domenica 1 luglio 2018

Hanno deturpato le nostre coste, vogliono ultimare l'opera

Hanno costruito ecomostri lungo le coste della Sardegna, oggi ci raccontano che son troppo brutti, sono scomodi e poco “competitivi”, chiedono di poterli ampliare per rispondere alle nuove esigenze del turista etc… etc…. 
Viene da chiedersi se un edificio brutto e non più ammissibile con le nuove norme urbanistiche attuali potrà mai diventare più accettabile e più competitivo se viene ampliato, se viene dilatato in altezza e larghezza, se attorno gli si costruiscono anche con corpi separati. Poco importa se l’albergo è stato realizzato sul bagnasciuga o su un tratto dunale, su un’area protetta o a picco sulla scogliera. Le esigenze del moderno turismo balneare esigono questo ulteriore sacrifico. La risposta la lasciamo agli osservatori attenti che conoscono le nostre coste, che hanno visto tanti ecomostri ergersi nei tratti più caratteristici della costa, e che sanno anche di chi sono le responsabilità del deturpamento di importanti tratti di fascia costiera.
Riportiamo una risposta dell’architetto Sandro Roggio all’intervista rilasciata all’Unione Sarda di oggi dal presidente di Federalberghi della Sardegna Paolo Manca.
Qui sotto l’articolo del giornale


A PAOLO MANCA - FederAlberghi sull'intervista di oggi a L'Unione Sarda.

Presidente, quando leggo le sue interviste intuisco che non le importa granché del paesaggio nostro (e pure suo). Non mi stupisco che sia indifferente alle ragioni alte della tutela dei luoghi, l'interesse pubblico a non derogare come è scritto in numerose sentenze della Corte (il paesaggio prevalente su ogni interesse economico). Ma trovo incomprensibile, e un po' indisponente, la sua superficialità nella valutazione di altre opinioni, specie il suo malcelato fastidio verso le osservazioni della Cgil come ha fatto nella intervista a L'Unione Sarda di oggi.
 Se rileggesse senza pregiudizi le cose che dice da tempo Michele Carrus, scoprirebbe, seppure in ritardo, che è meglio ascoltarsi davvero per arrivare a una buona composizione delle esigenze, comprese quelle dei suoi associati.
Gli alberghi sotto settanta camere dovrebbero crescere – secondo lei – perché “al di sotto non si può fare impresa”. Boh. Per contro sembra rassegnato a una apertura di soli tre mesi per quanto ammetta che gli alberghi vuoti in autunno/inverno siano un male – dice (il vero grande male dico io e so di chi è la colpa su cui, chissà perché. lei preferisce sorvolare). 
Ma se desse un'occhiata alle attrezzature ricettive nei paesaggi più ambiti/tutelati del Belpaese – come la fascia costiera sarda – capirebbe che non tutti stanno sopra la soglia magica, e non per questo puntano i piedi per soprelevare o allargare ogni attrezzatura. Specie quelle fortunate nei contesti speciali che se li perdi è per sempre. È così nelle città storiche come nelle campagne piemontesi o toscane o pugliesi, o nelle marine prestigiose del Continente, dove si sa che la ragione del viaggio non è la maxivasca idromassaggio di cui tuttavia capisco l'importanza.
Immagino che lei lo sappia: in Europa i piccoli hotel di charme, in genere aperti tutto l'anno, hanno avuto un culmine di gradimento (e di rivalutazione economica). Se gli operatori del turismo avessero tenuto conto delle prefigurazioni più intelligenti, ad esempio di Aci-Censis, sarebbero meno in ritardo nell'approccio al tema. O almeno più determinati nella rivendicazione di accessibilità 12 mesi su 12. 
Aerei-navi-strade interne, altro che più volume- più camere.


E comunque saremmo sulla buona strada se FederAlberghi seguisse analisi più evolute, tipo quelle del prof. Pigliaru. Il quale ha scritto più volte a proposito del patrimonio-paesaggio; definito esauribile, ricordando a tutti noi che “... ogni investimento effettuato per aumentare il grado di sfruttamento turistico della risorsa (strutture ricettive, per esempio), ne determina un 'consumo' irreversibile, con conseguenze sulla qualità ambientale”, per cui l'attrazione dello scenario naturale diminuisce eccetera- eccetera. Provi a parlargliene e vedrà che l'on. Pigliaru la convincerà a smetterla con il suo jingle.
Se poi decidesse di sentirsi con Mario Ferraro di Qatar Inv le spiegherebbe nei dettagli quello che ha detto l'altro giorno a Repubblica.it. Sulla propensione a “tenere la costa Smeralda così come è, ovvero una meta di turisti di fascia alta". Come vede c'è una corrente di pensiero che teme di scontentare i turisti, quelli che pagano volentieri un sacco di soldi per ciò che vedono attorno all'albergo, sempre più insofferenti verso il sovraffollamento in riva al mare (di cui scrive oggi L'Unione Sarda).
Insomma colpisce la sua visione zeppa di luoghi comuni come l'ingenuità di pensare che gli armadi degli alberghi per l'estate non contengano i giubbotti che servono d'inverno. 
Credo che dovrebbe essere più lungimirante. Da troppi anni siamo in molti – compreso Michele Carrus – a dire che le seconde case sono una iattura. Non abbiamo mai sentito gli albergatori schierati contro questa proliferazione, forse per quella visone miope che la densità fa bene al turismo. Lei lo fa oggi. Evviva e benvenuto nonostante il ritardo. Questo sì è un aspetto ben regolato dal Ppr che non le piace, secondo il quale le seconde case in fascia costiera non sono ammesse.

Infine una domanda: quali sono le norme incerte nelle disposizioni di oggi? Se fossero quelle della fase transitoria in attesa dei Puc adeguati, dovrebbe insistere presso la Regione perché siano commissariati i comuni che conservano strumenti urbanistici del secolo scorso. Credo che su questo troverebbe il consenso di tanti.
Sappia che sono tra quelli che riconosce l'esigenza di adeguare gli alberghi agli standard delle dotazioni impiantistiche. Anche con incrementi ragionevoli di volume che solo i comuni possono valutare nel merito.
Sandro Roggio


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