A) DEMOCRATIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE ENERGETICA: L’ENERGIA COME BENE COMUNE.
La proposta progettuale che viene presentata in sede di VIA si limita agli aspetti tecnici ed è pertinente al singolo impianto di cui si chiede la valutazione.
Pertanto non consente al decisore politico ed amministrativo di:
a) Cogliere la strategia di insieme: qual è il modello di produzione energetico che si sta andando a realizzare nel suo complesso.
b) Come si coniuga la produzione diffusa e l’autoconsumo in rapporto alla produzione concentrata
PROPOSTE
a) Far rientrare il sistema della produzione elettrica all’interno di forme di pianificazione e programmazione (vedasi in seguito), distinguendola per tipologia (grandi impianti, CER, A.C., autoconsumo e produzione individuale)
b) Determinare le condizioni di produzioni di energia da FER al contrarsi progressivo delle fossili
B) IMPATTO SOCIALE
CRITICITÀ
Ogni progetto soprattutto se di grandi dimensioni presenta inevitabilmente un forte impatto sociale. Nell’attuale procedura di VIA i progetti evidenziano gli aspetti tecnici e gli impatti ambientali (in genere sottostimati), mentre l’ambito della sostenibilità sociale viene marginalizzato e risolto con il riconoscimento di trascurabili ristori di carattere economico
PROPOSTE
Noi stiamo assistendo nell’ambito della produzione energetica ad una progressiva sostituzione di modi di produzione non solo limitati all’ambito energetico (si pensi al mercato del lavoro connesso alle FER). Tutto questo comporterà ad ultimazione del processo (un arco temporale di oltre mezzo secolo) di una trasformazione complessiva dell’attuale modello produttivo. Questa evoluzione deve essere governata facendo in modo che i progetti:
- Apportino valore aggiunto quantificabile ai territori in termini di benefici economici e sociali attuali e futuri
- Contengano analisi dei bisogni del territorio in tal senso orientati
- Prevedano obiettivi di Investimento sociale, sviluppo e crescita occupazionale.
C) IMPATTO ECONOMICO
CRITICITÀ
I progetti risultano finanziati da fondi di investimento in genere esteri. Ne consegue che:
- Tutti gli utili sono canalizzati in ambito extra nazionale.
- Sulle Comunità locali ricade l’obbligo di far fronte al risarcimento climatico globale con le proprie risorse territoriali
PROPOSTE
Devono essere previste e normate forme quantificabili di partecipazione e divisione degli utili per le Comunità locali attraverso una o più delle seguenti modalità:
- La partecipazione al finanziamento diretto del progetto con fondi raccolti localmente
- Il ristoro mediante la corresponsione di una quota parte percentuale sugli incentivi
- La Partecipazione secondo il modello delle CER ad una quota di energia prodotta degli impianti, assimilando i membri delle Comunità a utenti virtuali. In pratica alla comunità viene riconosciuta un’aliquota di produzione generata dall’impianto secondo le modalità dell’autoconsumo.
- Il finanziamento di attività sociali.
- La raccolta di fondi nazionali creati ad hoc e finanziati dalle accise corrisposte sulle bollette per le FER.
La scelta della modalità ed il quid non negoziabile potrebbe far parte della proposta progettuale e calibrata sulla producibilità dell’impianto
D) LA CONCORRENZIALITÀ
CRITICITÀ
Il Dlgs.387/03 aveva previsto che sul lungo termine il fattore di scala, la domanda crescente e la riduzione dei costi avrebbero reso sempre più concorrenziali gli impianti da FER e sempre meno elevati gli incentivi da corrispondersi per la produzione. Tali condizioni non si sono verificate.
PROPOSTE
Occorre intervenire con specifiche norme per:
- Impedire le forme di monopolio o di spartizione delle fette di mercato con il costituirsi di posizioni dominanti
- Garantire la concorrenza effettiva attraverso meccanismi di base d’asta che tengano conto della diminuzione nel tempo dei costi di realizzazione degli impianti e della loro maggiore produttività, soprattutto nei casi di revamping o ampliamenti.
- Imporre una fiscalità progressiva sugli utili da incentivo in modo da scoraggiare l’incremento esponenziale degli stessi. L’utile degli investimenti nell’ambito della produzione da FER non dovrebbe eccedere il 5% considerato che si tratta di investimenti a rischio quasi zero la cui remunerazione è finanziata con capitali dei cittadini prelevati dallo Stato attraverso meccanismi parafiscali.
E) LA PIANIFICAZIONE
CRITICITÀ
Allo stato attuale della normativa le realizzazioni degli impianti sono a “pianificazione neutra” ovvero sfuggono sia ad ogni localizzazione, sia all’inquadramento di piano che temporale.
PROPOSTE
La localizzazione degli impianti non può esulare da un inquadramento all’interno di una pianificazione di livello strategico, nel cui ambito dovrebbero trovare collocazione in forma specifica le pianificazioni di settore. Un siffatto Piano strategico potrebbe essere individuato all’interno del Governo del Territorio, un piano di coordinamento inclusivo delle pianificazioni di settore, quale quella urbanistica, energetica. Dei rifiuti ecc. Nel caso specifico del piano energetico vi dovrebbero trovare posto le potenziali localizzazioni degli impianti di produzione ovvero l’individuazione di comparti al cui interno ricomprendere le Aree idonee quelle vocate e quelle non idonee (vedasi in seguito) Lo stesso Piano energetico dovrebbe individuare una scala temporale degli interventi, con scadenze dettate dalle quote energetiche da realizzare per ciascun tipo di rinnovabile, delle condizioni di compatibilità della rete e dalla disponibilità di storages. Solo in tal modo il Piano energetico avrebbe una razionalità programmatoria per gli aspetti produttivi e farebbe da guida per uno sviluppo delle rinnovabili in armonia con le caratteristiche ambientali e infrastrutturali. L’articolazione suddetta potrebbe essere prevista all’interno della revisione delle Linee Guida dettate dal DM 10/2010 con l’introduzione all’interno della pianificazione urbanistica presente:
- Articolazione della vocazione dei territori secondo una triplice divisione:
a) Aree non idonee: quelle tipologie fin qui individuate. All’interno di tali aree andrebbero definiti non solo i beni individui da tutelare ma anche quelli d’insieme con particolari pregi ambientali e paesaggistici anche non vincolati o con vincoli di destinazione d’uso
b) Aree vocate: quelle che per caratteristiche intrinseche od estrinseche appaiono vocate ad accogliere gli impianti ad es. Zone D, cave dismesse, aree da bonificare, terreni sterili o improduttivi, coperture delle aree industriali ecc.
c) Aree idonee: sono aree che potrebbero essere utilizzate solo in casi di comprovate esigenze o di intrinseca capacità produttiva per finalità energetiche.
- Il PEARS dovrebbe contenere le articolazioni delle aree nelle tre divisioni, procedere alla mappatura dettagliata degli impianti realizzati, eseguire una schedatura delle caratteristiche di tali impianti in modo da poter realizzare un database degli stessi accessibile e aggiornabile in progress.
- Gli incentivi potrebbero essere rimodulati attraverso indici progressivi maggiori o minori di uno a seconda che l’impianto vadano ad impegnare aree da riqualificare o bonificare (aliquota max>1) od aree che pur essendo idonee comporterebbero un’occupazione di suolo altrimenti fruibile (aliquota min<1)
F) MODIFICHE DELL’ART.12 DEL DLGS.387/2003
CRITICITÀ
Il Dlgs.387 fu varato in condizioni di emergenza (3 anni di inerzia dalla Direttiva UE sulle Rinnovabili) ed era strutturato per spianare la strada alla realizzazione di grossi impianti al capitale privato. Per tale fine l’art.12 introduceva il principio della indifferenza urbanistica nei confronti degli impianti di produzione da FER, di conseguenza la possibilità di utilizzo delle aree agricole e l’assimilazione di tali impianti ad opere pubbliche urgenti ed indifferibile con conseguente possibilità di ricorso agli espropri. Sono passati 17 anni e si è fatta strada una nuova visione delle FER, con relative problematiche che potremmo così in parte sintetizzare:
- Alla produzione concentrata si è andata si deve affiancare la produzione diffusa e l’autoconsumo
- Il sorgere delle Community energy con la nascita delle CER e l’AC
- L’obbligo di non consumare e impermeabilizzare suoli
- Le problematiche connesse ad una RTN non adeguabile con facilità né in tempi brevi
- Le complessità sistemiche indotte dalla variabilità e non programmabilità delle FER con la conseguente necessità di dotarsi di storages adeguati.
- Il diffondersi senza regole degli impianti di produzione con devastanti impatti sul paesaggio e sull’ambiente
- L’esclusione dai processi decisionali delle Comunità locali
- L’assenza di indirizzo sulle procedure di esproprio e sulla conseguente proprietà degli impianti realizzati su aree espropriate oltre che l’intolleranza delle Comunità verso tale forma di coartazione
- La localizzazione degli impianti in funzione dei minori costi dei suoli e l’inutilizzo delle aree industriali
- Il mancato inquadramento degli impianti all’interno della pianificazione del Governo del territorio e l’assenza di una adeguata mappatura e data base degli impianti realizzati.
PROPOSTE
Questi solo alcuni dei problemi sul tappeto. Necessita un adeguato riordino (riformulazione dell’art.12) ed ampliamento dell’inadeguato quadro normativo al fine di rendere compatibile la realizzazione degli impianti, (considerate anche le mutate potenze e tecnologie) con l esigenze di tutela ambientale, economica e sociale. In sintesi bisogna fare in modo che gli impianti da FER siano sostenibili concetto totalmente assente nella 387. A cascata dovrebbe essere totalmente riscritte le Linee Guida introdotte dal DM 10/2010
CRITICITÀ
La RED II della UE è una Direttiva che introduce un alto livello di democratizzazione del sistema di produzione da FER oltre che innescare meccanismi virtuosi di conseguibili benefici sociali. La Discrasia temporale tra la Direttiva (2019) e il recepimento a livello nazionale della stessa (settembre 2021) è già di per sé un elemento di negatività in quanto consente ai grandi produttori di accaparrarsi fette rilevanti degli incentivi e di porre in essere misure atte ad impedire un mercato di fatto concorrenziale per non dire alternativo. Lo dimostrano le limitazioni imposte da ARERA alla potenza degli impianti ed all’ambito delle circoscrizioni di cabina MT/BT, nonché le difficoltà frapposte dai distributori e fornitori a rendere disponibili mappe delle reti ed elenchi dei consumatori. A ciò si aggiungano le ovvie difficoltà delle forme di aggregazione partecipativa di certo più complesse al modello verticistico aziendale. Il rischio è quello di un fallimento della Community energy, modello che invece appare valida alternativa alla concentrazione produttiva, nonché coerente con le FER sotto il profilo prosumers e quello sociale.
PROPOSTE
Se ne elencano solo alcune suggerite da questo iniziale approccio alla problematica:
- Rimuovere gli ostacoli dettati dalle limitazioni di cabina e potenza
- Imporre ai distributori di rendere pubblici i perimetri di fornitura delle cabine con gli elenchi dei POD ad esse facenti capo. Nelle more della pubblicazione online dei dati obbligare i fornitori rendere disponibili tali dati su richiesta dei Comuni in un arco temporale ristretto (sette giorni).
- Estendere i benefici delle CER e degli AC alle comunità socialmente disagiate prevedendo specifiche forme di finanziamento per l’anticipazione del capitale da parte di Banche o PA, con recupero del capitale attraverso parte degli incentivi o a fondo perduto. In sintesi una possibile soluzione della povertà energetica
- Ripartire le quote destinate agli incentivi FER tra i due modelli di produzione energetica in modo che vi sia una equa ripartizione delle risorse finanziarie tra produzione concentrata e produzione diffusa o aggregata, tenendo conto delle finalità sociali di quest’ultimo modello.
H) ACCUMULO IDROELETTRICO
CRITICITÀ
Con l’elevato incremento di potenza di energia da FER prevista dal PNIEC già entro il 2030 il problema degli accumuli dovrà essere condotto a soluzione in tempi relativamente brevi. I sistemi di accumulo elettrochimico, pur essendo indispensabili, appaiono in lenta evoluzione e non sono in grado di sopperire alle necessità imposte dal ritmo di avanzamento delle FER.
PROPOSTE
L’unica soluzione percorribile per la Sardegna appare quella di efficientare il sistema idroelettrico e ove possibile potenziarlo. Si vuole in proposito ricordare che dalla fine dell’800 agli anni 60 del 900 i sistemi di produzione elettrica idrica e termica si sono alternati al vertice della produzione e che solo con l’avvento della industrializzazione la seconda ha prevalso sulla prima poiché i consumi per abitante nello spazio di un settennio risultarono quintuplicati (da 477/kWh/ab nel 1963 a 2006 kWh/ab nel 1970). La Sardegna, che nel secolo precedente fu individuata come “Isola dei laghi”, in virtù delle sue grandi potenzialità ha già numerosi bacini artificiali che potrebbero garantire una produzione idroelettrica molto maggiore di quella finora espressa.
Occorrerebbe dunque razionalizzare tale produzione, finalizzandola ad assicurare la stabilità della rete in modo da assicurare adeguato supporto alle FER. Gli interventi possono così essere sintetizzati:
- Monitoraggio degli impianti e delle potenzialità disponibile
- Efficientamento ed incremento delle produzioni
- Incremento dei pompaggi per utilizzare al meglio le fasi di overgeneration da FER
- Messa in funzione di una serie di impianti che risultano ancora inutilizzati (ad es. il Liscia) oppure abbandonati dopo un adeguamento degli stessi.
-
Realizzazione di quelle opere idrauliche che con costi limitati consentano di Incrementare la produzione elettrica.
I) IL PERMITTING
CRITICITA’
Il tempo di rilascio dell’AU è stato stimato in 1,5 anni per il FV e 5 anni per l’eolico e ritenuto elevato dagli operatori di settore.
PROPOSTE
All’’AU si perviene in sede di Conferenza di servizi quindi lo snellimento procedurale inerisce la procedura di VIA, i cui tempi sono contingentati per legge (180 giorni). Tali termini sono di solito non rispettati per i tempi istruttori presso gli uffici di VIA, gravati dall’alto numero e complessità delle richieste.
Le commissioni devono esaminare progetti con un numero elevato di elaborati e le relative osservazioni. Inoltre le società presentano progetti carenti o poco attendibili con il risultato di un supplemento istruttorio e reinizio della procedura. Si rammenta che la legge prevede una sola integrazione mentre si assiste a stravolgimenti progettuali. Il procedimento potrebbe essere semplificato e standardizzato secondo il seguente modello:
- Progetti di impianti localizzati in Aree vocate al di sotto di una potenza da determinare: la procedura potrebbe essere semplificata e la VIA potrebbe essere rilasciata dall’ufficio preposto alla valutazione senza ulteriori passaggi.
- Progetti localizzati in Aree idonee o di potenza superiore a quella prestabilita: presentazione degli elaborati di progetto, dotati di schede in formato standard destinate ad evidenziare gli aspetti degli impatti e la sostenibilità degli impianti. La procedura seguirebbe l’iter ordinario nel rispetto dei termini di legge con l’obbligo di integrazioni senza modifiche progettuali sostanziali.
L) IMPIANTI EOLICI OFFSHORE
CRITICITÀ
Gli impianti eolici offshore sono quelli che dovrebbero presentare una elevata diffusione nell’immediato futuro. Se ubicati a sufficiente distanza dalla costa (oltre i 30 km) hanno in genere impatti paesaggistici ed ambientali contenuti. Il problema più rilevante è la elevata potenza di cui dispongono con la conseguente rilevante produzione energetiche, peraltro di estrema variabilità e non programmabilità, caratteristiche tutte che rischiano di destabilizzare in modo critico la rete oppure di richiedere il continuo supporto delle centrali a consumo fossili.
PROPOSTE
Considerato che tali impianti conseguono rilevanti incentivi potrebbe essere chiesto ai produttori di farsi carico dei seguenti oneri attraverso il recupero di quota parte degli utili di una riduzione delle incentivazioni oggi eccessivamente remunerative:
- Aliquota da destinarsi all’adeguamento della RTN da realizzarsi da parte di TERNA
- Aliquota utili da destinare agli storages da realizzarsi con sistemi di accumulo elettrico associati alle cabine di trasformazione oppure come contributo alla realizzazione o adeguamento di bacini idroelettrici di prossimità
- Realizzazione di sistemi di stoccaggio innovativi o sperimentali.