L'arrivo del metano in Sardegna non produrrà gli effetti promessi
nella lotta al riscaldamento globale e contribuirà ad accrescere le già
importanti ricadute negative in ambito sanitario derivanti dalla combustione
delle fonti fossili. Il progetto, in realtà,
nasce già obsoleto per la rapidità con cui si stanno sviluppando le tecnologie
di produzione e accumulo delle fonti rinnovabili, e forti dubbi permangono
anche sulla diminuzione del prezzo dell'energia. Piuttosto è certo che il gas
sottoporrà l'Isola a una nuova servitù.
Governo e giunta regionale puntano sulla metanizzazione della
Sardegna, rinunciando così alle opportunità offerte da un nuovo corso
energetico basato sull'efficientamento della rete attuale e sulle rinnovabili
per l'autoconsumo, proprio mentre il mondo comincia a correre in questa direzione.
Solo favorendo -anche attraverso incentivi e agevolazioni fiscali-
il modello della generazione distribuita e intelligente da fonti rinnovabili,
alternativo rispetto al modello degli impianti di grossa taglia, è possibile
creare valore aggiunto ad impatto quasi zero e una reale indipendenza
energetica per cittadini ed aziende, oltre a prevenire la dipendenza energetica da
altri Stati.
Non solo: l'eccessiva
capacità di stoccaggio del Gas Naturale Liquefatto (GNL) prevista dalla
Strategia Energetica Nazionale (SEN) rivela che la Sardegna è destinata a
contrarre una nuova servitù, a trasformarsi, cioè, in una piattaforma del GNL
al centro del Mediterraneo, chiamato a gestire la fase calante del mercato del
gas. Sul piano interno, inoltre, tale capacità di stoccaggio può indirettamente
favorire lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi allo stato gassoso nel
Mar di Sardegna e sulla terra ferma, incrementando inoltre il consumo di suolo
(oltre 5000 ettari), già fuori misura per l'uso distorto delle fonti
rinnovabili. Insomma, la scelta del metano appare figlia di un
rivendicazionismo fuori dal tempo (“La Sardegna è l'unica regione italiana a
non avere il metano”) e della solita politica eterodiretta ad appannaggio di
terzi che perpetuerà la dipendenza dai combustibili fossili.
Per quanto olio
combustibile o carbone abbiano un impatto emissivo superiore in termini di CO2,
giova ricordare che il metano è esso stesso un gas serra 25 volte più
efficiente della CO2 nel trattenere il calore della radiazione infrarossa,
quindi eventuali fughe di CH4 immetterebbero in atmosfera un gas 25 volte più
attivo della CO2 nell'incrementare il riscaldamento del pianeta, e si dimostra
incompatibile con le indicazioni emerse durante la Cop21 tenutasi a Parigi nel
2015, che ha evidenziato come il contenimento del riscaldamento globale entro
1,5 gradi richieda un taglio delle emissioni tra il 70 e il 95%.
La Sardegna, fortemente condizionata da modelli
di struttura industriale inefficienti, basati quasi totalmente sulla
combustione da fonti fossili, condizionata inoltre dall’alto spreco di energia
e dall’elevata produzione di rifiuti, dà un significativo contributo al
riscaldamento globale dal momento che il coefficiente emissivo per ogni unità
di energia prodotta dalle centrali termoelettriche sarde è pari a 842
gCO2/kWh contro la media italiana di 505 gCO2/kWh.
Nell’ultimo
PEARS del 2016, proposto dalla Giunta in carica, la riportata ulteriore
riduzione delle emissioni di CO2 è frutto di un’“artificio”
di bilancio ottenuto considerando solo le emissioni relative all’energia
prodotta per consumo interno, e nascondendo quelle relative alla produzione di energia per
l’esportazione fuori dall’isola (pari al 46,4% nel 2014, anno preso in
considerazione dal Piano Energetico ed Ambientale della Regione Sardegna
- PEARS). Per così dire,
un “falso in bilancio”.
Con ogni evidenza,
dunque, il problema del clima non è in cima all'agenda del presidente Francesco
Pigliaru.
In questo contesto, dare
spazio a progetti di metanizzazione quale sistema di transizione verso una
migliore efficienza energetica a minor costo, o sollecitare finanziamenti
governativi per progetti di cattura e stoccaggio
della CO2, solleva criticità ambientali, socioeconomiche e sanitarie e dimostra
la crisi programmatica e progettuale dell’“élite” al momento al governo della
Regione. In altre parole, il tentativo di ridurre
l'impatto ambientale e sanitario della produzione energetica attraverso un
altro combustibile fossile – il gas naturale – appare quantomeno schizofrenico.
Va, infatti ricordato che ogni forma di combustione, compresa quella del
metano, genera, disperdendoli nell'aria, ossidi
di azoto e di zolfo, ma anche metalli pesanti, IPA, molecole diossino-simili,
particolato fine e ultrafine. Ne deriva uno scadimento della qualità dell’aria
con gravi danni per la salute. Ciò è
accertato indiscutibilmente sul piano scientifico. Oggi,
in Sardegna, a fronte di numerose indagini epidemiologiche che hanno messo in
evidenza preoccupanti valori dell'incidenza e della mortalità per patologie
eziologicamente riconducibili all'inquinamento ambientale, dovrebbe essere
chiara a tutti la criticità delle condizioni di salute delle popolazioni che
risiedono nelle aree ricomprese nei Siti d'Interesse Nazionale per bonifiche
(S.I.N. di Porto Torres/Sassari e del Sulcis/Iglesiente/Guspinese), e possiamo
aggiungere a quelle le aree metropolitane.
Da
segnalare inoltre che i “costi esterni”, cioè i dati sanitari relativi alle
malattie e ai morti prematuri legati alle emissioni inquinati con ricaduta
locale, pur essendo richiesti dalla programmazione Europea, non vengono
calcolati. La scarsa conoscenza
di tali tematiche è sconcertante e tutto questo è inaccettabile per uno Stato civile
che abbia a cuore il benessere dei propri cittadini. Non va demonizzata
l’evoluzione tecnologica e industriale né il progresso delle infrastrutture, ma
va cambiata l’unità di misura per valutarli: questa non può più essere un PIL
che non tenga conto del benessere dell’uomo e dell’ambiente che lo ospita, e
non può prescindere dal preferire sviluppi imprenditoriali e scelte politiche
che siano pienamente sostenibili.
Il
metano – si dice – abbatterà il prezzo dell'energia: ma gli
utenti sardi non avvertiranno benefici economici grazie al metano, infatti
continueranno a pagare l'energia al costo del Prezzo unico nazionale (P.u.n),
molto poco sensibile alle quantità di energia prodotta in Sardegna. Al
contrario, la causa del prezzo dell'energia più elevato in Italia che nel resto
d'Europa è proprio il metano, come ricordato dagli stessi estensori del Piano
Energetico Regionale, concordi nell'affermare che le rinnovabili hanno invece
un effetto ribassista sui prezzi dell'energia, come documentato anche dal Cnr. Oltre al danno, c'è
la beffa, visto che a causa dell'assenza di un quadro regolatorio – si legge
nel PEARS – nel settore del GNL i costi potrebbero ripercuotersi pesantemente
sul prezzo finale all’utenza. Particolare attenzione,
inoltre, merita la parte della bolletta del gas relativa agli incentivi – che
si trasformano in oneri per l'utente –, che, secondo stime
prudenziali, si aggirano intorno ai 200 milioni di euro l'anno per la metanizzazione
della Sardegna
Oggi in Sardegna si verifica una straordinaria concomitanza di
fattori che rende a portata di mano l'obiettivo di coprire il
fabbisogno energetico dei sardi (energia elettrica e termica per attività
produttive, mobilità e usi domestici) attraverso le rinnovabili.
I dati Terna vedono la
Sardegna esportare gran parte dell'energia prodotta (+36,2 % nel 2016) verso il
continente attraverso il cavo Sapei, rivelando che l'Isola funziona come una
piattaforma energetica il cui tubo di scarico è puntato sulla popolazione
sarda: l'Isola quindi può già ridurre il proprio parco impianti da combustibili
fossili.
Oggi, inoltre, le rinnovabili coprono il 40% circa del fabbisogno
energetico sardo. E preme anche sottolineare che, ormai da anni – quasi si trattasse
di un piano deliberato – l'idroelettrico appare ampiamente sottosfruttato.
Stando così le cose, la classe politica sarda dovrebbe, anche tramite
l'utilizzo dei fondi europei e l'alleggerimento fiscale, favorire il ricorso a
fonti rinnovabili su piccola scala da parte delle pubbliche amministrazioni,
dei cittadini e delle attività produttive, siano esse agricole o
manifatturiere, interconnettendo tra loro i nuovi punti di produzione
attraverso reti intelligenti.
In quest'ottica occorre
anche sostenere l'installazione di sistemi di accumulo dell'energia, ormai
disponibili. In Sardegna, inoltre, il
problema della non programmabilità e dell'interrompibilità delle rinnovabili può essere essere attenuato o del
tutto risolto sfruttando in modo sostenibile, attraverso le migliori tecnologie
disponibili (BAT), il complesso di dighe, salti e centrali idroelettriche del
Taloro, che può anche giocare un ruolo decisivo – com'è avvenuto in passato –
per bilanciare la rete. Un problema, questo, che come noto, può essere risolto
anche tramite il cavo Sapei e/o gli accumulatori di Codrongianos.
I finanziamenti per la
"metanizzazione" della Sardegna, sarebbero meglio utilizzati per
ottenere una maggiore efficienza energetica e per la realizzazione delle tecnologie
in grado di sostituire completamente le attuali centrali da fonti fossili con
le energie alternative, che in Sardegna non mancano, e senza ulteriore consumo
di suolo.
Coordinamento
Comitati Sardi
ISDE
–Medici per l’Ambiente Sardegna
Assotziu
Consumadoris Sardigna
Confederazione
Sindacale Sarda (CSS)
Sardegna
Pulita
Italia
Nostra – Sardegna
Sull'argomento
Blog Italia Nostra Sardegna - Osservazioni al Piano Energetico Ambientale della Sardegna
Sardinia Post - Comitati e Associazioni: "Metanizzazione, progetto nocivo e obsoleto"
Sardegna Oggi - Mega rigassificatore per il metano a Cagliari, comitati e medici sulle barricate: "dannoso per la salute"
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