mercoledì 30 gennaio 2019

No al Carbone, Si all'autoproduzione da fonte rinnovabile

Le associazioni ambientaliste della Sardegna ed ISDE propongono la riconversione del polo dell'alluminio primario in quello dell'alluminio riciclato.

Le associazioni ambientaliste, nel corso dei decenni, hanno espresso contrarietà e depositato osservazioni in vari procedimenti di V.i.a. in relazione a progetti di produzione di energia elettrica da fonte fossile, nonché in casi controversi di biomasse, termo-solare ed eolico. Le osservazioni partono sempre dal presupposto che le realizzazioni degli impianti devono avere una prospettiva di sostenibilità ambientale e paesaggistica che al contempo devono assicurare la tutela della salute e il benessere dei cittadini piuttosto che la remunerazione economica dei proponenti.

I dati diffusi dellAIE (Agenzia internazionale dellenergia) sulla mortalità nel mondo dovuta allinquinamento dellaria da fonti energetiche a combustibili fossili parlano chiaro. I veri imputati sono carbone e petrolio e causano milioni di morti premature ogni anno. Ne consegue che le associazioni ambientaliste ed ISDE- Medici per lAmbiente sostengono la chiusura delle centrali a carbone in funzione in Sardegna entro il 2025, in linea con altri Paesi europei, dicendo addio ad una fonte fossile causa in Italia di circa 8 morti a settimana e di una spesa sanitaria annua calcolata di 1,4 miliardi di euro. 

Le associazioni ambientaliste ed ISDE sostengono con forza lassoluta necessità della chiusura delle centrali a carbone in funzione in Sardegna entro il 2025 in attuazione del decreto del ministero dell'Ambiente 430 del 22 novembre 2018 con lobiettivo globale di uscire dallera fossile, entro i prossimi 20 anni, per transitare verso un sistema mondiale di produzione di energia basato sulle rinnovabili. Questo risponde a quanto previsto dallAccordo di Parigi sul Clima che punta a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi C. 


Le associazioni ambientaliste ed ISDE ricordano che, attualmente (dati piano energetico ambientale, ( https://www.regione.sardegna.it/sardegnaenergia/pears/) in Sardegna abbiamo i seguenti dati relativi alle fonti di produzione energetica: 78% termoelettrica, 11% eolica, 5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1% idroelettrico. Fonte termoelettrica: 42% carbone; 49% derivati dal petrolio; 9% biomasse. Altresì si rileva una limitata riduzione delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica solo con la sostituzione, in molte città, dellilluminazione pubblica con lampade led ad efficienza energetica, ma non è riscontrabile una coerente politica di riduzione della produzione da fonte fossile conseguente alla stessa percentuale di produzione da F.E.R. (Fonte energetica rinnovabile). Si constata lorientamento verso il metano (ritenuta fonte fossile di transizione) ma sono presenti eclatanti contraddizioni: si produce oltre il 46%d i energia elettrica in più rispetto al fabbisogno (con i conseguenti costi ambientali e sanitari), ma cittadini ed imprese pagano oltre il 30% in più lenergia utilizzata rispetto ad altre regioni italiane. Risulta difficile credere che il metano possa consentire la riduzione della bolletta dei sardi e delle imprese, più verosimile potrebbe essere listituzione di una nuova servitù energetica per un ulteriore sovrapproduzione da esportare attraverso i cavi sottomarini.

Le associazioni ambientaliste ed ISDE sottolineano che la politica ambientale dellEuropa e le stesse linee di indirizzo del Piano Energetico Regionale prevedono di contribuire allobiettivo di de-carbonizzare” leconomia riducendo entro il 2030 di almeno il 40% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai valori registrati nel 1990. 



Le associazioni ambientaliste ed ISDE ribadiscono contrarietà allutilizzo del carbone e delle altre fonti fossili ed esplicitano il proprio favore alla Fonti Energetiche Rinnovabili a condizione che esse si realizzino in aree e suoli industriali dismessi che devono essere, preliminarmente, bonificati non già con denaro pubblico, ma con quello di chi ha inquinato. Purtroppo assistiamo ancora oggi alla solita visione miope e dettata da compromessi che si rifiuta di prendere atto del fallimento del modello industriale legato alla produzione petrolchimica sarda e destinato a coprire una fascia sempre più esigua delleconomia isolana, a fronte dellinarrestabile avanzare delle attività primarie e terziarie. Questa ostinata volontà di tenere in piedi un sistema produttivo industriale anacronistico, contrastante con i modelli virtuosi e sostenibili, oltre a scelte incoerenti porta al dispendio di risorse umane ed economiche che potrebbero essere meglio indirizzate verso il settore della conoscenza e dellinnovazione. Tali ambiziosi obbiettivi sono raggiungibili attraverso labbandono delle attuali metodologie di produzione energetica affidate ai grandi impianti utilizzatori di combustibili fossili. È arrivato il momento di abbandonare lattuale sistema energetico piramidale per favorire la democrazia energetica attraverso smartg rid, efficientamento e risparmio energetico, autoproduzione con un ruolo da protagonisti per i piccoli e medi produttori-consumatori (i prosumers così come individuati nelle politiche economiche europee di settore). Favorire quindi la diffusione capillare della produzione da FER per decentrare e democratizzare il sistema di produzione garantendo un'equa distribuzione della ricchezza e nello stesso tempo combattere la speculazione energetica delle rinnovabili. 

Le associazioni ambientaliste auspicano per la Sardegna lautoproduzione da fonte rinnovabile dellenergia come accade già in alcuni comuni sardi (come recentemente documentato dalla trasmissione Rai Presa diretta di Riccardo Iacona) e, in considerazione del fatto che il maggiore consumo energetico è di gran lunga quello industriale, la trasformazione del sistema economico attuale verso quello circolare anche con la riconversione del polo dellalluminio primario di Portoscuso (Alcoa Eurallumina) in quello dellalluminio riciclato notevolmente meno energivoro e inquinante.
Lalluminio, infatti, è materiale completamente riciclabile e riutilizzabile allinfinito per la produzione di oggetti anche sempre differenti. LItalia (insieme alla Germania) è oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato, dopo gli Stati Uniti e il Giappone.
Attualmente ben il 90% dellalluminio utilizzato in Italia (il 50% nel resto dellEuropa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse proprietà e qualità dellalluminio originario: viene impiegato nellindustria automobilistica, nelledilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi.

La raccolta differenziata, il riciclo recupero dellalluminio apportano numerosi benefici alla Collettività in termini economici perché il riciclo dellalluminio è unattività particolarmente importante per leconomia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime, in termini energetici, perchè permette di risparmiare il 95% dellenergia necessaria a produrlo dalla materia prima (1), nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le emissioni inquinanti necessita di molte meno risorse naturali.
Nel 2016 in Italia sono state recuperate ben 48.700 tonnellate di alluminio, il 73,2% delle 66.500 tonnellate immesse nel mercato nello stesso anno: cosìs ono state evitate emissioni inquinanti pari a 369 mila tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 159 mila tonnellate equivalenti petrolio (dati Consorzio Italiano Imballaggi Alluminio – CIAL, 2017).    

La totalitàdellalluminio attualmente prodotto in Italia proviene dal riciclo. 
I trend confermano lItalia al primo posto in Europa con oltre 927 mila tonnellate di rottami riciclati (considerando non soltanto gli imballaggi).  
Oggi nel nostro Paese operano dodici fonderie che trattano rottami di alluminio riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 808 mila tonnellate di alluminio secondario (2015), un fatturato complessivo di oltre 1,87 miliardi di euro e circa 1.600 lavoratori occupati nel settore.       


WWF - Italia Nostra - Gruppo Intervento Giuridico - Ferderparchi - Codacons - Lipu - ISDE- Medici per lAmbiente



[1]la produzione di un kg. di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico (0,7 kwh) che equivale solo al 5% di quello di un kg. di metallo prodotto a partire dal minerale (14 kwh).





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