mercoledì 26 giugno 2013

Sulla Sardegna la colata perfetta

Lo scorso 21 giugno si è tenuta a Cagliari la tavola rotonda dal titolo "Dove va il Piano Paesaggistico" coordinata da Mauro Lissia che ha visto la partecipazione di Giulio Angioni, Paola Cannas, Gino Derosas, Elio Garzillo, Giacomo Mameli, Maria Paola Morittu, Sandro Roggio, Edoardo Salzano, 
Paolo Scarpellini, Gianvalerio Sanna, Renato Soru e Giorgio Todde. Alcuni dei partecipanti sono stati protagonisti della stesura del Piano Paesaggistico Regionale, tutti hanno invece partecipato alla redazione del libro "Lezioni di Piano" che è stato presentato nel corso dell'incontro.

Qualche giorno dopo il numero monografico del Fatto Quotidiano del lunedì (24 giugno 2013) ha dedicato diversi articoli alla questione Sardegna raccolti sotto l'eloquente titolo "Sulla Sardegna la colata perfetta".
Riportiamo alcuni stralci del servizio  con gli articoli di Ferruccio Sansa, Roberto Morini e Thomas Mackinson, dedicato ai danni gravissimi provocati a una delle più straordinarie isole del Mediterraneo.
Per i testi integrali degli articoli vedi sotto.

Sinis

Sardegna oggi
di Thomas Mackinson e Ferruccio Sansa

Salvare la Sardegna. Ora o mai più. Sull’isola di Smeraldo stanno per riversarsi 50 milioni di metri cubi di cemento. Una colata senza precedenti, concentrata su coste tra le più belle e delicate del mondo. Luoghi che rendono unica la Sardegna e, proprio perché intatti, garantiscono la maggiore ricchezza economica di un’isola in gravissima crisi.
C’è la minaccia del cemento targato Qatar, uno schiaffo irrimediabile al paesaggio, ma anche all’orgoglio della gente sarda che vedrebbe la propria terra colonizzata con i soldi del petrolio. E ci sono imprenditori nostrani, come i Benetton, che alle origini della loro fortuna - prima di diventare i padroni delle Autostrade - amavano darsi un’immagine politically correct. Poi tanti grandi della finanza italiana, come il Monte dei Paschi o i Marcegaglia, che hanno chiesto di poter costruire o gestire alberghi. Insomma, nomi che contano nei salotti della politica e del potere nazionale, di fronte ai quali la gente di Sardegna pare disarmata.


Stintino, spiaggia Pelosa sarà ben poco virtuosa
di Roberto Morini

La Turisarda potrà costruire altri 40mila metri cubi di cemento davanti alla spiaggia più bella del nord Sardegna, la Pelosa di Stintino, in una delle zone più belle del Mediterraneo, capo Falcone, in faccia alla splendida isola-parco dell’Asinara. Aumenterà così del 20 per cento la volumetria di quello che è giustamente considerato uno degli ecomostri sardi più noti, l’hotel Roccaruja.

Il lungo serpentone alto quattro piani costruito dai Moratti negli anni Sessanta, quando in mezzo a quelle dune non si era ancora visto nemmeno un mattone, passato poi sotto il controllo dell’Eni attraverso Snam, quando i petrolieri di stato facevano ancora gli imprenditori turistici, è finito nel 2000 in mano a una società sarda, la Turisarda, appunto. Di volontà di eliminazione dell’ecomostro riferirono tutti i giornalisti presenti alla conferenza stampa durante la quale il sindaco di Stintino Antonio Diana aveva presentato nel giugno 2010 quello che aveva battezzato “Puc salva coste”. Diana, il politico che nell’ultimo decennio ha partecipato più di tutti gli altri alle decisioni relative al cemento sulle coste di Stintino, prima come assessore all’Urbanistica poi, dal 2007, come sindaco, rieletto l’anno scorso per il secondo mandato, in quella conferenza stampa aveva parlato di svolta ambientalista. Aveva annunciato che l’albergo sarebbe stato demolito e ricostruito più lontano dalla spiaggia, che la Pelosa sarebbe rinata anche attraverso la cancellazione della strada che ora separa la spiaggia dall’albergo e dalla lunga e ininterrotta teoria di ville costruite in quarant’anni a Capo Falcone.


“Basta consumare terra, rischiamo catastrofi”
intervista al ministro dell'Ambiente, di Ferruccio Sansa


Il territorio non regge più. Ce ne siamo accorti tutti. In pochi anni per colpa di frane e alluvioni abbiamo rischiato che si ripetesse un Vajont. Basta. Serve una legge che difenda senza tentennamenti il nostro territorio. Per questo abbiamo presentato il disegno di legge per contenere drasticamente il consumo del territorio”.
Andrea Orlando (Pd), è ministro dell’Ambiente da pochi mesi. Al suo arrivo c’era stato chi aveva puntato il dito sulla sua mancanza di esperienza specifica. Proprio al dicastero che deve affrontare nodi come l’Ilva. Ma ecco che Orlando si appresta a presentare un disegno di legge sul consumo del territorio più severo di quello (molto criticato) lanciato da Ermete Realacci. Una disciplina che raccoglie consensi anche tra gli ambientalisti.

Ministro, che cosa prevede il vostro testo? Vogliamo ridurre drasticamente il consumo del territorio.

Come, concretamente? Tanto per cominciare prima di consumare suolo il pianificatore dovrà dimostrare il recupero e il riuso dell’esistente. Secondo, sarà fissato - regione per regione - un limite all'estensione massima di terreni agricoli consumabili. Ancora, si prevede l'istituzione di un Comitato interministeriale che controlli e monitori il consumo.

Le associazioni ambientaliste, come il Wwf, chiedono che ogni comune predisponga un “bilancio” del consumo del proprio suolo... Sono previsti censimenti comunali delle aree già interessate all’edificazione, ma non utilizzate e dove è possibile fare rigenerazione e recupero dei terreni. Sarà anche vietato per cinque anni trasformare i terreni agricoli che hanno usufruito di aiuti di Stato o Comunitari.

Basteranno cinque anni? La proposta di Realacci, che pure viene dal mondo dell’ambientalismo, è stata bersaglio di critiche perché non abbandonerebbe la logica delle compensazioni. Nel nostro decreto c’è un punto chiave: i comuni potranno utilizzare i proventi di concessioni e autorizzazioni edilizie solo per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per il risanamento dei centri storici e la messa in sicurezza del rischio sismico e idrogeologico. É un passo avanti epocale. Finora i comuni erano istigati a cedere il suolo, a far costruire perché gli oneri potevano essere utilizzati per far quadrare i bilanci. Ora basta.

Non si potrebbe osare ancora di più e premiare chi non costruisce? Le premesse ci sono. Viene incentivato il recupero del patrimonio edilizio rurale evitando la costruzione di nuovi edifici con finanziamenti in materia edilizia. Ed è istituito il Registro dei Comuni che non prevedono un incremento di aree edificabili. Con le leggi di stabilità si potranno prevedere premi ai comuni virtuosi.

Ministro, dobbiamo crederle? Possibile che d’un tratto ci si ricordi dell’ambiente? La questione non era più rinviabile. Abbiamo rischiato tragedie, il nostro territorio non regge più.

È pensabile che la lobby del mattone che ha tanti appoggi nel centrodestra, e anche nel suo Pd, pieghi il capo? Non nego che le lobbies del cemento abbiano ancora peso politico e che magari ci sia chi vorrebbe reagire alla crisi con la solita soluzione: il mattone.

Appunto, non finirà con le solite belle intenzioni e il nulla di fatto? É un momento ideale per voltare pagina: in Italia ci sono milioni di case nuove invendute. Non si può costruire ancora. Non solo: oggi non costruire, risparmiare il suolo può portare più denaro e lavoro. Pensi che l’85% del nostro patrimonio di 2 miliardi di metri quadrati di abitazioni richiede una riqualificazione. É un’occasione straordinaria per imprese e lavoratori. Ancora: la principale industria del nostro Paese è il turismo, che si tutela proteggendo il territorio. Infine: riducendo il consumo del territorio diamo un forte impulso all’agricoltura, un settore in espansione.

Insomma, meno cemento più sviluppo? Sì.

Perdoni la diffidenza, ma voi siete alleati con il centrodestra dei condoni... Il condono non ci sarà mai. E sul consumo del suolo non ho avuto ostacoli. Chissà, forse le mire delle grandi imprese si sono concentrate sulle infrastrutture.

O forse sono tutti convinti che non arriverete in fondo e resteranno belle parole? Può darsi che qualcuno creda che il cammino sia troppo lungo. Che speri in emendamenti. Ma io credo che non sarà così, e i punti essenziali del nostro disegno di legge potremmo proporli con un decreto perché diventino subito legge. Ora o mai più. Difendere il territorio oggi significa uscire dalla crisi. Ed evitare tragedie. Gli italiani lo sanno e ci sosterranno.


SUOLO CONTRO TUTTI
di Thomas Mackinson
Non c’è più tempo, non c’è più lo spazio. Ogni quattro secondi - il tempo di terminare questa frase - 32 metri quadri di suolo vengono coperti dal cemento che viaggia ormai alla velocità media di quasi 90 ettari al giorno. Ogni cinque mesi divora una superficie grande come la città di Napoli, in cinquant’anni ha ricoperto un’area come il Trentino e il Friuli messi insieme e di questo passo, tempo vent’anni, avremo cementificato pure la Basilicata.

Dati e previsioni della pubblicazione più completa mai realizzata in Italia sul consumo di suolo e sulla rigenerazione del territorio che il WWF ha presentato insieme alla sua proposta di legge per “fermare la rapina del territorio” proprio mentre in Parlamento partiva una delicata discussione sullo stop al cemento. L’indagine è condotta dall’Università dell’Aquila e si basa sul confronto tra estratti originali delle cartografie storiche del secondo Dopoguerra e le carte regionali digitali d’uso del suolo. Monitora 13 regioni, il 58% del territorio nazionale, quindi è significativa dell’andamento generale dell’urbanizzazione: “Il tasso medio - spiega Bernardino Romano, professore di Pianificazione territoriale e curatore della ricerca - è passato dall’1,9% degli anni 50 al 7,5. La media pro capite è triplicata ai quasi 380 m2/ab. Il che porta a stimare oggi l’ammontare delle aree urbanizzate sui 2,5 milioni di ettari”.


Non lasciamo sola la Sardegna
di Ferruccio Sansa

Non lasseus assola sa Sardigna. Si deppeus ponni de bona voluntadi e aggiudai sa genti sarda. Cust'Isola non deppit accabbai pappada de su ciumentu.

Non lasciamo sola la Sardegna. Prendiamo questo impegno. Non abbandoniamo quest’isola che rischia di finire in pasto al cemento: 50 milioni di metri cubi di nuove costruzioni sulla costa significano la fine. Non porteranno turismo, ma un’umiliante colonizzazione compiuta con i soldi del Qatar o della nostra finanza.

Ce ne dimentichiamo facilmente, basta scendere dal traghetto che ci riporta a casa alla fine delle ferie. Ma alla Sardegna dobbiamo molto. Non solo vacanze felici. Il blu della sua acqua per tanti di noi è la misura di ogni mare. Il profumo che ci accoglie all’arrivo appena si apre il portellone della nave resta dentro per mesi, anni. Ricorda che c’è un altrove dove tornare e rifugiarsi. Anche solo nei pensieri.

Questa è la Sardegna che appartiene alla sua gente, ma cui tutti siamo legati. Una terra grande, con una sua cultura. Una lingua (noi abbiamo azzardato un passaggio nella variante campidanese).

Arriva l’estate, la stagione del riposo, della leggerezza. Del distacco da pensieri e fatiche. Forse ormai crediamo che questo bisogno dentro di noi, proprio nel corpo, sia suggerito dal calendario del lavoro, delle fabbriche (dove ci sono ancora). No, non è così. Le stagioni dell’uomo sono dettate da quelle della natura. Ce ne accorgiamo soprattutto in estate: questo risveglio che sentiamo nei muscoli (ahimè, quando ci sono) è lo stesso che vediamo negli alberi, nell’aria, negli animali. L’estate riavvicina al mondo, ricorda che ne siamo parte. Allora le vacanze - giuste, sacrosante, spesso dimenticate per colpa della crisi - potrebbero farci riallacciare un legame essenziale. Con il mondo, ma anche proprio con la terra... avete presente quelle zolle rosse, luccicanti che emergono quando l’aratro è appena passato nei campi... ecco quella. Un’appartenenza che a volte temiamo possa svilire il nostro essere uomini e che, invece, può essere fonte di consolazione e compagnia. Come diceva Vladimir Nabokov: “Mi sentii tuffato di colpo in una sostanza fluida e lucente che altro non era se non il puro elemento del tempo. Lo si condivideva con creature - proprio come bagnanti eccitati condividono la scintillante acqua del mare - che non erano te, ma a te erano unite dal comune scorrere del tempo”. Non sembrano parole scritte nel mare della Sardegna?

Il ministro Andrea Orlando, intervistato da noi ha preso impegni di rilievo. Ha ricordato l’importanza della terra che ci dà la vita e, se maltrattata, ce la toglie. Prendiamo anche noi un impegno, in italiano o in sardo: non abbandoniamo la Sardegna e la terra dove viviamo. Ricordiamocene mentre ci tuffiamo. Buona estate.


Gli articoli integrali del numero monografico del "Fatto" sono riportati nel sito di Eddyburg del 24 giugno nella sezione città e territorio SOS Sardegna

 

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