mercoledì 25 novembre 2020

Raccolti oltre 3mila euro per la vigna distrutta da un atto vandalico

Magomadas: c’è chi distrugge le vigne e c’è chi le reimpianta!

A seguito della pubblica sottoscrizione promossa da Italia Nostra Sardegna e Comitato Acqua Bene Comune di Planargia e Montiferro sono pervenute e sono state già consegnate 50 donazioni per un importo di € 3.261,72



Nella notte del 21 luglio 2020 è stata distrutta la vigna di Franco Sechi, presidente del Comitato Ambiente Planargia, con un atto di intimidazione mafiosa anche contro la popolazione che difende il diritto alla salute delle persone e del territorio di Planargia e si oppone al pericolo di inquinamento prodotto dalla linea fanghi da depurazione della GECO srl di Magomadas, ora sequestrata dalla magistratura.  


Il Comitato Acqua Bene Comune Planargia e Montiferro sostenuto da Italia Nostra Sardegna propone un gesto concreto di solidarietà a Franco e alla sua famiglia, come segno di posizione pubblica, consapevole e politica per contribuire con una donazione volontaria al reimpianto della sua vigna. 

Il 22 luglio con un comunicato stampa e pubblicazioni sui rispettivi canali WEB parte la raccolta fondi.

https://italianostrasardegna.blogspot.com/2020/07/ce-chi-distrugge-le-vigne-e-ce-chi-le.html?showComment=1595683677552#c3839134228580562341

al 25-11-2020 sono state effettuate 50 donazioniper un ammontare complessivo di euro 3.261,72

https://italianostrasardegna.blogspot.com/2020/08/raccolta-fondi-reimpianto-vigneto-di.html?fbclid=IwAR3u0iN4GEZ0euCYH-9pLsbm1C3gPMRcqqhHjXsN16eTVEyTFI2o2suyTa0

Alla data odierna ABCPM e ITALIA NOSTRA Sardegna dichiarano chiusa la raccolta fondi,  l’intero importo è stato consegnato a mezzo bonifico bancario a Franco Sechi.   Il Comitato e l’Associazione ringraziano quanti hanno partecipato alla sottoscrizione, hanno accordato la loro fiducia accogliendo il nostro appello,  trasformando  la vile  distruzione della vigna in un momento di mobilitazione a difesa dei beni comuni e del territorio della Planargia .

Li 25 novembre 2020

 


Riceviamo e pubblichiamo la comunicazione pervenutaci da Franco Sechi, presidente del Comitato Ambiente Planargia:

Gentilissimi,

riguardo la vostra richiesta, vi espongo la mia personale posizione in merito, ovviamente non condizionante per alcunchè, sono anzi molto imbarazzato perché mai avrei pensato di trovarmi in una situazione del genere. 

Ero piacevolmente illuso e convinto che episodi di stampo mafioso, come quello di cui sono stato vittima, fossero lontani da noi, dal nostro ambiente, ma ho dovuto ricredermi quella mattina di metà Luglio scorso. 

L’offesa morale è stata forte e tarda a rimarginarsi. 

Più volte, nei giorni a seguire, ho pensato di mollare la presa ma la solidarietà e l’affetto ricevuto da tutti, non potevano essere certamente ricambiati con un mio abbandono. Il vile gesto mi ha invece reso ancor più determinato a proseguire la battaglia.

Riguardo l’impiego della vostra sottoscrizione posso dirvi che il danno, come stimato da verbale dei Carabinieri, è di circa seimila euro al quale si aggiunge la mancata produzione per almeno tre annate. Ad oggi sarebbe prematuro parlare di un completo reimpianto del vigneto.

Provvederò a predisporre un sistema di sorveglianza per evitare ulteriori spiacevoli sorprese.

Questo quanto ritengo possa essere utile, rimango comunque a disposizione.

Distinti Saluti,

Francesco Sechi

 

sull'argomento  

Italia Nostra Sardegna - Vogliamo respirare, e basta mosche!

Alghero Live - Un aiuto per Francesco Sechi, gli avevano distrutto la vigna, con una sottoscrizione gli donano oltre 3 mila euro





venerdì 20 novembre 2020

Abbandonare le industrie inquinanti e costruire la società delle persone

Sabato 21 novembre 2020, una grande giornata di 

MOBILITAZIONE NAZIONALE

Un virus ha messo in crisi il mondo intero: il Covid 19 si è diffuso in brevissimo tempo in tutto il pianeta, ha indotto all'auto-reclusione metà della popolazione mondiale, ha interrotto attività produttive, commerciali, sociali e culturali, e continua a mietere vittime. 

Dentro l'emergenza sanitaria e sociale tutt* abbiamo sperimentato la precarietà dell'esistenza, la fragilità e l’interdipendenza della vita umana e sociale. Abbiamo avuto prova di quali siano le attività e i lavori essenziali alla vita e alla comunità. Abbiamo avuto dimostrazione di quanto sia delicata la relazione con la natura e i differenti sistemi ecologici, abbiamo lavorato per anni a costruire una società antropocentrica e oggi la natura ci chiede il conto e ci ricorda che non siamo i padroni del pianeta e della vita che contiene, siamo parte della vita sulla Terra e da lei dipendiamo. 

Decenni di politiche di tagli, privatizzazione e aziendalizzazione della sanità, di globalizzazione guidata dal profitto, hanno trasformato un serio problema epidemiologico in una tragedia di massa, dimostrando quanto essenziale ed ampia sia invece la dimensione sociale del diritto alla salute.


Mai come oggi il mondo della globalizzazione appare cosí debole. Sembrerebbe che il sistema sia stato messo in pericolo da un virus, ma di fatto è stato distrutto da insostenibili politiche sociali, economiche, industriali e ambientali.

La pandemia ha semplicemente messo in evidenza come un sistema basato sul pensiero unico del mercato e sul profitto, su un antropocentrismo predatorio, sulla riduzione di tutto il vivente a merce non sia in grado di garantire protezione ad alcun*.

La pandemia è una prova della crisi sistemica in atto, le cui principali evidenze sono determinate dalla drammatica crisi climatica, provocata dal riscaldamento globale, e dalla gigantesca diseguaglianza sociale, che ha raggiunto livelli senza precedenti.

L’emergenza climatica è vicina al punto di rottura irreversibile degli equilibri geologici, chimici, fisici e biologici che fanno della Terra un luogo abitabile; la diseguaglianza sociale si è resa ancor più evidente durante la pandemia, mostrando la propensione del sistema economico, sanitario e culturale vigente a selezionare tra vite degne e vite di scarto.

Giustizia climatica e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia e richiedono in tempi estremamente brevi una radicale inversione di rotta rispetto all'attuale modello economico e ai suoi impatti sociali, ecologici e climatici.

Niente può essere più come prima, per il semplice motivo che è stato proprio il prima a causare il disastro.

Oggi più che mai dobbiamo pensare alla costruzione di una società della cura, che sia cura di sé, dell'altr*, dell'ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno.



Al primo punto del nuovo corso mettiamo la conversione ecologica del sistema economico e della società.

L'emergenza climatica è drammaticamente vicina al punto di non ritorno. Il tempo a nostra disposizione si sta esaurendo: il riscaldamento climatico si aggrava, aumentano gli incendi, accelera la scomparsa dei ghiacciai, la morte delle barriere coralline, la sparizione di interi ecosistemi e di specie animali e vegetali, aumentano le inondazioni e i fenomeni meteorologici estremi.

Anche la nostra crescente vulnerabilità alle pandemie ha la sua causa profonda nella distruzione degli ecosistemi naturali, nella progressiva industrializzazione della produzione, in primo luogo di quella agroalimentare, e nella velocità degli spostamenti di capitali, merci e persone. Un modello produttivo basato sulla chimica tossica e sugli allevamenti intensivi ha provocato un verticale aumento della deforestazione e una drastica diminuzione della biodiversità. Tutto questo, sommato a una crescente urbanizzazione, all'estensione delle megalopoli e all’intensificazione dell’inquinamento, ha portato a un cambiamento repentino degli habitat di molte specie animali e vegetali, sovvertendo ecosistemi consolidati, modificandone il funzionamento e permettendo una maggiore contiguità tra le specie selvatiche e domestiche.

Una radicale inversione di rotta in tempi estremamente rapidi è assolutamente necessaria e inderogabile. Occorre promuovere la riappropriazione sociale delle riserve ecologiche e della filiera del cibo, sottraendola all'agro-business e alla grande distribuzione, per garantire la sovranità alimentare, ovvero il diritto di tutt* ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica. 

Impianto Saras

Occorre avviare una profonda conversione ecologica del sistema tecnologico e industriale, a partire dalla decisione collettiva su “che cosa, come, dove, quanto e per chi” produrre e da un approccio eco-sistemico e circolare ai cicli di lavorazione e alle filiere, dall'estrazione dei materiali alla produzione, dalla valorizzazione ai mercati, al consumo finale.

Occorre invertire la rotta nel sistema del commercio internazionale e degli investimenti finanziari, sostituendo l'inviolabilità dei diritti umani, ambientali, economici e sociali all'attuale intoccabilità dei profitti, e rendendo vincolanti tutte le norme di tutela sociale e ambientale per tutte le imprese, a partire da quelle multinazionali, anziché concedere loro di agirle solo volontariamente o come forme di filantropia.

Un nuovo paradigma energetico, con l’immediato abbandono dei combustibili fossili, deve fondarsi su energia “pulita, territoriale e democratica” invece che “termica, centralizzata e militarizzata”. Un approccio sano al territorio e alla mobilità deve porre fine al consumo di suolo e alle Grandi e meno grandi Opere inutili e dannose, per permetterci di vivere in comunità, città e sistemi insediativi che siano luoghi di vita degna, socialità e cultura, collegati tra essi in modo sostenibile.

Va profondamente ripensata la relazione di potere fra esseri umani e tutte le altre forme di vita sul pianeta: non possiamo assistere allo sterminio di molte specie animali e al brutale sfruttamento di diverse altre, pensando di restare indenni alle conseguenza epidemiologiche, climatiche, ecologiche ed etiche.

Occorre una conversione ecologica, una rivoluzione culturale, che ispiri e promuova un cambiamento economico e degli stili di vita.

Gli altri elementi necessari per un cambiamento davvero radicale riguardano:

·      Lavoro, reddito e welfare nella società della cura

·      Riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici

·      Centralità dei territori e della democrazia di prossimità

·      Pace, cooperazione, accoglienza e solidarietà

·      Scienza e tecnologia al servizio della vita e non della guerra

·      Finanza al servizio della vita e dei diritti

 

 


Sono invitate tutte le persone, le associazioni, i comitati, le reti associative e di movimento, le esperienze autogestite, le realtà studentesche, sociali e sindacali, a dar vita in tutte le piazze del Paese (nel pieno rispetto delle norme anti-Covid) ad una grande giornata di

MOBILITAZIONE NAZIONALE

sabato 21 novembre 2020 ore 15.00

a Cagliari, in via Roma

sotto la sede del Consiglio Regionale

 

Italia Nostra Sardegna si riconosce nel manifesto della mobilitazione e partecipa alla manifestazione di Cagliari 

Sull'argomento



venerdì 13 novembre 2020

L'assalto delle multinazionali a "sa Libra"

di Diego Asproni*

Nell'ultimo capitolo del romanzo  SOS SINNOS, Michelangelo Pira ritorna a Sa Libra, tra Onanì, Bitti e la Colonia Penale di Mamone. L'autore del libro, immagina di essere trasportato in taxi dalla Piazza Maggiore di Bologna alla chiesetta de Santu Bachis de Onanie. 

Qui avviene l'incontro con la madre Teresa che lo riconosce e lo abbraccia.

Il viaggio prosegue con il sentiero in salita e l'arrivo a Sa Libra, l'ovile della sua infanzia.  Ad uno ad uno egli riconosce gli alberi e gli animali: il cane, le capre, il bue, le pecore, gli agnelli, i cinghiali, compresi quelli che aveva dovuto macellare e mangiare. 

Molti hanno parole buone con lui, altri lo rimproverano ma, poi lo perdonano. 

La notizia straordinaria del ritorno di Milianu nell'antico ovile si sparge in tutto il mondo e da tutti i continenti ritornano gli amici, i parenti, i conoscenti. Vengono tutti, dall'Argentina alla Polonia, viene anche Rosa, la cugina che aspetta il ritorno del marito Salvatore dalla Germania. 

Milianu chiama e invita tutti i sardi a ritornare a Sa Libra: i pastori dalla Toscana, gli operai emigrati da Torino, i condannati dalle prigioni, i soldati dispersi in Russia, in Abissinia, in Grecia... <<...Ghirate totu cantos a Sa Libra..>>, tornate tutti, io sono qui, voi dove siete? Voglio parlare con persone vere, voglio toccare cose vere, non mi basta più vivere dentro campane di vetro. 

Questo dice nelle ultime pagine del testo di Sos Sinnos.

Per tanto tempo mi sono chiesto cosa volesse dire Michelangelo Pira con queste parole. Mi chiedevo perché, ad un certo punto della sua vita, lui, intellettuale affermato, ormai docente di antropologia culturale all'università di Cagliari avesse deciso di scrivere un romanzo in lingua sarda. 

Quando lui aveva iniziato la scrittura di questo romanzo, tra il '75 e l'80, in Sardegna  i  movimenti anticolonialisti denunciano il fallimento del Piano di Rinascita, l'occupazione militare, e  la forte emigrazione. 

Gli stessi movimenti nel 1978 raccolgono 13000 firme e presentano in Consiglio Regionale, una proposta di legge popolare per il riconoscimento del bilinguismo in Sardegna. 

L'intellettuale Michelangelo Pira vede tutto questo e decide di ritornare a Sa Libra. Sa Libra è la metafora della sua scelta politica e culturale in contrasto con la linea dei grandi partiti e delle università. 

La sua scelta, quasi un manifesto, è quella di scrivere uno dei primi romanzi in lingua sarda. 

Il professore universitario sceglie di usare una lingua emarginata, non ufficiale, per una comunicazione moderna e alta, niente affatto folkloristica. 

Rifiuta l'ambiguità di vivere in ogni luogo, ritorna e riconosce la sua vera strada e la ripercorre ancora. Per poco tempo, purtroppo. 

Non sappiamo quanto della sua creatività politica sarebbe stata di aiuto per fermare la svendita di coste, terre, beni materiali e immateriali che stiamo vivendo. 

Non possiamo saperlo perché la strada appena iniziata, finiva già con la sua scomparsa prematura nel 1980. 

Sicuramente la sua intelligenza sarebbe stata di aiuto oggi che le multinazionali dell'eolico sono all'assalto dell'altopiano, da Lodè a Osidda. 

Sono 61 le torri, sei i progetti presentati: tre a Bitti, due a Nule, uno ad Onanì per un totale di 280 MW. L'ultimo progetto, quello di Onanì con 6 torri alte 206 metri, è previsto proprio a Sa Libra, nei luoghi del cuore dell'intellettuale di Bitti.

Mai come adesso è stato attuale il suo invito <<...Ghirate totu cantos a Sa Libra...>>, guardate quanto accade nella vostra terra.

Bitti 10 -11-2020


* Diego Asproni artista poliedrico di Bitti prima studente dell’Istituto d’arte di Sassari poi, minatore per tre anni e ancora Assessore alla Cultura del suo paese e insegnante.


Murales di Diego Asproni


sull'argomento

Italia Nostra Sardegna - Aggressioni senza precedenti a monti e pianure della Sardegna

Italia Nostra Sardegna - Il parco eolico di "sa Gomorretta"una ferita nel cuore della Sardegna

L'Unione Sarda - Eolico, il no di Lula per salvare il telescope








mercoledì 4 novembre 2020

Aggressione senza precedenti a monti e pianure della Sardegna

Con la presentazione delle Osservazioni Italia Nostra Sardegna è intervenuta nel procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale in corso presso il Ministero dell’Ambiente e relativo ai progetti di due parchi eolici con opere connesse, da realizzarsi nei territori di Bitti, Nule, Benetutti e comuni limitrofi. Si tratta di due impianti di grossa taglia (da 56 e 63 MW di potenza con pale che raggiungono 200 mt di altezza), che si andrebbero ad aggiungere ad una miriade di altri già in produzione o in attesa di autorizzazioni, tutti dislocati nella Barbagia di Bitti e nel Goceano. 

Nelle Osservazioni sono state evidenziate le molteplici criticità presenti negli elaborati di progetto. La localizzazione degli impianti appare non sostenibile per gli impatti paesaggistici e per le interferenze con le componenti abiotiche e biotiche naturalistiche (in particolare l’avifauna) ed irrazionale si rivela l’ulteriore adduzione di produzione energetica in un sistema elettrico al limite del collasso per la proliferazione senza controllo di tali strutture. Come già evidenziato dai Sindaci del Territorio e dalla comunità scientifica, è stata eccepita l’incompatibilità dei parchi eolici con importanti progetti di interesse internazionale, quali l’osservatorio “Einstein Telescope e il laboratorio SARDAGRAV”, in corso di realizzazione nelle miniere di “Sos Ennattos” a Lula, progetti questi ultimi che rappresentano un’occasione storica per il rilancio del territorio. 

Einstein Telescope: schema

I due impianti contestati da Italia Nostra Sardegna andrebbero ad aggiungersi ad altri sei (attualmente a VIA) per una potenza totale che supera gli 800 MW e ad oltre una sessantina di parchi fotovoltaici disseminati in tutta la Sardegna. Se venissero autorizzati si raggiungerebbe una potenza complessiva installata superiore ai 2mila MW, con l’occupazione solo in parte di aree industriali e con la perdita di circa 3mila ettari di terreni agricoli.

Nelle Osservazioni si richiamano i contenuti della recente Sentenza (573/2020 del 23.10.2020) del TAR Sardegna, nella quale si fa espresso riferimento ai vincoli imposti dalla Delibera della Giunta Regionale del 7 agosto 2015 n. 40/11 (aree non idonee alla installazione degli impianti eolici). La Sentenza accoglie inoltre la tesi di Ministero dei BBCC e RAS, da sempre sostenuta da Italia Nostra, che l’area di rispetto dei siti di interesse archeologico e di tutela dei Beni culturali debba estendersi in rapporto al contesto territoriale e quindi non limitarsi ai 1.600 mt di distanza dal singolo monumento come stabilito dalla D.G.R.  

La Sentenza precisa infatti che <<… il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili arretra quando sussistano, in concreto, importanti elementi di natura paesaggistico-archeologica da preservare, ove la problematica, in particolare, della tutela archeologica dei “beni di prossimità” assume valore prevalente ed assorbente. Condizionando negativamente la realizzabilità del progettato intervento di grande impatto sul territorio…>>.  Nello specifico gli impianti di Bitti e Nule sono ubicati in adiacenza di importanti siti archeologici.

Oggi si assiste impotenti al tragico ricorso storico dell’assalto incontrollato alle risorse naturali dell’Isola da parte di imprenditori, facilitatori, speculatori, che grazie all’elargizione di capitali pubblici realizzano ingenti profitti a danno di beni ambientali e culturali. Corre l’obbligo dunque di interrogarsi su quale modello di produzione energetica si vuole puntare, se lasciare campo libero alla speculazione incontrollata o privilegiare comunità energetiche, autoproduzione, autoconsumo; in altri termini scegliere tra sfruttamento capitalistico o fruizione democratica delle fonti energetiche. Una dicotomia che trova soluzione nella  richiesta avanzata in questi giorni da parte di  Italia Nostra Sardegna, CIA, Cobas Cagliari e USB Sardegna al Ministero dell’Ambiente  e alla Regione Sardegna, affinché si sospendano i progetti in corso per la realizzazione di grandi impianti di produzione da FER, si respingano le proposte di ulteriore occupazione di suolo agricolo, si avvii una consultazione con gli stakeholder per l’elaborazione di un Piano Strategico Generale all’interno del quale inserire una coerente riformulazione del Piano Energetico e Ambientale. 

In tempestiva sintonia Italia Nostra Nazionale ha a sua volta rivolto al Governo un appello a costituire un tavolo di concertazione a livello nazionale per individuare le aree compatibili con gli impianti di produzioni energetiche da FER, in modo da programmare gli interventi ed evitare che da questa situazione di dissennata deregulation si dia campo libero alla speculazione ed alle ecomafie. 

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