Agenda ambientalista 2018 per la ri-conversione
ecologica del Paese:
Proposte per la XVIII legislatura
La situazione globale è sempre più critica: la pressione
umana nei confronti dei sistemi naturali e i modelli economici perseguiti dalle
nostre società sono ormai insostenibili. I prossimi cinque anni sono fondamentali per avviare
nel concreto un’impostazione economica capace di mantenere l’azione umana entro
i limiti biofisici dei sistemi naturali del nostro pianeta nel rispetto
dell’equità e della prosperità per ogni essere umano. Abbiamo un
estremo bisogno di visioni e azioni innovative, capaci di affrontare il futuro
e avviare concreti percorsi di sostenibilità del nostro sviluppo.
L’Italia è un paese del G7 e può e deve svolgere un ruolo importante in
questo contesto, anche per contribuire alla concretizzazione dell’Agenda 2030
con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che tutti i paesi del mondo hanno
sottoscritto alle Nazioni Unite nel 2015. Pertanto dobbiamo essere capaci, in
particolare deve esserlo la politica, di creare le condizioni per un nuovo
modello economico che sia finalmente in grado di dare valore alla ricchezza del
capitale naturale che costituisce la base del nostro benessere e del
nostro sviluppo ed è un asset strategico fondamentale per il futuro del nostro
Paese. In questo quadro è’ indispensabile che finalmente si costruisca anche
in Italia un nuovo Patto Sociale basato sulla sostenibilità e che consideri
come inscindibili la dimensione ecologica e quella economica e sociale dello
sviluppo.
Su scala internazionale la comunità scientifica è giunta a definire uno Spazio
Operativo Sicuro (Safe Operating Space, SOS) per l’azione umana
mantenendosi tra i confini planetari ambientali e le basi fondamentali che
caratterizzano la dignità umana. E’ necessaria quindi una visione di
lungo periodo che abbandoni l’assunzione di un’infinita espansione dei consumi
di energia, di materie prime e di trasformazione dei sistemi naturali e che,
attraverso la revisione degli obiettivi di impresa, di pubblica
amministrazione, di comunità, consideri le nostre città, i nostri territori e il
nostro pianeta come casa comune e luogo per realizzare un benessere equo e
sostenibile.
Diventa perciò fondamentale, da un lato, ridurre consumi
non necessari, a cominciare dalla progressiva eliminazione dei
materiali “usa e getta” (carta, plastica), in particolare nel packaging, e,
dall’altro, agire sui processi produttivi conducendoli a
imitare i processi circolari della natura che con la tradizionale impostazione
economica sono stati resi di fatto processi lineari, alla fine dei quali si
producono scarti, rifiuti e inquinamento. Sia nel settore pubblico che in
quello privato si sta cercando di affermare una contabilità
nazionale, territoriale e d’impresa capace di considerare pienamente l’impatto delle
attività umane sul capitale naturale e di fornire misure più adeguate
della performance economica misurata attraverso il PIL, in grado di cogliere
anche il benessere delle persone e la dinamica degli ecosistemi.
Tutto ciò in coerenza con gli accordi della comunità internazionale, in
particolare per quanto riguarda l’applicazione dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di
Parigi sui cambiamenti climatici; a contribuire all’attuazione della Strategia
nazionale per lo Sviluppo Sostenibile presentata all’High Level Political Forum delle
Nazioni Unite del luglio 2017 e che, con il coordinamento della Presidenza del
Consiglio, è necessario sia declinata in azioni concrete e efficaci per
raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030
Nell’ultimo scorcio della passata legislatura, l’Italia ha cercato
affannosamente di stare al passo con gli impegni internazionali, mettendo a
consultazione le prime bozze delle Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e del Piano Nazionale per
l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici, non corredandole però di un elenco di priorità e
di una dotazione di risorse dedicate che li rendesse davvero efficaci.
Inoltre, è stata approvata, finalmente, la nuova Strategia
Energetica Nazionale (SEN) – per superare la vecchia e inattuale strategia
sul tema, presentata all’inizio del 2013, che aveva una spiccata e inattuale
impostazione ancora a favore dei combustibili fossili. La nuova SEN della fine
del 2017 dichiara l’obiettivo di uscire dall’utilizzo del carbone entro il
2025, un proposito molto positivo, ma si deve rilevare che ancora non viene
tracciata una concreta strategia a lungo termine, viene previsto un uso
eccessivo del gas, e si è ancora timidi in una decisa e dichiarata scelta su
rinnovabili e mobilità elettrica.
Proprio per sollecitare l’innovazione in campo economico, sociale e
ambientale, già in occasione delle consultazioni per la definizione
del programma di Governo, a seguito delle elezioni nazionali del 2013, le più
importanti associazioni di protezione ambientale riconosciute, che avevano
interloquito in campagna elettorale con le maggiori forze politiche,
presentarono unitariamente le proprie proposte e richieste prioritarie raccolte
nella prima Agenda Ambientalista per la ri-conversione dell’Italia.
Nella XVII legislatura appena conclusa abbiamo assistito ad alcune innovazioni
normative che hanno fatto registrare il consenso di ampie e alle volte inedite
maggioranze parlamentari, costituendo un passo avanti nella civiltà giuridica
del Paese (basti pensare all’introduzione dei cosiddetti ecoreati nel Codice
Penale o alla riforma di ISPRA e delle agenzie regionali per l’ambiente ai fini
dell’istituzione di un sistema efficace di controlli ambientali), mentre
purtroppo, ancora una volta si è accuratamente evitato di andare a colpire o
almeno ridimensionare i “vested interest”, gli interessi particolari
consolidati dei grandi player energetici, dei concessionari autostradali, del
mondo più arretrato nel settore dell’edilizia.
Nella legge n. 221/2015, sono stati introdotti,
inoltre, alcuni strumenti importanti per consentire all’amministrazione dello
Stato di raggiungere l’obiettivo di un modello economico più sostenibile
basato sull’uso razionale delle risorse, con l’istituzione del Comitato
nazionale per il capitale naturale - che, a partire dal 2017, ha redatto un rapporto
annuale sullo stato del capitale naturale del paese e di valutazione degli
effetti delle politiche pubbliche sul patrimonio naturale , documento inserito
nell’ambito della programmazione economica nazionale - e del Catasto dei
sussidi ambientalmente favorevoli e sfavorevoli, nonché con la definizione della delega al
Governo per la valutazione dei pagamenti per i servizi ecosistemici. Infine, sono
stati individuati in via sperimentale nel DEF 2017 i primi quattro indicatori di
Benessere Equo e Sostenibile (BES), richiesti dalla riforma della contabilità
pubblica del 2008, che con il Decreto Ministeriale del MEF del 16 ottobre 2017 sono
stati portati a 12.
Si tratta di primi passi avanti, che rivelano una timida e tardiva
maturazione del nostro apparato pubblico, che però devono riscontrare una
continuità e un rafforzamento nella nuova legislatura, essendo ancora solo
nella loro fase iniziale di rodaggio e assestamento. Come spesso succede in
Italia, ci si attende che accanto al consolidamento ci sia un’effettiva, leale
e produttiva collaborazione e integrazione, considerato che anche su altri
aspetti entrati prepotentemente nell’Agenda politica del Paese, quali quelli
indotti dai fenomeni estremi indotti dai cambiamenti climatici, che tante
perdite economiche e di vite hanno provocato e stanno provocando nel nostro
Paese, ancora si stenta a trovare un sistema veramente efficace di integrazione
tra le stesse strutture centrali (Strutture di Missione “Italia Sicura” e
“Progetto Casa Italia” con il gruppo di lavoro tecnico per l’Adattamento ai
Cambiamenti Climatici) preposte a contrastare la quotidiana emergenza.
Emergenza permanente, o meglio nuova normalità che difficilmente si può
attribuire solo ai “fenomeni naturali”. Nel 2016 ISPRA aveva calcolato in oltre 800
milioni di euro il prezzo massimo annuale che gli italiani potrebbero pagare
dal 2016 in poi per fronteggiare le conseguenze del consumo di suolo degli
ultimi 3 anni (2012-2015). Un consumo del suolo che procede nel nostro Paese al
ritmo di 30 ettari al giorno, 3 metri quadrati ogni secondo che passa, con un’espansione
urbana nel territorio del nostro Paese che dall’1,8% degli anni ’50 è salita
al 7,6% del 2016, arrivando sino al 10% del nostro territorio nazionale se si calcola
anche la infrastrutturazione. Tutto questo mentre il fenomeno
dell’abusivismo prosegue, stabile, senza veri ravvedimenti, come viene rilevato
dall’ISTAT: nel 2012 si edificavano 14 costruzioni abusive ogni 100
autorizzate; al 2016 la proporzione è arrivata quasi 20 ogni 100 (di cui 48
ogni 100 nel Mezzogiorno: un terzo dell’edificato del Sud Italia è di fatto
abusivo!).
E il consumo del suolo rende progressivamente irriconoscibile il nostro
Paese, intaccando i beni comuni rappresentati dal capitale naturale, paesaggistico,
culturale. Oggi non si può tracciare in Italia un cerchio di 10 km di diametro
senza incontrare un’area urbana e dal 1950 al 2000, nella fascia di 1 km dai Siti,
tutelati dall’Europa attraverso la Rete Natura 2000, l’urbanizzazione è salita
da 8.400 ettari a 44.000, con un incremento medio del 420% (come ricorda
il Dipartimento DICEAA dell’Università de L’Aquila). Una pressione antropica
che nella disordinata polverizzazione dell’edificato in aree vastissime
(sprinkling) assedia le aree di maggior pregio, come conferma anche l’ISPRA che
rileva come all’interno delle aree protette siano stati consumati
ad oggi già 32.800 ettari.
L’Italia ha difficoltà ancora ad avventurarsi sul terreno innovativo della
pianificazione urbanistico-ambientale e della progettazione delle green
infrastructure, appesantita dai marchingegni, voluti dagli interessi
consolidati nei settori industriali e dell’edilizia, richiamati all’inizio, che
hanno puntato anche nella passata legislatura all’indebolimento
delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale (decreto legge Sblocca
Italia e Riforma della PAC), alla ipersemplificazione delle autorizzazioni a costruire ( la c.d.
Riforma Madia), al depotenziamento delle procedure di valutazione
ambientale (riforma della VIA opacità della VINCA su piani e programmi).
Si è anche restii dall’emanciparsi dai grandi players,
“para-statali” (ENI e ENEL in primis), e dai concessionari
in campo energetico e autostradale (come ha dimostrato il cosiddetto decreto legge
Sblocca Italia e l’inutile referendum sulle trivellazioni offshore) e ad
abbandonare la vecchia idea che l’ambiente e la salute siano variabili
indipendenti dalle politiche e dai piani dei capitani di industria (basti
ricordare i 10 decreti ILVA e l’ultimo Decreto Ministeriale sulla tempistica
del risanamento e della bonifica ambientale).
Eppure c’è un’Italia che già oggi non solo pensa, ma vive il futuro. Un
Paese che concretamente sta già dando con convinzione il suo contributo
fattivo alla ri-conversione ecologica del Paese. Nel rapporto Green Italy 2017
curato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere si ricorda che sono 355 mila,
infatti, le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che
hanno investito nel periodo 2011-2016, o prevedono di farlo entro la fine del
2017, in prodotti e tecnologie green. In pratica più di una su quattro, il 27,1%
dell’intera imprenditoria extra-agricola con dipendenti. E nell’industria in
senso stretto sono più di una su tre (33,7%).
La green economy è, quindi, per una componente considerevole delle nostre
imprese, un’occasione còlta. Solo quest’anno, anche sulla spinta dei primi
segni tangibili di ripresa, ben 209 mila aziende hanno investito, o intendono
farlo entro la fine del 2017, sulla sostenibilità e l’efficienza, con una quota
sul totale (15,9%) che ha superato di 1,6 punti percentuali i livelli del 2011
(14,3%).
L’Agenda Ambientalista 2018 con le sue proposte vuole
costituire un contributo alla ri- conversione ecologica del Paese rivolto alle
forze politiche che si confrontano nella campagna per le elezioni nazionali
2018 e in vista del confronto sul programma del nuovo Governo con il Presidente
del Consiglio, che sarà incaricato.
Le 23
Associazioni promotrici dell'Agenda Ambientalista 2018 sono:
Accademia
Kronos, AIIG, Associazione Ambiente e Lavoro, CTS, ENPA, Fare Verde,
Federazione Pro Natura, FIAB, Forum Ambientalista, Greenpeace Italia, Gruppo di
Intervento Giuridica Onlus, Gruppi di Ricerca Ecologica, Italia Nostra,
Legambiente, LIPU, Marevivo, Mountain Wilderness, Rangers d'Italia, SIGEA, Slow
Food Italia, TCI, VAS, WWF.
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