I numerosi
Movimenti e Comitati Locali che negli ultimi anni son nati in Sardegna, ognuno
con la propria specificità locale, sono accomunati dall’obiettivo di opporsi
all’installazione di strutture, impianti e aziende che aggrediscono il
territorio, deturpano l’ambiente, distruggono il paesaggio e sempre più spesso
la stessa economia dei luoghi. Le iniziative contrastate dai Comitati locali, e
talvolta supportate da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, vengono
quasi sempre presentate come insediamenti da realizzarsi in nome della tutela
dell’ambiente, della valorizzazione del territorio, funzionali agli obbiettivi
del protocollo di Kyoto e quindi al risparmio energetico – naturalmente tutti
gli interventi vengono realizzati “nel pieno rispetto dell’ambiente e del
bene comune, attraverso un percorso di sviluppo sostenibile”, come si legge
nel sito
internet dell’impianto eolico di Ulassai.
Sempre più
frequentemente il protocollo di Kyoto, la conferenza di Rio, la limitazione dei
gas serra e il controllo climatico etc.. vengono utilizzati come pretesti per
giustificare ecomostri e improponibili scempi ambientali.
A partire
dalla chimica verde, che nasconde un inceneritore che condizionerà le future
produzioni agricole di centinaia di ettari imponendo la monocoltura del cardo e
non si esclude possa bruciare anche rifiuti urbani, passando per i “progetti
di miglioramento fondiario” di centinaia di ettari di fertile terreno
agricolo che vengono coperti con panelli fotovoltaici camuffati da serre o
intere vallate ricoperte da migliaia di specchi e strutture d’acciaio per
permettere la produzione di energia attraverso il solare termodinamico. Per
arrivare poi alle wind farm o parchi eolici che occupano le nostre colline con
centinaia di pali e pale con altezze superiori ai 70 mt e visibili da ogni
dove, e non paghi chiedono di occupare pure il mare con gli impianti off-shore,
poco importa se sorgeranno in prossimità del parco nazionale dell’Asinara o
dentro il golfo degli Angeli. E ancora la nuova linea di termovalorizzatori
dell’inceneritore di Tossilo fortemente contrastata dal comitato “Non
bruciamoci il futuro” di Macomer o l’impianto trattamento dei rifiuti di Arborea
contro cui lottano i cittadini della frazione di Sant’Anna in comune di
Marrubiu.
Sotto
processo è la green economy colpevole di inquinare quanto l’economia
tradizionale e che vorrebbe farci dimenticare i numerosi siti degradati e i
tanti impianti dismessi e mai bonificati disseminati per tutta la Sardegna.
Fra poco
nell’isola arriverà pure il verde doc con i 25 campi da Golf. Green nuovi di
zecca con annessi hotel, club-house e residenze, 150 villette da 180mc, per
ogni campo, per complessivi 3mila HA di terreno occupato e 3 milioni di mc
edificati. Sulla fascia costiera possibilmente!
E dopo
essersi impadroniti delle nostre parole ci stanno privando pure dei nostri
luoghi, dei nostri paesaggi, omologandoli a quelli più brutti della penisola,
facendo perdere alla nostra isola “la sua diversità, la sua varietà
d’aspetti e di caratteri di un intero continente” come la definiva Marcello
Serra.
Se qualche
geografo volesse riprendere il lavoro di Maurice Le Lannou che nel descrivere
la geografia della Sardegna nel suo libro “Pastori e Contadini di Sardegna” ha
raccontato la storia dei sardi e la struttura della loro economia nei secoli,
dovrebbe oggi probabilmente affrontare il tema del “nuovo colonialismo” che si
impone grazie anche all’opera meritoria di amministratori locali e regionali
che in nome dell’autonomia gestiscono il territorio per conto dei costruttori e
consegnano le terre fertili, le coste e l’intero paesaggio alla speculazione in
cambio spesso di semplici promesse. Dovrebbe raccontare del ruolo delle
soprintendenze anche esse troppo spesso colpevolmente assenti e compiacenti.
“Occorre
dunque una legge che «ponga, finalmente, un argine alle ingiustificate
devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più
amate del nostro suolo» diceva negli anni ‘20 Benedetto Croce presentando
la prima legge italiana sulla difesa del paesaggio. A quasi un secolo di
distanza, nonostante le tante importanti leggi che regolano la materia, da
quelle di Bottai nel ’39 all’articolo 9 della Costituzione Italiana, fino al
Codice dei Beni Culturali e Ambientali, le parole di Croce appaiono di
un’attualità sconcertante.
Soprattutto
in questa Sardegna dove si combatte ancora contro la città lineare fortemente
contrastata da Antonio Cederna quarant’anni fa. Speravamo di aver chiuso
definitivamente quel capitolo grazie alla legge salvacoste e al Piano
Paesaggistico Regionale di Soru e invece siamo daccapo.
“C’eravamo
appena procurati un Piano Paesaggistico che ce lo vogliono smontare” affermava Giorgio Todde qualche
tempo fa. I numerosi “piani casa”, la legge sul golf, e l’ultima leggina sulle
zone umide (che cancella in un sol colpo la tutela prevista dal PPR, dal codice
dei BBCC e lo stesso pronunciamento del Consiglio di Stato) hanno inferto i primi
colpi mortali al PPR. Lo scorso luglio il Consiglio Regionale ha approvato le
nuove linee guida che di fatto derubricheranno la fascia costiera da bene
paesaggistico a terra di conquista, trasformando le aree agricole in terreni
marginali al servizio della nuova speculazione immobiliare.
Per
raggiungere questo obbiettivo fanno pure carte false, impedendo il
coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni rappresentative di interessi
diffusi e nel totale disprezzo della normativa italiana ed europea e dello
stesso PPR, sulla partecipazione delle comunità ai processi decisionali. E
ancora non basta, la stessa nomina della Commissione Regionale per il Paesaggio
e la Qualità Architettonica è inficiata da atti illegittimi e dalla presenza di
associazioni di comodo. Ma questa è materia di cui si sta occupando la
magistratura cagliaritana.
Disposti a
tutto quindi, fino a demolire il più avanzato progetto di pianificazione
paesaggistica realizzato in Italia, pur di perseguire gli interessi della
speculazione immobiliare. Naturalmente in nome dello sviluppo e del progresso e
per omologare la Sardegna e il suo paesaggio ai luoghi più brutti di questa
Italia sempre più consumata e sempre più invivibile.
*Graziano
Bullegas è presidente regionale di Italia Nostra; pubblichiamo una sintesi
dell’intervento al Forum il “Tramonto del paesaggio” organizzato dai Presidi
del libro della Sardegna (9,10,11 novembre 2012)
Questo articolo è stato pubblicato sul Manifesto Sardo venerdì, 16novembre 2012 alle 00:15
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