sabato 29 settembre 2018

La ruspa: un simbolo e un programma di governo del territorio

È innegabile che il dissesto del nostro territorio sia dovuto esclusivamente all’attività umana, proprio a quel falso modello di sviluppo e progresso di cui tanto si parla. Abbiamo costruito tanto e male. Abbiamo sporcato ogni pezzetto raggiungibile di terra, tombato ogni corso d’acqua possibile, tagliato ogni albero che si frapponesse a noi. La ruspa, il braccio meccanico diventato oggi simbolo politico, è nel nostro cuore dagli anni sessanta. Sbancare, e poi sbancare e poi sbancare.L’Italia sta crollando, i ponti sono marci, le strade bucate, i costoni infragiliti dalle frane, tutto il costruibile costruito! 

I risultati della nostra opera appaiono nella loro triste realtà: inquinamento dell’ambiente e del suolo, dei corsi d’acqua e delle falde, disastri ambientali periodici. Risultati che appaiono ancor più visibili quando si contano i danni catastrofici prodotti da una pioggia abbondante o da un terremoto di media entità o ancora da un ponte che collassa, amplificati e trasformati in immani tragedie proprio dalla fragilità del territorio figlia di quella visione devastatrice. 
È emblematico che nel rapporto ISPRA 2018 sul consumo di suolo venga citata la città di Olbia tra gli esempi negativi con un incremento del consumo di suolo di 12 ettari complessivi nel periodo 2016 - 2017. Si, proprio la città dove maggiori sono stati i disastri e le morti causate dalle inondazioni negli anni precedenti.

Prima e dopo l'intervento dell'uomo

Stiamo correndo un grave pericolo per non aver saputo difendere e proteggere la nostra terra da ogni forma di egoismo predatorio e di sfruttamento, abbiamo agito come se le nostre risorse fossero infinite e l’ecosistema fosse in grado di sopportare qualsiasi oltraggio. Senza voler fare dell’allarmismo, occorre essere realisti per tentare di procedere, se ancora in tempo, verso quelle inversioni e correzioni di rotta, quelle vie di uscita che tutti indicano come indispensabili per evitare il peggio.

In Sardegna da anni si sta combattendo una battaglia impari tra cittadini, comitati, associazioni ambientaliste contro le tante sfaccettature dei nuovi colonizzatori che stanno occupando la nostra terra, la stanno inquinando, violentando, impermeabilizzando e cementificando, la stanno bombardando e avvelenando.
Le Associazioni ambientaliste sono accusate di contrastare le opere pubbliche e private e di fermare cosí “sviluppo e progresso”, nonostante da anni queste Associazioni chiedano con forza di fermare questo scempio e propongano di avviare la più grande opera pubblica indispensabile per il nostro paese, un grande progetto per la difesa dell’ambiente, del paesaggio e della biodiversità: la messa in sicurezza del territorio. 
Interventi per contrastare il dissesto idrogeologico, completamento delle reti idriche e fognarie e annessi impianti di depurazione, avvio concreto delle opere di bonifica ambientale necessarie per risanare territori fortemente inquinati dalle attività civili e militari, contrasto vero del consumo di suolo e dell’abusivismo edilizio.                                            
Bel progetto, ma mancano le risorse! Ci informano i più pragmatici.

Basterebbe “fermare per i prossimi dieci anni la realizzazione di opere inutili e impattanti e investire  tutto nella messa in sicurezza del territorio”, dichiarava qualche anno fa Franco Gabrielli, allora capo della Protezione Civile. Secondo l'Ispra occorrerebbero 40 miliardi in 15 anni per la messa in sicurezza del territorio, basterebbe la stessa cifra che si spende ogni anno per riparare i danni provocati dalle catastrofi (2,6 miliardi).
È arrivato il momento di attivare una discontinuità nella gestione della cosa pubblica ponendo un limite alla cementificazione, ripensando l’intera politica delle infrastrutture e dando priorità ai progetti utili alla comunità e cancellando quelli inutili e devastanti.
Noi chiediamo che si faccia tesoro di una sentenza del 2014 del Consiglio di Stato che suggeriva “Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi – sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti …



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