lunedì 27 aprile 2015

Impianti solari termodinamici: una nuova occupazione di suolo imposta alla Sardegna



Italia Nostra Sardegna da tempo è impegnata a contestare, assieme ai Comitati locali di cittadini, lo spostamento del Procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale al Ministero dell’Ambiente relativo ai progetti di impianto solare termodinamico da ubicarsi in Sardegna. Un vero e proprio esproprio di attribuzioni, uno scippo di competenze dal chiaro sapore antidemocratico e antiautonomista, che umilia le prerogative regionali.
Uliveto nell’area agricola scelta per l’impianto CSP
I giorni scorsi l’Associazione è intervenuta, presentando Osservazioni Integrative al Ministero dell’Ambiente, contro gli impianti della potenza lorda di 55 MWe ciascuno denominati "Gonnosfanadiga" e “Flumini Mannu”, proposti dalla Energogreen (Archimede Solar Energy), che dovrebbero  sorgere rispettivamente nei territori comunali di Gonnosfanadiga e Villacidro (MC) e di Villasor e Decimoputzu (CA)


L’Associazione ha chiesto alla Commissione Tecnica VIA un giudizio negativo di compatibilità ambientale del procedimento di V.I.A. per gli impianti di Villasor e di Gonnosfanadiga a causa degli impatti negativi sotto l’aspetto economico, paesaggistico e ambientale.

Diverse le motivazioni addotte a supporto della richiesta di bocciatura della VIA.
Errata scelta del sito
Gli impianti termodinamici sottraggono immense quantità di aree all’agricoltura (circa 500 HA complessivi) per impiantarvi impianti industriali  adibiti alla produzione di energia elettrica.
Gli stessi deliberati della conferenza Stato-Regioni ricordano che gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile, devono assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio e nel territorio o, in alternativa, devono trovare ubicazione nelle aree degradate (brown fields) previa bonifica.
Produzione di foraggio nell’area agricola scelta per l’impianto CSP

Informazioni parziali e non veritiere
Le Osservazioni sono state un utile momento per “raccontare” anche attraverso le immagini un territorio diverso da quello rappresentato dalla Energogreen: “un’area degradata dall’attività antropica e prossima alla desertificazione, nelle poche aree coltivate ad uliveto gli alberi sono in età avanzata …”
Si è chiarito invece che si tratta di territori a forte vocazione agricola nei quali si produce tra l’altro olio di qualità e la pastorizia vanta prodotti DOP, e che gli ulivi e le sughere sono alberi secolari in Sardegna, dove esistono ulivi che superano i 2000 anni di età.
Attività agricola che, nonostante le false promesse, non sarebbe praticabile tra i filari di panelli, tubi, specchi e acciaio, infatti  la stessa AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) esclude che le superfici industriali possano ricevere i contributi comunitari a sostegno dell’agricoltura.

 
Campagna di Decimoputzu

Inquinamento da nitrati
Esiste un reale pericolo di inquinamento delle acque sotterranee e superficiali provocato dai nitrati provenienti dall’attività della centrale. È vero che i nitrati sono un fertilizzante utilizzato in agricoltura, ma rappresentano anche una fonte di inquinamento presente soprattutto nelle aree ad alta intensità agricola.
Nel caso delle CSP le quantità movimentate sarebbero tanto elevate (15.000 Ton. circa) da essere sottoposte alla direttiva “Seveso” che detta norme severe sulla gestione degli impianti in cui sono presenti sostanze pericolose per l'ambiente".

Uliveto da espropriare

Quale energia?
Gli impianti termodinamici di grossa taglia sono esclusi dalla programmazione regionale sull’energia. Infatti sia il PEARS del 2006 che quello del 2014 escludono la possibilità in Sardegna di realizzare delle CSP di grandi dimensioni e sono orientati alla realizzazione di piccoli impianti termodinamici. Appare dunque del tutto ingiustificato che la Proponente pretenda di sostituirsi  all’autorità regionale suggerendo scenari futuri che putacaso sono indirizzati a soddisfare soggettivi interessi economici e creando un'ipoteca sulle future scelte energetiche della comunità sarda. 
I dati TERNA del 2013 (non si capisce perché vengano citati quelli non aggiornati del 2012 visto che i dati 2013 sono disponibili da fine luglio 2014) evidenziano per la Sardegna una produzione di 14.364 Gwh e un consumo di 9.304 Gwh con un saldo attivo pari al 3.993 Gwh  (42,9%).
Anche nell’ambito del soddisfacimento degli obiettivi imposti dal Burden sharing  2020 questi appaiono raggiunti con largo anticipo. Il PEARS 2014 evidenziava che per la Sardegna al 2011 il consumo di energia da fonte rinnovabile nel settore termico ed elettrico con il 18,4% aveva superato l’obiettivo  posto dal Burden sharing fissato al 2020 nel 17,8%. Gli ultimi dati TERNA (dicembre 2013) indicano una produzione di energia da fonti rinnovali in grado di coprire per il 31% l’intero fabbisogno energetico della Sardegna.
 
Campagna di Gonnosfanadiga - primavera 2014
Impatto paesaggistico
La nuova attività industriale pretenderebbe di portare via la terra ai legittimi proprietari che la coltivano da generazioni e che rivendicano il diritto naturale di continuare a farlo e creerebbe una trasformazione del paesaggio radicale e irreversibile.
La stessa Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici e Storici per le province di Cagliari e Oristano, nell’esprimere la sua contrarietà all’insediamento riconosceva “la dimensione rilevante dell’impianto e la natura riflettente dei suoi principali costituenti rendono certamente preminente l’impatto visivo sia dai territori immediatamente confinanti che dalle alture circostanti, dai quali si attuerà un significativo mutamento nella percezione del paesaggio agricolo della piana in ragione dell’inserimento di un elemento tecnologicamente avulso e non mitigabile".

Foraggera a Gonnosfanadiga


L’intera Sardegna non vuole questi impianti
Organi dello Stato, Regione, amministrazioni comunali, Università, Associazioni ambientaliste, movimenti popolari, rappresentanze di categorie, semplici cittadini, tutti insieme hanno contribuito sinergicamente, liberi dai condizionamenti degli interessi economici e sulla base del proprio bagaglio di conoscenze tecniche, amministrative e culturali a motivare ampiamente l’opposizione alla realizzazione della CSP.  
Si è quindi chiesto alla Commissione Tecnica VIA di emettere un giudizio tecnico motivato sulla base della compatibilità dell’impianto con la Sardegna e con i territori interessati, un parere quindi libero dai condizionamenti politici che in questa vicenda stanno pesando in maniera sempre più evidente.
È infatti palese l’ingerenza nel procedimento di soggetti che non avrebbero titolo ad intervenire, così come risulta di difficile comprensione la sicumera della società proponente su uno scontato esito favorevole della procedura di VIA.
Considerate le premesse e l’aspro scontro che si è andato determinando, non solo in sede sarda ma anche in quelle centrali, tra la Proponente e la molteplicità dei soggetti in opposizione – che rappresentano l’intera comunità della Sardegna - l’assunzione di una decisione non libera da condizionamenti, emergerebbe in tutta evidenza ed esporrebbe l’amministrazione e lo Stato a molteplici ricorsi congiunti in sede amministrativa ed europea considerata la violazione in atto del diritto all’autodeterminazione delle comunità locali, le quali tutte si sono espresse concordemente per un rigetto dei progetti in questione.

Confronto area impianto Fluminimannu e l'intero abitato di Villasor


 Sull'argomento

Interrogazione Movimento 5 Stelle - Progetti solare termodinamico Sardegna 



giovedì 16 aprile 2015

Termodinamico Solare: assemblee informative popolari a Decimoputzu e Villacidro


Assemblea di Decimoputzu del 16 aprile 2015
La lotta dei comitati, delle associazioni ambientaliste, delle amministrazioni comunali contro l’aggressione speculativa delle multinazionali della green economy, conosce in questo periodo uno dei suoi momenti più alti. 
  
Specchi parabolici e tubi collettori
Nel momento in cui al Ministero dell'Ambiente sta per concludersi l'iter della Valutazione di Impatto Ambientale degli impianti industriali di Villasor-Decimoputzu e di Gonnosfanadiga-Guspini-Villacidro, cresce la mobilitazione delle comunità interessate dall'esproprio delle aree agricole per far posto ai distruttivi impianti industriali.


Assemblea Villacidro
Ci si batte contro quello che, ove venisse avvallato dal Ministero, si configurerebbe come un vero e proprio esproprio di attribuzioni, uno scippo di competenze dal chiaro sapore antidemocratico e antiautonomista, che umilia le prerogative regionali, e che non potrebbe restare senza risposte adeguate ai diversi livelli: della mobilitazione popolare, delle istituzioni locali, delle tutele amministrative e giurisdizionali.

Due assemblee popolari  per fare il punto sulla situazione e stabilire come ostacolare la distruzione del proprio patrimonio economico, ambientale e paesaggistico.

Assemblea Villacidro: Graziano Bullegas - Italia Nostra

Giovedi 16 aprile alle 18 nei locali del Centro Socio Culturale di via Cagliari a Decimoputzu


Assemblea di Decimoputzu 16 aprile 2015

Sabato 18 aprile alle 18 nella sala consigliare del comune di Villacidro


Seemblea Villacidro

Sull'argomento


Assemblea Decimoputzu: Mauro Gargiulo - WWF


mercoledì 15 aprile 2015

Sardegna. L’ultima spiaggia

Da oggi il DDL edilizia è legge regionale, è una pessima norma, che presenta diversi elementi di illeggitimità, che favorisce ancora una volta la speculazione edilizia a discapito ancora una volta della nostra vera ricchezza: i beni comuni, e i beni culturali e paesaggistici.
L'economista "smemorato" ha sottoscritto una norma priva di "sostenibilità economica" che ancora una volta aggredisce il territorio e distribuisce volumetrie prive di qualsiasi logica urbanistica.


Sull'argomento riportiamo un'articolo di Maria Paola Morittu pubblicato su Eddyburg la settimana scorsa
11 Aprile 2015.

Se la Toscana sorride,  grazie a Marson, Rossi e Franceschini, la Sardegna piange. Il primo piano paesaggistico del Codice dei beni culturali e del paesaggio è distrutto dal nuovo "piano casa", peggiore di quello berlusconiano di CappellacciC’era una volta un economista molto attento ai temi ambientali. E c’erano anche - queste per la verità ci sono ancora - persone molto distratte. Per l’esperto, dunque, non era facile far comprendere - neppure ai propri studenti - l’importanza, soprattutto economica, dell’uso conservativo delle risorse naturali. Il professore, però, non si arrendeva e continuava a ripetere che “i grandi investimenti immobiliari lungo numerosi tratti delle coste sarde sono interventi irreversibili e consumano in modo definitivo e particolarmente alto la natura nella quale si situano”. Per il bene comune era troppo importante che tutti capissero come “ogni investimento effettuato per aumentare il grado di sfruttamento turistico della risorsa (strutture ricettive, per esempio) ne determini un “consumo” irreversibile, e di conseguenza la qualità ambientale, l’attrattività del suo scenario naturale diminuisca”. 

In principio l’economista provò con la metafora del pastore: un esempio utile per tutta la popolazione visto che le pecore in Sardegna sono di casa da molto più tempo dei turisti. Richiamando la nota analisi di Hardin, identificò la proprietà comune di una risorsa naturale con un pascolo a disposizione delle greggi di tutti i pastori, ognuno con gli stessi diritti. E’ ovvio, ha spiegato l’economista, che tale situazione risulta sostenibile solo se le pecore consumano una quantità di erba pari al suo livello di crescita: in questo modo, non si impoverisce il pascolo e non si intacca il foraggio per il futuro. Se le greggi consumassero una misura superiore di erba, viceversa, la disponibilità diminuirebbe con un grave e irreversibile impoverimento del pascolo.

Ma perché questo dovrebbe accadere? Non dovrebbe essere nell’interesse di tutti comportarsi in modo da evitarlo? Nella risposta a questa domanda - avverte il professore - c’è l’essenza di quella che viene chiamata la “tragedia dei beni comuni”. Guardiamo la situazione con gli occhi di un singolo pastore, ha poi spiegato. Per lui portare qualche pecora in più al pascolo significa guadagnare di più, perché poche pecore trovano maggiori quantità di erba. Anche nel caso in cui il nostro pastore fosse meno egoista - ha osservato lo studioso - potrebbe comunque, convincersi che qualche altro lo sarà e quindi, tanto vale comportarsi nello stesso modo. Il pastore, dunque, aumenterà i propri benefici, creando un effetto negativo per gli altri pastori. Tale effetto negativo si chiama esternalità - ci insegna l’economista - perché i costi così provocati ricadono sugli altri e non sono pagati da chi li causa. Portando al pascolo più pecore per guadagnare di più il singolo pastore crea una situazione che da sostenibile diventa insostenibile, ma in assenza di un’autorità regolamentatrice nessuno può imputare al responsabile il costo causato da questa azione. Così ognuno verrà condotto ad agire in modo egoista, portando alla rovina collettiva: tutti aumenteranno lo sfruttamento e il pascolo sarà consumato completamente. Questo esempio, conclude l’esperto, “ha diverse applicazioni in molti campi dell’economia ambientale, compreso quello dello sviluppo turistico di una località dotata di particolari bellezze naturali e consente di individuare i meccanismi politico affaristici che spesso, in Sardegna, hanno permesso la realizzazione di interventi simili all’eccessivo sfruttamento del pascolo, in nome di una loro ipotetica (e quasi sempre del tutto ingiustificata) capacità di contribuire a risolvere il problema della disoccupazione”.
Il discorso è logico, la metafora chiarissima, eppure niente da fare, nessuno comprende, le vie Gluck si moltiplicano e tutti continuano a costruire case su case. E non lasciano l’erba. Peggio molto peggio delle pecore del pastore egoista. 

Ma il professore, tenace, non si arrende e confidando in un risveglio degli intellettuali ricorda “un risultato classico dell’economia dell’ambiente [Krutilla e Fisher (1975)], non sempre” -sottolinea - “tenuto nella dovuta attenzione dalle autorità competenti in materia di sviluppo turistico”. Da tale studio emerge che “quanto più si hanno motivi per ritenere che le preferenze dei consumatori premieranno in futuro l’alta qualità ambientale del prodotto turistico, tanto più diventa necessario essere estremamente prudenti in materia di sviluppi turistici ad alto consumo irreversibile della risorsa ambientale”. Il turismo sardo degli ultimi decenni, viceversa, “basato in gran parte sulla costruzione di seconde case spesso con alto impatto paesaggistico negativo, ha ignorato troppe volte ogni ragionevole criterio basato su qualche definizione chiara e riconoscibile di sostenibilità economica. E ci sono casi in cui la miopia o un alto tasso di sconto di rendimenti futuri possono indurre allo sfruttamento eccessivo della risorsa anche imprenditori seriamente intenzionati ad associare i propri destini economici con quelli della località turistica in cui decidono di investire”.
Questa è l’ultima spiaggia, ha decretato, infine, in un saggio di successo l’economista e “l’unica soluzione è che esista una autorità riconosciuta, che sia capace di coordinare le azioni degli individui, offrendo incentivi e impartendo sanzioni per coordinare il comportamento di ognuno in modo da ottenere l’uso ottimale aggregato della risorsa”.
Questa volta il professore, seppure dopo molti anni e a prezzo di diversi piani casa, non è rimasto inascoltato. Alcuni cittadini, che nel frattempo avevano imparato la lezione, hanno avuto un sussulto e l’hanno eletto presidente della regione, riconoscendo proprio in lui l’autorità che deve garantire “l’uso ottimale aggregato della risorsa”, l’unica che possediamo. Con la nascita del politico, però, l’economista è rimasto vittima di uno strano sortilegio e ha perso completamente la memoria. Non solo. E’ stato invaso da una vera e propria smania di consumo. E ha deciso che subito, immediatamente, qui e ora, si deve consumare tutta, ma proprio tutta, quella risorsa ambientale che per anni aveva difeso in modo strenuo e disperato. Inutilmente abbiamo cercato di fargli comprendere, usando le sue stesse parole, che “il risultato delle analisi di Krutilla e Fisher è fondamentale, perché conferma che - nell’alternativa tra conservare una risorsa naturale con valore ambientale in sé o invece usarla come input di un processo produttivo che la consuma - l’incertezza sulle preferenze delle generazioni future, aumenta la possibilità che la scelta economica ottimale per l’intera società sia quella a favore della conservazione della risorsa naturale”.
E che proprio questo “è il motivo per cui imprenditori anche molto “avidi”, anche molto poco sensibili alle bellezze naturali, possono scoprire la convenienza economica di preservare la qualità della risorsa che attrae i turisti e che non è rinnovabile”.

Ancora increduli gli abbiamo ricordato di quando sosteneva che “le analisi di tipo “costi-benefici” utilizzate in Sardegna per decidere il rendimento di un investimento di sviluppo turistico hanno ignorato questo fondamentale risultato, con la conseguenza che è stata spesso data via libera a progetti che si sono dimostrati economicamente insostenibili”. Non c’è stato verso. Questi progetti “economicamente insostenibili” devono crescere fino al 25 per cento. Un quarto del volume esistente. Non solo alberghi, resort, prime, seconde e terze case, ma anche capannoni industriali e in misura minore, centri commerciali. Centinaia e centinaia di milioni di metri cubi. E poco importa se si trovano in centro storico, in area vincolata o all’interno dei 300 metri dal mare o dagli stagni. E se sono incostituzionali e contrari all’ottimo Piano Paesaggistico. Così sarà. Lo stabilisce un disegno di legge su un nuovo Piano casa che avrà durata illimitata, ed è in corso di approvazione nel Consiglio regionale.
Abbiamo cercato di fermare questa folle frenesia, ricordando la presenza di leggi europee e nazionali che impediscono la realizzazione di un numero imprecisato di interventi senza calcolare gli effetti che questi produrranno sull’ambiente. Esiste una procedura obbligatoria - valutazione ambientale strategica (VAS) - abbiamo scritto, che impone di determinare in anticipo l’impatto delle nuove opere sul territorio. Nessuno ha risposto.
E la settimana prossima milioni di metri cubi di cemento sommergeranno per sempre la nostra ultima spiaggia.



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