Assemblea popolare a Bitti
Sabato 17 marzo 2018
La locandina dell'evento |
Come se non bastassero le proposte di Centrali termodinamiche nel Campidano di Cagliari e nel Nord Sardegna, le serre fotovoltaiche di Narbolia e di Campu Giavesu integrate da una coltre di pannelli solari da tempo distesa sul suolo sardo, la frammentazione dello skyline dei crinali montani indotta da torri e rotori, ecco spuntare la proposta dell’ennesimo campo eolico in un santuario della memoria e del paesaggio sardo quale è quello che abbraccia i territori di Bitti e Orune. La speculazione energetica non conosce soste, né ritegno, e continua a fare incetta di suolo e risorse isolane, mentre una classe politica, pur delegittimata dalla recente tornata elettorale, assiste passiva, incapace anche di mera indignazione.
I tredici aerogeneratori, governati
in remoto, alti 145 mt (un palazzo di 50 piani!), che si vorrebbero impiantare
a sa Gomorretta a un tiro di schioppo da Bitti, su uno di quei rari pianori
destinati da secoli all’allevamento dovrebbero essere, secondo la proponente
Siemens-Gamesa, non solo immuni da impatti ambientali negativi, ma costituire
l’ennesima proposta di volano economico per un territorio reso esangue dalla
modernità nelle sue migliori risorse. Ma Bitti non ci sta! Le donne, ancora una
volta le donne sarde, prendono le redini della comunità e respingono l’ennesimo
tentativo di predazione da parte di una multinazionale nei confronti della
Sardegna, costituendo un comitato, ennesima risposta collettiva all’arroganza
del capitale. Ed a fianco a loro sono gli intellettuali e gli artisti, la
radice autentica della cultura identitaria. Esemplari in tal senso sono gli
articoli di Bachisio Bandinu e Diego Asproni, apparsi di recente sui
quotidiani, che ospitiamo con piacere sul blog di Italia Nostra. Esemplari sia
per la complementarità sinergica dei contenuti, sia per la spontanea
manifestazione di amor filiale che trasuda da ogni lemma dei due scritti. Essi sono
la voce dell’intera comunità e soprattutto di quel mondo pastorale che nella
dignità del silenzio cerca con diuturna fatica risposta al suo diritto di
esistere. E’ quel diritto che noi ambientalisti ci ostiniamo a tutelare e che i
falsi profeti della modernità calpestano ed è in difesa dell’inalienabile principio
dell’autodeterminazione delle comunità che Italia Nostra ha fatto la sua scelta di campo.
La speculazione energetica ha ormai
da tempo messo le mani sulle fonti rinnovabili, supportata da una disponibilità
di capitali spesso di dubbia provenienza e da una legislazione permissiva che
ha utilizzato il grimaldello della deregulation per scardinare l’armatura della
pianificazione. Un attacco senza precedenti all’ambiente ed al paesaggio che ha
costretto noi, da sempre paladini della diffusione distribuita delle
rinnovabili, a dover difendere territori e comunità dalla concentrazione dei
sistemi industriali di sfruttamento. Ancora una volta il Mida-Capitale ha
trasformato nella ricchezza di pochi quella che poteva e doveva essere una
presa di beneficio collettivo. Le
cospicue risorse economiche drenate dallo Stato ai cittadini inconsapevoli si
sono trasformate per incanto nella tragedia dei beni comuni e nella rendita
passiva del capitale finanziario. È in conseguenza del perseguimento di una
tale logica distruttiva che da tempo siamo costretti a combattere con armi
spuntate l’ennesimo sacco dell’immensa risorsa della Sardegna: i giacimenti
energetici.
Bitti, come Cossoine,
Gonnosfanadiga, Guspini, Decimoputzu, San Quirico, Vallermosa, Villasor, Narbolia
e tante altre comunità hanno quasi per partenogenesi visto la nascita di
Comitati - come il comitato civico 'Santu Matzeu" recentemente costituito dai cittadini di Bitti - sorti a difesa dei territori, inedita forma di partecipazione
democratica, nuova coscienza civile, destinata, ne siamo certi, a sostituirsi
ad una classe politica autoreferenziata, incapace di esercitare una Governance
del territorio se pur limitata alla sola formulazione normativa, che pretende,
dulcis in fundo, di dare lezioni a “Scuola di paesaggio”!
MAURO GARGIULO (Referente Italia
Nostra Sardegna Settore Energia)
Facebook - Comitato popolare Santu Matzeu
Bitti - La centrale eolica che avanza e il silenzio di un paese.
di Diego Asproni (*)
All'inizio spuntavano in Su Campu,
Santu Juanne, Berchiniai, Sa Patzata, Santu Matzeu, nelle cime e nei crinali
battuti dal vento, nell'orizzonte lontano. Ora le vediamo nascere a poca distanza
dal paese. Dopo aver visto spuntare l'ultima, alta, dietro i tetti del liceo,
aspettiamo la prossima magari a Cucureddu o a Sant'Elias, sopra l'abitato.
Di chi sono le pale eoliche?
Alcune sembra siano proprietà di
aziende agricole del posto, altre si dice siano di imprese straniere, francesi
forse. Società che per sistemare una pala in un terreno privato pagano 20.000 €
subito, o un canone di affitto di 200 € mensili per venti anni.
Insomma, nel nostro territorio
abbiamo una centrale eolica da 2,5 MW, con 30-40 pale.
È un investimento importante, forse
cinque forse dieci milioni di euro. Ma per dire il vero sappiamo poco, molto
poco.
Sappiamo poco e sembra che siamo
anche poco interessati a conoscere. Eppure è una faccenda che ci riguarda.
È il nostro territorio coinvolto,
quello più lontano e anche quello vicino alle nostre case. Non dobbiamo
preoccuparci? Oppure si? Ci sono rischi di inquinamento acustico?
Paesaggistico?
Perchè di una presenza così
importante si parla così poco? Perchè neanche una parola nel programma
elettorale e nelle dichiarazioni programmatiche all'atto dell'insediamento del
Consiglio Comunale?
La storia si ripete sempre, ma noi
facciamo fatica a ricordare.
Della petrolchimica che ha ingoiato
migliaia di miliardi nulla è rimasto. Solo le malattie e i tumori, in eredità.
Inquinato il territorio, distrutta l'economia agricola.
Quaranta anni fa arrivò a San
Giovanni a Bitti, un imprenditore tessile. Il miracolo delle quattro fabbriche
e delle 180 operaie che trovarono lavoro durò appena 12 mesi.
Poi, intascati i dieci-venti
miliardi del tempo, il bergamasco se la svignò senza che nessuno gli chiedesse
nessun conto. E il paese si avviò ad essere abbandonato: dal 1981 al 1991 perdemmo 1000 abitanti.
A chi conviene questo affare delle
pale? Non mi sembra poi un grande
affare, 200 € al mese di affitto in cambio di una servitù che ricade non solo
sul terreno, ma anche nel paesaggio.
Chi è che ci guadagna veramente?
A cosa serve chiedere
riconoscimenti all'UNESCO sulla bellezza e unicità del nostro territorio, se
poi noi stessi non siamo capaci di apprezzarne e tutelarne il valore? A che serve far parte del PARCO DI TEPILORA se
non esistono vincoli e luoghi da rispettare?
Sessanta e cinquanta anni fa
vennero cancellati gli affreschi nella volta della chiesa di San Giorgio e
venne distrutta la chiesa di Nostra Segnora del Miracolo. Anche allora buona
parte del paese rimase muta, aspettando la distruzione.
Ma con il passare degli anni, il
rimpianto per quella grave perdita si è fatto strada nel cuore di ognuno di noi
e non ci ha più lasciato.
Stiamo attenti: il destino di un
territorio non è segnato da una strada obbligata. Possiamo, dobbiamo essere noi
gli artefici del nostro destino. Non possiamo venderci per così poco.
Così scrivevo il 3 luglio del 2017.
Ora, a metà febbraio 2018, da una
denuncia del deputato Mauro Pili, veniamo a sapere di una grande centrale
eolica da 45 MW, progettata nelle montagne dei comuni di Bitti e di Orune.
A leggere il progetto, presentato
al Ministero dell'Ambiente il 29 dicembre 2017, capiamo subito che i guadagni
andranno alla Società Siemens-Gamesa. Il
vento, la risorsa dei paesi delle alture, diventato energia e ricchezza da esportare non porterà nessun
beneficio a Bitti e Orune.
I territori di queste comunità,
anzi, verranno danneggiati nell'immediato e nel tempo, irrimediabilmente. Questa
centrale eolica (ma anche le altre pale già installate nel territorio) ci
impoveriscono perché prendono molto senza lasciare nulla di significativo in
cambio.
È nostro dovere lottare per fermare
questa rapina.
(*) L’articolo è stato pubblicato sulla Nuova Sardegna del 9 marzo 2018
Stanno rubando il nostro futuro.
(*) di Bachisio Bandinu
Il parco di Tepilora è stata una grande conquista ma ora sull’altopiano di Bitti è arrivato un altro parco che porta la tecnologia più avanzata: 13 torri faranno corona ai rilievi di Gomoretta, 850 m dal livello del mare: si ergeranno maestose per un’altezza di 150 m, mulini a vento di 50 piani, il più grande in Sardegna. Il progetto è un inno all’ambiente, allo sviluppo economico, al turismo, alla ricerca tecnologica, all’occupazione ed alla formazione professionale. Un pacchetto di opportunità che non bisogna lasciarsi sfuggire, ne va di mezzo il futuro glorioso del paese. C’è persino un ritorno di immagine per il paese perché il parco sarà un elemento di istruzione per le scuole, oggetto di visita per turisti e visitatori, con conseguente incremento di ristoranti, bar, alberghi. E tutto naturalmente nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità, ma non c’è bisogno di rimarcarlo, è del tutto ovvio.
Il parco di Tepilora è stata una grande conquista ma ora sull’altopiano di Bitti è arrivato un altro parco che porta la tecnologia più avanzata: 13 torri faranno corona ai rilievi di Gomoretta, 850 m dal livello del mare: si ergeranno maestose per un’altezza di 150 m, mulini a vento di 50 piani, il più grande in Sardegna. Il progetto è un inno all’ambiente, allo sviluppo economico, al turismo, alla ricerca tecnologica, all’occupazione ed alla formazione professionale. Un pacchetto di opportunità che non bisogna lasciarsi sfuggire, ne va di mezzo il futuro glorioso del paese. C’è persino un ritorno di immagine per il paese perché il parco sarà un elemento di istruzione per le scuole, oggetto di visita per turisti e visitatori, con conseguente incremento di ristoranti, bar, alberghi. E tutto naturalmente nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità, ma non c’è bisogno di rimarcarlo, è del tutto ovvio.
Il progetto esalta gli effetti
sullo sviluppo socioeconomico della comunità che saranno rilevanti nella debole
economia locale, in un territorio attualmente utilizzato a soli fini agricoli e
di pastorizia. Ma non sono di secondaria importanza le straordinarie virtù del
parco nel creare occupazione e porre fine al fenomeno migratorio e allo
spopolamento. Insomma un toccasana per le difficoltà economiche ed occupazionali
del territorio.
Ma c’è di più: sull’altopiano di
Gomoretta sorgerà una nuova coltivazione che si chiama “coltivazione
energetica, un giacimento energetico rinnovabile” dove i giovani bittesi
saranno avviati a nuove professionalità di tecnologia avanzata: un sapere che
poi potranno spendere in giro per il mondo. Insomma un capolavoro di ingegneria
naturalistica e di formazione scientifica
Se non si trattasse di un dramma
che incombe sulla comunità bittese, a leggere il progetto ci si troverebbero spunti
di comicità. Una narrazione falsificante, fatta di iperboli mistificanti.
C’è persino un’analisi
storico-antropologica del paese con una chicca etimologica che fa derivare il
nome di Bitti da Victi, i vinti: un lapsus davvero significativo sul destino
del paese, proprio grazie al parco eolico.
Lasciando da parte la parodia,
l'eolico si sta rivelando un pozzo senza fondo degli affari e dei profitti
delle multinazionali. La Sardegna si mostra indifesa di fronte alle
multinazionali dell’energia che vedono un affare sicuro nelle rinnovabili
grazie a incentivi, contributi, esenzioni, con profitti enormi
La condizione di indigenza dei
paesi sardi porta i comuni a vendere territorio, risorsa ambientale, per
sopperire ai bisogni più necessari della popolazione. E’ la terribile legge
della povertà ma anche l’incapacità di progettare uno sviluppo più consono agli
interessi della gente nell’immediato e nel medio termine.
Bastano pochi vantaggi di minor
spesa in energia elettrica e qualche occupato in più per alienare terreni,
compromettere l’ambiente e trovarsi poi con un cimitero di ferraglia da
smaltire.
Interessi capitalistici
internazionali, decisioni politiche, vantaggi economici privati ci sottraggono
beni ambientali e rubano risorse ai sardi. Una parte importante del bene
ambientale ce lo siamo già venduto. Non ci rendiamo conto di quanto c’è stato
sottratto, di quanto non abbiamo saputo difendere. Ma ciò che ancor più ci
preoccupa è che ci hanno rubato una parte di futuro.
Oggi la questione più importante della
Sardegna è la corretta amministrazione del territorio. Occorre prendere
coscienza pubblica che il capitalismo speculativo dell’energia ci sta
sottraendo il suolo che abitiamo, che calpestiamo. Il valore ambientale è la
risorsa più importante della Sardegna, una risorsa che dovrebbe investire una
nuova economia agro-pastorale, la produzione alimentare biologica, il turismo
delle zone interne, la qualità della vita e della salute.
Quale risposta dare a questo teatro
dove si giocano interessi economici esterni all’isola e contro l’isola?
A Bitti si è costituito un
“Comitato per il NO al parco eolico di Gomoretta” che vuole fare luce su molti
aspetti oscuri. La notizia la si è saputo da un articolo di giornale. Perché la
popolazione non è stata informata? Si attende una posizione chiara e netta
dell’amministrazione comunale. Ricordando che non valgono i giochetti dei
vantaggi sulla bolletta della luce e sulla modesta e provvisoria occupazione,
di fronte al danno ambientale e alla alienazione del territorio. Non si può
vendere l’identità territoriale per un piatto di lenticchie, anche se ben
condite.
C’è un fatto fondamentale da
precisare: la Sardegna presenta già un surplus energetico pari al 43% della
produzione, insomma produciamo energia più di quella che consumiamo, per poi
pagarla il 30% in più! Dunque produciamo energia per venderla, per il
continente, ma i profitti non vanno ai sardi ma ai capitali internazionali. Noi
ci rimettiamo territorio, bene naturalistico e ambientale, paesaggio e bellezza
che sono autentiche risorse economiche.
Ma c’è anche una questione che
riguarda la gerarchia costituzionale dei valori. Sentenze della Corte
costituzionale hanno sancito che il “valore primario del paesaggio non può
essere subordinato ad altri valori ivi compresi quelli economici, anzi deve
essere capace di influire profondamente sull’ordine economico sociale”.
Per l’ambiente si decide tutto a
Roma: un fatto da tenere presente, nel ricordare i settant’anni dello Statuto.
Ci stanno rubando persino il vento e
il sole. Noi non sapevamo, ora sappiamo: che ce ne facciamo di questa sapere?
Una cosa è certa: se la popolazione di Bitti prende coscienza e si oppone con
decisione non esistono altre forze che impediscano la vittoria. Semus meres in
domo nostra.
Salute e triccu Bachis
(*) L’articolo è stato pubblicato sulla Nuova Sardegna del 1 marzo 2018
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