La Giunta Regionale con Delibera 3/26 del 15.1.19 ha deciso di non assoggettare a valutazione di compatibilità ambientale (VIA) la realizzazione di un nuovo campo (R140) per prove di scoppio di munizioni ed esplosivi in loc. S.Marco (Iglesias), ampliamento dell’adiacente stabilimento RWM (Domusnovas), che produce armi e munizioni. Nel comunicato che ne dà notizia l’Assessore invoca l’intervento dello Stato per bloccare la produzione di armi sul territorio Sardo e la riconversione della fabbrica. Occorre scindere i due distinti livelli, quello tecnico-amministrativo della verifica ambientale da quello politico della produzione di materiale bellico.


La propensione a seguire procedure eterodosse ha avuto un’ulteriore conferma nel corso dei lavori di bonifica da amianto in un capannone industriale, sempre di proprietà RWM, sito nella zona industriale di Iglesias (loc. Sa Stoia). Non risultano chiare le procedure di decontaminazione e di smaltimento delle circa 250 tn di rifiuti contaminati., come pure è a tutt’oggi ignoto il materiale stoccato nel capannone, la sua destinazione d’uso futura e il ruolo che il deposito dovrà svolgere nell’ambito del ciclo produttivo della fabbrica di Domusnovas.
Non è dunque frutto di mera casualità il riferimento dell’Assessore all’ “autonomia degli uffici competenti”, un richiamo che è da interpretarsi come un’esplicita “excusatio non petita”. Nel contempo è sconcertante il contenuto “politico” del comunicato se solo si riflette sui vincoli imposti dalla Costituzione. Val la pena solo rievocare l’art.11 “l’Italia ripudia la guerra….” e gli artt. 41 e 2, secondo i quali l’attività privata non può svolgersi in danno della dignità, della libertà e della solidarietà umana. Non sussistono dubbi sulle violazioni costituzionali delle produzioni belliche in questione, che dovrebbero indurre a bloccare l’attività della RWM. Se non bastasse, una legge del 1990 (la l.185) detta vincoli sulla riconversione di tali impianti da civili al settore difesa, tra cui il divieto di esportazione verso Paesi che non rispettano i diritti umani ed in assenza di garanzie sulla destinazione delle armi (art.1). Si aggiungano le Risoluzioni del Parlamento Europeo (2016, 2017 e 4/10/18) con cui, oltre alla condanna delle ripetute violazioni dei diritti umani nella guerra in Yemen, si formula l’esplicito embargo delle armi nei confronti dell’Arabia Saudita. Non mancherebbe dunque al distratto Governo sardo un sostegno normativo per mettere in angolo un riluttante Governo nazionale, prodigo di parole, avaro nei fatti! Stupisce peraltro la tardiva presa di posizione nei confronti dell’attuale Governo, se raffrontata al prolungato silenzio verso i precedenti. Nicodemismo sotto la spinta di un fine mandato, perché non si può in patria “sgombrare la VIA” e imputare ad altri l’esclusiva responsabilità della fabbrica di morte! Sarebbe stato etico interrogarsi sull’assenso alla trascorsa riconversione da civile in bellica, sull’inazione nei confronti dell’arroganza ampliativa, sull’avallo all’utilizzo di porti ed aeroporti.
A fronte di tale latenza gnomica la richiesta di riconversione della fabbrica, oltre che problematica, si palesa come la foglia di fico con cui celare le vergogna di un fallimento politico. Si continua a non voler prendere coscienza di ciò che è sotto gli occhi di tutti. Un territorio, il Sulcis, devastato dagli inquinamenti frutto di disastri industriali, condannato a nutrirsi di cieche speranze ereditate dal nascere distretto minerario, ostinato nella perseverante erosione delle risorse. Un territorio dotato di uno sconfinato patrimonio ambientale e culturale, ma che, oppresso dal calcagno del ricatto elettorale, è in endemica crisi occupazionale. Inutile piatire una riconversione sotto l’incubo della perdita di posti di lavoro destinati a svanire su pressioni internazionali. Occorre ripensare un’economia del territorio che assuma a principio la triplice sostenibilità col fine di una virtuosa circolarità. Assiomi evocati negli atti della Giunta, ma non tradotti in azioni concrete. E’ in tale prospettiva e non per vano contendere, che si colloca il ricorso al TAR avverso l’autorizzazione dei nuovi reparti produttivi R200 e R210 e proposto da Italia Nostra, altre Associazioni insieme ai Comitati territoriali uniti. Se il TAR dovesse accoglierne le motivazioni, le forze civiche vedrebbero legittimata la loro opposizione ad una nefasta politica che rende l’Isola complice di un crimine contro l’umanità.
di Mauro Gargiulo (Responsabile settore energia di Italia Nostra Sardegna)
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