciare questi fatti, fermare questo scempio, proporre alternative, unire le varie lotte, pensare insieme i prossimi passi di un percorso comune per la Sardegna e non solo, che parta da ognuno/a di noi.

- NO AL DECRETO "SALVA QUIRRA" E AI TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA
- SI' AL TAGLIO DELLE SPESE MILITARI E ALLA DEFINITIVA REVOCA DEI PROGETTI RADAR E MUOS
- NO ALLA GUERRA
- NO AL CONSUMO DI TERRITORIO, AI DANNI ALLA SALUTE E AGLI OSTACOLI ALLE ECONOMIE ALTERNATIVE
- SI' ALLA CHIUSURA DI POLIGONI E BASI MILITARI E IMPIANTI DI MORTE
- SI' ALLA BONIFICA DEI TERRITORI
- NO RADAR NE' QUI NE' ALTROVE!



                                                                         Coordinamento dei Comitati NO RADAR Sardegna


sabato 9 febbraio 2013

Stop al consumo di territorio

"... Dare priorità al recupero degli edifici abbandonati, abbattere gli orrori che assediano le nostre periferie sostituendoli con una nuova edilizia di qualità anziché catapultare grattacieli nel bel mezzo dei centri storici. Verificare i dati... sulle proiezioni di crescita demografica prima di autorizzare nuove edificazioni.
È falso che vi siano da una partei "modernizzatori" che cementificano all' impazzata e dall' altra i "conservatori" che non costruirebbero più una casae condannerebbero alla disoccupazione gli operai. La vera lotta è un' altra: fra chi vuole uno sviluppo in armonia con il bene pubblico e la Costituzione, e chi vede nel suolo italiano solo una risorsa da saccheggiare a proprio vantaggio".

                                                                                                                                    Salvatore Settis



dal Manifesto nazionale il consumo di territorio

Movimento di opinione per la difesa del diritto al territorio non cementificato

 
Il consumo di territorio nell’ultimo decennio ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante. Negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha cavalcato una urbanizzazione ampia, rapida e violenta. Le aree destinate a edilizia privata, le zone artigianali, commerciali e industriali con relativi svincoli e rotonde si sono moltiplicate ed hanno fatto da traino a nuove grandi opere infrastrutturali (autostrade, tangenziali, alta velocità, ecc.).

Soltanto negli ultimi 15 anni circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza. La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini.

Questa crescita senza limiti considera il territorio una risorsa inesauribile, la sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari sovente speculativi: un circolo vizioso che, se non interrotto, continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane. Un meccanismo deleterio che permette la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini (monetizzazione del territorio).

Tutto ciò porta da una parte allo svuotamento di molti centri storici e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano a loro volta nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi troviamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una “conurbazione” ormai completa per molte aree del paese.
Ma i legislatori e gli amministratori possono fare scelte diverse, seguire strade alternative? Sì!

Quelle che risiedono in una politica urbanistica ispirata al principio del risparmio di suolo e alla cosiddetta “crescita zero”, quelle che portano ad indirizzare il comparto edile sulla ricostruzione e ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

Il movimento di opinione per lo STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO e i firmatari individuano 6 principali motivi a sostegno della presente campagna nazionale di raccolta firme.

 
 
STOP: PERCHÉ?
1. Perché il suolo ancora non cementificato non sia più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali.
2. Perché si cambi strategia nella politica urbanistica: con l’attuale trend in meno di 50 anni buona parte delle zone del Paese rimaste naturali saranno completamente urbanizzate e conurbate.
3. Perché occorre ripristinare un corretto equilibrio tra Uomo ed Ambiente sia dal punto di vista della sostenibilità (impronta ecologica) che dal punto di vista paesaggistico.
4. Perché il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile perché il terreno e le piante che vi crescono catturano l’anidride carbonica, per il drenaggio delle acque, per la frescura che rilascia d’estate, per le coltivazioni, ecc.
5. Per senso di responsabilità verso le future generazioni.
6. Per offrire a cittadini, legislatori ed amministratori una traccia su cui lavorare insieme e rendere evidente una via alternativa all’attuale modello di società.

STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO

I seguenti firmatari richiedono una moratoria generale ai piani regolatori e delle lottizzazioni, in attesa che ciascun Comune faccia una precisa “mappatura” di case sfitte e capannoni vuoti.
Sottoscrivono quindi questo manifesto perché si blocchi il consumo di suolo e si costruisca esclusivamente su aree già urbanizzate, salvaguardando il patrimonio storico del Paese
.
 

sull'argomento: