Il Comitato S’Arrieddu per Narbolia e le Associazioni Adiconsum, WWF e Italia Nostra esprimono una forte soddisfazione per il pronunciamento del TAR Sardegna che , con la Sentenza n° 599/2014 dispone l’annullamento di tutti gli atti impugnati, sia quelli
autorizzativi del Comune di Narbolia che quelli di sanatoria della Regione
Sardegna (Assessorato Agricoltura), condannando anche alla refusione delle
spese le medesime Amministrazioni.
Cartello del cantiere |
COMITATO S’ARRIEDDU PER NARBOLIA
A inizio 2012 un gruppo di cittadini narboliesi vengono a sapere che è stato approvato,e stanno per iniziare i lavori di costruzione, di un impianto di serre fotovoltaiche per la produzione di energia. Preoccupati per l’enormità dell’impianto, che dovrebbe sorgere nei migliori terreni agricoli, completamente irrigati, del loro paese, si costituiscono in un Comitato Spontaneo dal nome S’Arrieddu per Narbolia, prendendo il nome da una parte dei terreni che verranno occupati. Dopo varie peripezie riescono ad avere dal Comune copia dei progetti i quali, una volta esaminati, rivelano che si tratta di 1614 serre da 200 mq ciascuna, che copriranno 32 dei
I terreni, del valore di 12.000 euro a ettaro e appartenenti a tre diversi proprietari, saranno acquistati dalla Enervitabio, srl di Paolo Magnani di Ravenna, al prezzo di 40.000 euro a ettaro.
Il Comitato con il sostegno di Adiconsum Sardegna e Italia Nostra
Sardegna, ai quali in seguito si è aggiunto anche il Wwf Sardegna, dopo aver
attentamente esaminato i progetti scopre che non si tratta di produzione di
prodotti agricoli, come prevede la legge, ma di produzione di energia,
cambiando così la destinazione d’uso di importanti e fertili terreni agricoli. Il
progetto è stato approvato dal Comune con la pratica semplificata Suap, e non
dalla Regione, come sarebbe dovuto essere, con l’Autorizzazione Unica, senza
una Valutazione d’Impatto Ambientale, senza un vero piano di dismissione, smaltimento
e ripristino, senza un vero e credibile piano agronomico che dimostri la
prevalenza agricola dell’intera operazione e senza la dimostrazione del
possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Vengono
appurati quindi numerosi vizi di competenza, procedurali e di illegittimità e
per tali motivi, dopo aver chiesto al Comune la revoca in autotutela delle
autorizzazioni rilasciate, richiesta rimasta inevasa, vengono inviati diversi esposti
ai vari Enti coinvolti (Comune, Regione, Noe, Gse, ecc.), ai quali si
aggiungono poi anche le Procure di Oristano e di Cagliari, il Tar Sardegna e il
Tar del Lazio e le interrogazioni presntate, prima al Consiglio Regionale da
Claudia Zuncheddu (componente del Gruppo Misto) e poi al Parlamento da Roberto
Cotti (Movimento 5 Stelle). Vengono organizzate diverse assemblee popolari e azioni
di protesta durante una delle quali due allevatori, aderenti al Comitato, che
cercano di bloccare le centinaia di betoniere che vanno e vengono
incessantemente, vengono arrestati, processati per direttissima e condannati a
3 mesi con la condizionale.
Il Comitato organizza pranzi solidali, concerti e convegni e viene
spesso invitato a manifestazioni di altre organizzazioni e comitati per
testimoniare la sua esperienza. Durante tutti questi anni di lotta e
mobilitazione il Comitato si è sempre reso propositivo cercando di far capire
che il suo scopo non è il semplice contrasto ad una simile dannosa imposizione,
ma oltre alla richiesta del ripristino della legalità e del danno ambientale ha
sempre evidenziato il fatto che si tratta ancora una volta di progetti piovuti
dall’alto, spesso con la connivenza di pubbliche istituzioni e senza aver
coinvolto la popolazione locale nel prendere decisioni così impattanti e
importanti per il territorio. Ha sempre evidenziato che ci troviamo ancora una
volta di fronte all’agevolazione del monopolio della produzione e distribuzione
di energia, mentre invece con un’accorta gestione degli incentivi statali si
sarebbe potuto raggiungere, risparmiando, l’obbiettivo della costruzione di
impianti di produzione di energia per l’autoconsumo, determinando così una
“democrazia energetica” diffusa nel territorio. Ha sempre evidenziato che ci
troviamo di fronte a un vero e proprio accaparramento di terreni agricoli, per
di più per scopi puramente industriali e speculativi, e che se almeno una parte
dell’enorme mole di incentivi destinati alle energie rinnovabili sarebbe stata
destinata alla incentivazione e valorizzazione del comparto agricolo regionale,
con particolare attenzione ai piccoli e giovani agricoltori, sarebbe stato
agevolato il raggiungimento di una certa sovranità alimentare, diminuendo
drasticamente l’importazione dell’80% dei prodotti per il consumo
agroalimentare dell’Isola e agevolando la creazione di veri e stabili posti di
lavoro.
Tutte queste lotte hanno portato ad una prima vittoria, che riveste grande importanza giuridica -
per gli aspetti giuridici vedi l’intervista sul Blog Democrazia Oggi all’avv. Paolo Pubusa, che ha seguito il procedimento davanti al TAR assieme al collega avv. Riccardo Caboni - http://www.democraziaoggi.it/?p=3520 - politica e sociale non solo per il Comitato e per Narbolia, ma per tutte le lotte e i Comitati sparsi per tutta
Nella conferenza stampa, tenutasi nei locali della Sezione Avis di Oristano venerdì 18 luglio 2014, il Comitato e le Associazioni aderenti (Adiconsum Sardegna, Italia Nostra Sardegna e Wwf Sardegna) hanno illustrato la sentenza, i suoi aspetti giuridici e le sue motivazioni, ma hanno anche espresso i loro pareri sulle conseguenze e le opportunità che essa può offrire. È stata l’occasione per rilanciare l’impellenza di un serio e funzionale Piano Energetico Regionale e per ribadire l’importanza che le energie rinnovabili rivestono nello scenario economico della Sardegna, quando queste garantiscono il fabbisogno energetico dell’intera comunità sarda e non siano invece funzionali alla speculazione energetica e all’accaparramento delle terre da parte di affaristi senza scrupoli.
Sono stati ripercorsi brevemente i momenti cruciali di questa storia evidenziando i numeri, le molteplici criticità dei progetti, delle procedure adottate, i molteplici esposti presentati e le varie posizioni, spesso anche scorrette nei comportamenti, tenute dal Comune di Narbolia e dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura i quali, più che agire per il bene comune, della collettività, hanno agito per interessi di pochi, potenti e privati.
E stato evidenziato come la sentenza dimostri inequivocabilmente che le
procedure utilizzate, sia dal Comune che dalla Regione, e i progetti approvati
siano completamente illegittimi e che l’impianto, in quanto abusivo, dovrà
essere obbligatoriamente smantellato. Le motivazioni della sentenza inoltre
evidenziano anche l’importanza del problema ambientale che è stato
sottovalutato, se non addirittura ignorato, dagli enti preposti ai controlli, e
l’importante ruolo svolto dai cittadini, singoli e associati, e delle
Associazioni a difesa del territorio, dell’ambiente e del bene comune.
Il Comitato ha ringraziato tutti coloro che hanno sostenuto questa causa,
soffermandosi poi sull’importanza della sentenza per le moltissime vertenze in
atto contro la costruzione maldestra e prepotente di impianti di energia
rinnovabile, sulla maggior forza che essa può dare alla richiesta di moratoria
sulle autorizzazioni e costruzione di tali impianti recentemente presentata dai
Comitati Sardi InRete e dal Coordinamento Sardo Non Bruciamoci il Futuro al
Presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, nella richiesta di
salvaguardia dei terreni agricoli e nell’incentivazione del comparto agricolo
sardo.E’ stato evidenziato come questa vittoria dimostri, una volta di più, che anche comuni cittadini, spesso etichettati come visionari, possono lottare contro i poteri forti e possono ottenere risultati positivi …. possono vincere. Conferma come qualsiasi cittadino o associazione coinvolta dagli effetti di progetti così invasivi sono legittimati a resistere in giudizio. La sentenza acquista grande importanza dal punto di vista giuridico anche perché ha evidenziato in modo molto circostanziato e motivato l’obbligo e l’importanza, in base alle convenzioni internazionali ed in particolare
Il Comitato ha poi dichiarato che ora la sentenza sarà posta
all’attenzione del Comune di Narbolia, che dovrà prendere decisioni
conseguenti, del Gse, che gestisce gli incentivi statali per le energie
rinnovabili e che resiste di fronte al Tar Lazio contro la Enervitabio avendola
cancellata dal registro nazionale degli incentivi e delle Procure di Oristano e
di Cagliari che sono state interessate da diversi esposti e che stanno
indagando sulla vicenda.
Non secondario è il fatto che il Comune e
Il punto però su cui si sono maggiormente soffermati il Comitato e le
Associazioni aderenti riguarda quello degli sviluppi positivi che questa
sentenza può offrire. Il Comune infatti si troverebbe in questo momento obbligato
a chiedere lo smantellamento dell’impianto che si configura a tutti gli effetti
come abusivo. Nel caso in cui lo smantellamento non avvenisse, cosa molto
probabile a causa degli ingenti costi, che prevedono anche il ripristino dei
terreni danneggiati, il Comune potrebbe requisire l’impianto ed acquisirlo al
suo patrimonio. A questo punto lo scenario sarebbe molto variegato. Ecco alcuni
degli spunti proposti.
a.
Cedere ad agricoltori narboliesi e del circondario
che ne facessero richiesta parte delle serre, liberate dai pannelli sui tetti;
b.
Utilizzare i pannelli smontati per montarli sui
tetti degli edifici pubblici comunali e cedere l’eventuale sovrappiù alle
imprese narboliesi;
c.
Utilizzare una parte della corrente prodotta per
soddisfare le esigenze di tutto il paese (l’impianto è in grado di produrre
corrente per circa 14.000 famiglie e le famiglie di Narbolia sono 600, quelle
dell’Unione dei Comuni del Sinis-Montiferru sono circa 6.000;
d.
Offrire alle imprese che si stabiliscono, investono
e assumono nel territorio di Narbolia la gratuità dell’energia loro necessaria
per un certo numero di anni, creando così altre opportunità di lavoro, non solo
per Narbolia;
e.
Utilizzare gli incassi della corrente venduta e la
vendita delle serre non utili, per il ripristino dei terreni agricoli
danneggiati;
Il Comitato ha concluso la conferenza stampa quindi in modo propositivo,
confidando che l’Amministrazione Comunale e la popolazione di Narbolia sappiano
approfittare della situazione per riprendere in mano la possibilità di decidere
del proprio territorio e del proprio futuro per il bene di tutti.
I Comitati Sardi
InRete
La storia recente della Sardegna ci restituisce un territorio costellato di progetti calati dall'alto e dall'esterno, progetti i cui benefici restano in capo alle lobbies economico-finanziarie che li propongono lasciando alla collettività i danni ambientali, sociali ed economici, ed i relativi costi, da essi causati e lasciando dietro di sé un substrato sociale ed economico incapace di provvedere autonomamente alle proprie necessità. Questa storia ci restituisce comunità sfilacciate, un paesaggio ferito, un territorio privato delle competenze e delle popolazioni che ne garantiscano la tenuta e l'assetto, colpito da altissimi livelli di disoccupazione, povertà, disagio sociale, spopolamento, abbandono delle campagne, dissesto idrogeologico, sottrazione di estensioni vastissime di territorio destinati a usi militari e industriali, con annesso inquinamento che si ripercuote sulla salute pubblica.
È in un quadro così delineato, che senza la complicità della classe
politica e amministrativa e a comportamenti complici della società sarda non si
sarebbe mai potuto comporre, che nasce l'esigenza da parte delle popolazioni di
reagire, resistere e ricostruire. L’obbiettivo che ha spinto diversi Comitati spontanei
e Associazioni provenienti da ogni parte della Sardegna a mettersi InRete è
quello di unire le voci, le competenze e la passione per difendere il rispetto
per le comunità, i loro diritti, le loro esigenze e la loro progettazione del
territorio, nella consapevolezza che il bene collettivo è un valore superiore
all'interesse individuale. Solo in questo modo sarà possibile spezzare il senso
d'impotenza su cui marciano gli speculatori e riprendere in mano il proprio
destino, proponendo un modello di organizzazione sociale che si basi sulle reali
esigenze delle popolazioni locali e impegnandosi a ricostruire un senso di
comunità e appartenenza che possa immaginare un futuro e resistere ad un uso
del territorio che emargina chi lo abita, costringendolo a vivere da straniero
in casa propria o ad emigrare.
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