Dell’incontro al Ministero dello Sviluppo economico di venerdì 31 sono state date versioni surreali. Il tavolo di confronto aveva come tema l’uscita dal carbone della Sardegna, ovvero la chiusura delle due centrali a carbone entro il 2025. Si tratta di impianti obsoleti con produzioni inadeguate, ma capaci di immettere nell’atmosfera milioni di tonnellate di climalteranti e migliaia di inquinanti.
In apertura Terna ha dimostrato, dati alla mano, che con la realizzazione di un cavo di collegamento tra Sardegna-Sicilia-Continente e la realizzazione di stoccaggi di adeguata capacità non solo la sicurezza energetica dell’Isola può essere assicurata, ma che nel breve termine è possibile l’avvento delle fonti rinnovabili e l’abbandono definitivo delle fossili. Una posizione condivisa da Associazioni Ambientaliste e Sindacati di Base.
Ovvio che una tale strategia, peraltro dettata dal pacchetto Clima-Energia 2030 dell’UE, non rientri nei desiderata di Regione, Confindustria e OOSS confederali, considerato che vengono minati quei presupposti sui quali da tempo si è puntato per convincere l’opinione pubblica dell’avvento salvifico del metano.
Hanno fondamento tali presupposti?
- È stato detto che il metano avrebbe garantito l’indipendenza energetica della Sardegna, ma è evidente a tutti la sussistenza di vincoli di carattere tecnico e geografico.
- È stato detto che il metano avrebbe assicurato un risparmio ai sardi senza redigere un conto economico e pretendendo un prezzo unico e la disponibilità delle altre regioni a farsene carico.
- È stato detto che il metano costituisce la via obbligata per la transizione alle FER, mentre ormai il tempo stringe per un passaggio rapido alle rinnovabili.
- È vero invece che l’assenza del secondo collegamento elettrico consente a una ventina di aziende sarde di lucrare milioni di euro per l’assurdo giogo della interrompibilità e dell’essenzialità imposto dalla mancanza della chiusura della rete. Verrebbe ancora da chiedersi per quale arcano motivo al sistema elettrico sardo corra l’obbligo di dimensionarsi sulla base della labile e non condivisa presenza di industrie energivore, quando la produzione elettrica rientra ovunque tra gli oneri di investimento.
- È innegabile che questo passaggio epocale comporti un problema di natura occupazionale.
Per affrontarlo occorrono scelte innovative, non il sicuterat di una stagione come quella delle fossili ormai quasi alle spalle, tanto più che le risorse economiche rese disponibili dall’UE sono reperibili solo nell’ambito delle rinnovabili.
Fa specie vedere oggi Confindustria spargere lagrime sull’esilio dei giovani sardi, atteso che proprio al fallimento della petrolchimica e delle industrie energivore (anche questa una scelta fuori del tempo!) dobbiamo inquinamento e mancato sviluppo dell’Isola. Una corretta rilettura delle cose dette a quel tavolo di confronto, piuttosto che sortire una levata di scudi nel vano tentativo di ostracizzare chi ha mostrato il coraggio dell’ascolto, avrebbe dovuto indurre a meditare su un futuro che dal metano invece prescinda.
Mauro Gargiulo - Segretario Regionale Italia Nostra e delegato tema energia
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