lunedì 11 gennaio 2021

Interventi di deforestazione nel SIC di Platamona: chi li ha autorizzati?

A seguito di molteplici sollecitazioni da parte di cittadini le Associazioni ambientaliste WWF ed ITALIA NOSTRA hanno provveduto a segnalare al Ministero dell’Ambiente, alla Procura della Repubblica di Sassari ed alle Amministrazioni competenti, un intervento di taglio della copertura arborea nella pineta di Platamona all’altezza della rotonda del 4° pettine. L’area dunale, di notevole estensione, è stata anche interessata dall’apertura di una pista di otre 4 mt di larghezza che si snoda all’interno della pineta. Profondi sconvolgimenti sono stati causati dal ripetuto passaggio di mezzi pesanti ed ai lati del percorso giacciono accatastati numerosi tronchi ancora in vegetazione e di svariate sezioni. L’intervento non risulta segnalato da alcun cartello con le indicazioni della tipologia dell’intervento, delle autorizzazioni e dei responsabili del cantiere. Non si può dunque essere a conoscenza di eventuali permessi rilasciati per l’esecuzione dei tagli. 



Nella succitata segnalazione si è evidenziato che l’areale ricade all’interno di un Sito di interesse comunitario (SIC ITB010003), denominato “Stagno e ginepreto di Platamona”, un sito dunque che fa parte della Rete Natura 2000 e che si estende per 1618 ettari, comprendendo, oltre al sistema di dune di Platamona, una pineta di origine antropica, un ginepreto, un sistema di scogliere e lo stagno. Attesa la molteplice normativa di riferimento, per tale tipologia di siti tutti gli interventi devono essere eseguiti nel rispetto delle procedure previste per legge e dal Piano di gestione del SIC aggiornato al 2105. È stato inoltre evidenziato che il sistema dunale ricade all’interno degli ambiti tutelati dal Codice dei beni culturali e dal Piano paesaggistico e che i progetti relativi alle attività che vi si intendono svolgere sono da sottoporsi a specifica valutazione di incidenza ambientale (VINCA), oltre che subordinati al rilascio del nulla osta paesaggistico. 

Si resta in attesa di conoscere se siano state rilasciate autorizzazioni nel rispetto della vigente normativa e le eventuali prescrizioni inerenti le attività in essere. 

Al momento del sopralluogo i luoghi risultavano ampiamente sconvolti dal passaggio di autocarri e compromessi da attività di taglio in apparenza non pianificate ma intese all’esclusivo recupero di legnatico. Non sembra potersi affermare che tali modalità di intervento possano essere indirizzate alla tutela di ecosistemi di così delicata fragilità quali quelli dunali e alla conservazione di habitat a così alta instabilità quali quelli costieri prospicienti le zone umide.


Scheda sullo stagno di Platamona

Ultime novità del 19 gennaio 2021

Apprendiamo con interesse che la segnalazione presentata la scorsa settimana da Italia Nostra e WWF sulla deforestazione che si stava consumando nella pineta di Platamona ha avuto come conseguenza il sequestro del cantiere aperto dalla società Accademia Sgr proprietaria di una parte della pineta di Platamona.

Come da nostra richiesta attendiamo di conoscere la regolarità degli atti che hanno autorizzato l’attività di deforestazione e le eventuali prescrizioni ivi contenute. 
Non riusciamo infatti a capire come sia stato possibile rilasciare autorizzazioni per il taglio di una notevole quantità di alberi, da destinare ad un impianto di biomassa, all’interno di un sito sensibile e tutelato come il SIC “Stagno e ginepreto di Platamona”. 
Perchè i lavori non sono stati supervisionati dal Comune capofila? Perché si è attesa la segnalazione di Italia Nostra e WWF per intervenire, nonostante il saccheggio della pineta fosse in prossimità della strada e visibile a tutti?   
Lo stesso Piano di gestione prevede che  <<… i lavori all’interno del SIC siano autorizzati previe opportune scelte progettuali, con una attenta direzione lavori e imponendo apposite prescrizioni alle imprese esecutrici. E che possono essere autorizzati esclusivamente interventi di ripristino ambientale, di restauro di strutture esistenti e di infrastrutturazione per la fruizione turistica di tipo “leggero”>>.
Auspichiamo fiduciosi che gli inquirenti facciano luce sull’intera vicenda che al momento appare poco chiara e tutt’altro che trasparente.

sull'argomento

Italia Nostra - Tagli alla pineta di Platamona: il Corpo Forestale mette i sigilli dopo la segnalazione di Italia Nostra e WWF

La Nuova Sardegna - Italia Nostra: "A Platamona fregio predeterminato"

Canale 12 - Pineta di Platamona, denuncia di Italia Nostra e WWF

Sardegna LIVE - Alberi tagliati nella pineta di Platamona, la protesta degli ambientalisti

Buongiorno Alghero - La pineta di Platamona diventa legna da ardere - Denuncia di WWF e Italia Nostra

Sardiniapost - Taglio dei pini e passaggio sulle dune: denuncia ambientalisti a Platamona

La Nuova Sardegna - Alberi tagliati a Platamona: protesta degli ambientalisti

Alghero Live - Interventi invasivi nel SIC di Platamona: chi li ha autorizzati?

ANSA Sardegna - Alberi tagliati in pineta Platamona, protesta ambientalista

Sardegna LIVE - Alberi tagliati nella pineta di Platamona, la protesta degli ambientalisti

Italia Nostra - Invasivi interventi nel SIC di Platamona: chi li ha autorizzati?

Sky TG24 - Alberi tagliati in pineta a Platamona, protesta ambientalista








domenica 10 gennaio 2021

Paesaggio, ecosistema e rinnovabili … un delicato rapporto

proposte operative revisione disciplina rinnovabili

Attualmente la Sardegna è caratterizzata da un eccesso di potenza installata per l’energia elettrica - suddivisa quasi equamente tra fossile e rinnovabile -, da una rete di trasmissione obsoleta e un’assoluta carenza di impianti di accumulo.  

Le centrali di produzione da fossile, oltre a ostacolare una necessaria transizione alle rinnovabili, impediscono di utilizzare adeguatamente la generazione da FER, arrivando a produrre un surplus energetico del 50% rispetto al fabbisogno isolano. A titolo di esempio la centrale Sarlux, oltre ad usufruire di incentivi pari nel solo 2017 a quasi 363 milioni di euro, è in grado di coprire oltre il 40% del fabbisogno isolano, mentre le due centrali di Portovesme e Fiumesanto, poco flessibili, sopperiscono di fatto alle esigenze di sicurezza e variabilità delle non programmabili.

Sono stati monitorati a tutt’oggi in fase istruttoria i progetti di 8 impianti eolici (VIA statale) e 53 impianti fotovoltaici (VIA regionale), per un totale di quasi 5.000 ettari di superficie occupata, di cui intorno a 3.000 di suolo agricolo, e 2.240 MW di potenza complessiva, un valore addirittura superiore al totale installato su tutta l’isola fino ad ora.

Tra tali progetti molti sono in fotocopia ed alcuni, pur interessando formalmente aree industriali, coinvolgono superfici attualmente coltivate, ma incongruamente comprese in zone D da una pianificazione discutibile. 

Vi è da evidenziare che alle società proponenti non competono obblighi di adeguamento della rete di trasmissione della quale pur usufruiscono e non sono tenuti a garantire una continuità di produzione, nemmeno in percentuale minima, pur godendo del vantaggio della priorità di dispacciamento: in sintesi: sono privati i profitti e collettivi i costi.

Il risultato di un tale sistema produttivo energetico è la compromissione irreversibile del patrimonio ambientale e paesaggistico sardo, che rende ancor più disastroso il panorama energetico–ambientale, caotica la gestione della produzione e della distribuzione elettrica.

E’ evidente che gli sforzi devono essere prioritariamente indirizzati alla riorganizzazione profonda del presente prima di assistere alla incontrollata proliferazione di grandi impianti di produzione. In queste condizioni l’incremento degli impianti FER infatti non farebbe altro che aggravere le distorsioni sistemiche in atto e comportare la necessità di un ulteriore contributo energetico da parte delle Centrali che bruciano fossili.

Occorrerebbe dunque Intervenire in prima istanza razionalizzando i consumi con l’appiattimento dei picchi di domanda e lo sfruttamento ottimale dei momenti di disponibilità della potenza di picco da FER. Nello stesso tempo devono essere utilizzati al meglio gli impianti di accumulo esistenti (bacini idroelettrici) migliorandone l’efficienza realizzando sistemi di bacini per il ripompaggio, ed affiancando sitemi di accumulo chimici. Ciò nondimeno, tali interventi devono accompagnarsi ad una ulteriore non meno importante azione: il taglio drastico degli sprechi.


Occorre dunque un articolato piano di programmazione e di buone pratiche in cui il comparto energetico vada a costituire una parte integrante e funzionale di una più complessiva strategia di sviluppo generale del territorio.

Così come anche previsto dal decreto semplificazioni del 16 luglio 2020, all’art. 50 comma c, i progetti e le opere necessarie per l'attuazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) devono tenere “conto delle caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche, paesaggistiche e morfologiche (e delle aree sia a terra che a mare caratterizzate dalla presenza di siti di interesse nazionale da bonificare ovvero limitrofe) con particolare riferimento all'assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni”.

In un tale ambito programmatorio devono trovare collocazione piani attuativi, specifici finanziamenti, cronoprogrammi e obbiettivi di riduzione di emissioni, le bonifiche ambientali, la sostenibilità ambientale, la salvaguardia della salute, la tutela del suolo, del paesaggio e del patrimonio. Solo in un tale organico contesto si possono evitare le realizzazioni di inutili e insensate opere di grande impatto, si possono realizzare le necessarie infrastrutture per l’utilizzo razionale delle FER, rendere sostenibili le trasformazioni ambientali e sociali.

Se ci si ispira ad un concetto di energia come Bene Comune ed alle Direttive in tal senso fornite dalla UE che sollecita la formulazione di progetti ispirati alla democrazia energetica le linee guida da seguire possono così riassumersi.

I progetti di produzione energetica da FER, non investono il solo ambito tecnologico, ma devono essere considerati alla stregua di progetti a impatto sociale e come tali devono tener conto nei loro obiettivi non solo dei benefici climatici, ma dei bisogni sociali, ovvero Benessere, Uguaglianza, Crescita economica e sociale, Integrazione. Bisogna dunque chiedersi nell’effettuare una valutazione complessivo di un progetto:

- Il progetto risponde anche ad un bisogno sociale garantendo investimento sociale, sviluppo, crescita occupazionale, valorizzazione del capitale umano?

- Crea un ritorno economico e sociale assicurando vantaggi in termini sanitari, ambientali, paesaggistici, sociali ed economici? 



Oggi la realizzazione di un impianto di produzione energetica da FER si misura esclusivamente nel beneficio economico che il proponente ritrae dal Capitale investito attraverso la riscossione degli incentivi sulla produzione elettrica garantita dallo Stato attraverso il prelievo forzoso dalle tasche dei cittadini. Nullo è il ritorno per questi ultimi come irrisori sono i ristori per le Comunità dove gli impianti vengono localizzati (anch’essi in modo forzoso) a fronte della rinuncia di intere porzioni di territori e soprattutto delle fonti energetiche. Noi riteniamo invece che debbano essere introdotti meccanismi correttivi all’attuale sistema normativo che renda protagonisti e non spettatori le Comunità di un tale epocale cambiamento. I benefici che possono ritrarsi da un utilizzo razionale di tali risorse, così intrinsecamente collegate al territorio, devono tradursi in un riscatto storico che scongiuri lo spopolamento e ripaghi delle predazioni trascorse. Tale benefici misurabili in termini economici devono dunque tradursi in recupero del gap storico e disponibilità di risorse per il futuro. 

 

Italia Nostra Sardegna - Confederazione Italiana Agricoltori Sardegna - Cobas Cagliari - USB Sardegna

 

vai alle proposte operative