sabato 30 maggio 2020

Piano casa e demolizione del PPR, cambiano gli attori ma la rappresentazione è sempre più scadente

La proposta di legge Mula, Giagoni, Mura, Sechi e altri – presentata i giorni scorsi in Consiglio Regionale e intitolata “Modifiche alla Legge Regionale 20 dicembre 2019 n. 22 …  e norme di interpretazione autentica del Piano Paesaggistico Regionale” - mira a scardinare il Piano Paesaggistico Regionale pretendendo di darne una interpretazione autentica dopo 14 anni di corretta applicazione, dopo numerose sentenze di legittimità da parte dei giudici amministrativi e dopo aver superato quasi indenne i tentativi di revisione/stravolgimento da parte di tutte le Giunte Regionali che si sono susseguite dopo la giunta Soru che lo ha approvato. 

Non si capisce come una legge regionale possa modificare una norma che è frutto di una intesa tra Regione e Ministero dei BBCC. Infatti, così come previsto dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche ed integrazioni, il Piano Paesaggistico Regionale è stato sottoposto all’attenzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per la prevista intesa. Pertanto qualsiasi modifica allo strumento di Pianificazione Paesaggistica deve seguire il rigido protocollo previsto dall’art. 143 del Codice dei Beni Culturali ed essendo quindi basato su un accordo tra pubbliche amministrazioni non può in nessun caso essere “interpretato autenticamente” da una delle amministrazioni contraenti, tanto meno se l’obbiettivo è quello di eliminare le tutele paesaggistiche della fascia costiera, dei beni identitari e dalle zone agricole della Sardegna. Insomma, se la proposta fosse approvata, sarebbe l’ennesima legge da impugnare davanti alla Corte Costituzionale, cosa che ci proponiamo di chiedere il giorno dopo la sua emanazione. 

Mentre invece l’ennesima proroga al Piano Casa si commenta da sé. Una disposizione straordinaria inventata nel 2009 e finalizzata al “sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo” si è trasformata in un provvedimento ordinario, rinnovato di anno in anno, utile per giustificare deroghe permanenti ai PUC e all’intera pianificazione urbanistica.
Uno strumento che non ha neppure sortito l’effetto di rilanciare l’edilizia, visto che in Sardegna il settore ha perso oltre il 50% degli addetti negli ultimi 10 anni. Ma grazie a questo provvedimento “distruggi città” sono stati stravolti interi centri urbani con la creazione di mostruosi edifici slegati dai contesti urbanistici. 
Italia Nostra e WWF Sardegna ritengono che sia arrivato il momento di fermare questa permanente aggressione al territorio e di ripensare l’urbanistica e la pianificazione paesaggistica della Sardegna strettamente legata al futuro che si intende dare alla nostra isola, capace di dare concrete risposte ai reali bisogni della comunità sarda, allo spopolamento dei territori, ad un turismo responsabile, sostenibile e rispettoso dei beni ambientali e paesaggistici.

Italia Nostra Sardegna - Speculazione edilizia e urbanistica in Sardegna

sull'argomento

La Caletta, isola di San Pietro



venerdì 15 maggio 2020

Il nuovo ponte di Sant’Antioco non s’ha da fare

L'attuale ponte
Nuovo Ponte di Sant’Antioco: verso la revoca del progetto.
Avversato per anni dalla sezione di Sant’Antioco di Italia Nostra - che non si è mai appassionata alla discussione che per qualche anno ha diviso la comunità antiochense tra le fazioni pro ponte e quella pro tunnel - poi dal Comitato di cittadini e dalle altre associazioni ambientaliste regionali, infine da tutti i sindaci del Sulcis, in buona sostanza, verrebbe da dire parafrasando il Manzoni, il nuovo ponte di Sant’Antioco “non s’ha da fare”. 
La storia di quest’opera affonda le sue radici nel lontano 2008 quando, con una fake news si è sparsa la notizia che l’attuale ponte fosse pericolante e che bisognasse costruirne un altro, costo dell’opera 12 milioni di euro.  Negli anni l’opera è stata deliberata, messa a gara ed è aumentata notevolmente di costo:  57,5 miloni di euro ottenuti dirottando anche i finanziamenti dalla riqualificazione delle principali strade del Sulcis. Dopo lunghi anni di battaglia, guidata anche da Italia Nostra Sardegna, si è finalmente raggiunto un fronte unico: cittadini, associazioni e 17 sindaci. 
La madonna del naufrago che vigila sul ponte e sulla laguna

Le istituzioni locali hanno già formalmente condiviso le Osservazioni del Comune di Sant’Antioco e quelle sottoscritte dal Comitato Porto Solky e dalle associazioni ambientaliste Grig (Gruppo di Intervento Giuridico), WWF Sardegna e Italia Nostra Sardegna. Tutti hanno richiesto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di rigettare il progetto del nuovo ponte a favore della ristrutturazione del porto abbandonato di Sant’Antioco e della disastrata viabilità del Sulcis. In questo modo, uno degli obiettivi primari del Piano Sulcis, ovvero lo sviluppo della nautica d’eccellenza e la dotazione di infrastrutture finalizzate alle attività produttive, potrà aver corso. A breve è atteso il provvedimento di rigetto dell’istanza dell’Anas da parte del Provveditorato interregionale per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Il rendering del nuovo viadotto
Riteniamo che la posizione unitaria delle amministrazioni locali sia stata davvero importante e lungimirante, infatti fermare l’opera in questa fase, senza percorrere il successivo step della Valutazione di Impatto Ambientale, potrà consentire di rimodulare in tempi ragionevoli l’intero importo di quasi 60 milioni di euro e di impedire che quel finanziamento venga dirottato da altre parti. Cosa che sarebbe di certo avvenuta se il parere negativo fosse stato espresso fra qualche anno a seguito di una VIA che avrebbe presumibilmente avuto un esito negativo, visto l’impatto ambientale che il ponte e il transito delle barche avrebbero arrecato all’intero ecosistema. 
Consultare a questo link gli elementi di criticità del progetto 
Il ponte romano, la cui vista sarebbe stata coperta dal nuovo viadotto 

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Locandina di alcuni dei numerosi incontri formativi 


Alba  sulla laguna di Santa Caterina

mercoledì 13 maggio 2020

Alghero. Maria Pia bene comune. Mettere a dimora 40mila alberi per i cittadini. Un impegno nell’era post-covid.

Uno degli elementi decisivi per migliorare la qualità della vita in città è rappresentato dal verde urbano e peri-urbano inteso come l’insieme delle componenti biologiche che concorrono a determinare l’impronta funzionale e paesaggistica di un centro abitato in equilibrio ecologico col territorio, esso è un vero e proprio sistema complesso, formato da un insieme di superfici e di strutture vegetali eterogenee, in grado di configurarsi come un bene di interesse collettivo e come una risorsa multifunzionale per la città e per i suoi abitanti. In questa direzione si muovono le politiche ambientali e di sviluppo sostenibile promosse a livello internazionale e nazionale. 
Le associazioni ambientaliste Gruppo Intervento Giuridico, Italia Nostra Sardegna, Lipu e Wwf, da anni, sottolineano l’importanza degli alberi specie nei contesti urbanizzati e la conseguente promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani nell’ottica del miglioramento ambientale e della sensibilizzazione della cittadinanza. Il verde pubblico se adeguatamente pianificato, progettato e gestito, può svolgere molte funzioni e produrre importanti benefici per l’ambiente e per la società determinando i cosiddetti servizi ecosistemici. 

Una “città verde”, oltre ad apparire esteticamente più apprezzabile anche a livello turistico, è in grado di incontrare i fabbisogni di ricreazione, relazione sociale, crescita culturale e di salute dei propri abitanti. Tali funzioni, anche nella logica del distanziamento sociale della fase post-covid, richiedono per Alghero l’ampliamento delle attuali aree verdi a Maria Pia, bene comune di proprietà pubblica, con la messa a dimora di 40 mila alberi come risarcimento per l’esigua disponibilità di verde pubblico pro-capite. Infatti un recente studio calcola in 57.800 mq - l’esigua quantità del verde pubblico di Alghero comprendendo 11 aree: dai Giardini Manno (14 mila mq) sino a Piazza Maria Carta (700 mq). Ipotizzando una popolazione estiva di 80 mila persone si ricava che ogni abitante di Alghero ha a disposizione mq 0,7; mentre in inverno - con 40 mila abitanti - la superficie è 1,4 mq per abitante. L’esiguità di tale disponibilità̀ ab/pro-capite si evince rapportandola alla media nazionale che è di 31,5 mq! 
La vegetazione garantisce effetti positivi sul clima locale, sulla qualità dell’aria, sui livelli di rumore, sulla stabilità del suolo e l’assorbimento di Co2 grazie all’attività fotosintetica e alla capacità di fissare carbonio nei propri tessuti e di assorbire le sostanze gassose altamente concentrate in ambiente cittadino. 

Le associazioni ambientaliste Gruppo Intervento Giuridico, Italia Nostra, Lipu e Wwf ritengo- no che Alghero possa diventare una città sostenibile e “verde” nell’era post-covid, iniziando a compensare questo divario attraverso l’opera di piantumazione di Maria Pia con appropriate essenze. Uno spazio verde vitale alternativo a ulteriori metri cubi di cemento e ai campi da golf. 

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martedì 5 maggio 2020

Il principio di precauzione nella sperimentazione della tecnologia 5G

Nei giorni scorsi Italia Nostra Sardegna ha indirizzato al Presidente dell’ANCI una lettera, nella quale oltre a chiarire la posizione dell’Associazione nei confronti della tecnologia 5G, vengono avanzate alcune specifiche proposte e richieste.

Come è noto la tecnologia 5G rappresenta l’implementazione di una rete (sostitutiva dell’attuale 4G LTE) che, sfruttando alte frequenze, consente di elevare la velocità dei segnali, ma che nello stesso tempo costringe ad aumentare il numero dei ripetitori. Tutto ciò comporterà un incremento esponenziale del livello di inquinamento da elettrosmog, i cui effetti sulla salute della popolazione e degli ecosistemi sono ignoti. Autorevoli fonti scientifiche non escludono la possibilità di un rapporto causa/effetto tra radiofrequenze/cancro ed in ogni caso sono stati evidenziati casi di elettrosensibilità da elettrosmog in molti soggetti. Peraltro la stessa Unione Europea e numerose sentenze hanno riconosciuto l’oggettiva esistenza di tali legami. 
Poiché l’installazione delle reti 5G sta procedendo senza la preventiva informazione d’obbligo e senza alcuna valutazione del rischio sanitario, mentre intere comunità si trovano esposte ad una sperimentazione senza esserne a conoscenza, Italia Nostra Sardegna ha esortato la presidenza regionale dell’ANCI affinché i Sindaci, responsabili della salute pubblica delle comunità che rappresentano, assumano iniziative di prevenzione sanitaria attraverso l’adozione di delibere o ordinanze che vietino l’installazione di ripetitori 5G in forza dell’applicazione del principio di precauzione. Alcuni sindaci della Sardegna e del continente, tra l’altro, hanno già adottato questi provvedimenti. Nello stesso tempo in applicazione del principio di trasparenza viene richiesto che le comunità e gli stakeholders siano preventivamente consultati in riferimento alle iniziative e decisioni future.
Italia Nostra Sardegna ritiene che l’applicazione del principio di precauzione, oggi più che mai, debba essere il motivo conduttore delle azioni di governo. È infatti sotto gli occhi di tutti come la sottovalutazione degli impatti sulla salute collettiva di alcuni fattori di non difficile prevedibilità sia costata alla collettività la perdita di molte vite, delle libertà individuali, dei normali rapporti sociali ed alla Nazione un danno economico ed occupazionale incalcolabile.

Il testo della lettera all'ANCI 

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sabato 2 maggio 2020

GIORNATA VIRTUALE DEI BENI IN PERICOLO – La Lista Rossa - 2-3 maggio 2020

Italia Nostra rispetta, come tutti, le disposizione dettate dall’emergenza sanitaria – #iorestoacasa – e quindi la campagna di primavera, dedicata al recupero del nostro Patrimonio Culturale cambia veste: da realizzazione coordinata di manifestazioni su tutto il territorio nazionale, diventa la GIORNATA VIRTUALE DEI BENI IN PERICOLO – la Lista Rossa.
 Sulla pagina Facebook dell’associazione https://www.facebook.com/ItaliaNostraOnlus/ verranno lanciati decine di post nel primo fine settimana di maggio (il 2 e 3) e per tutto il mese successivo sui tanti beni in pericolo che necessitano di azioni di recupero. Un viaggio virtuale alla scoperta di tesori nascosti che necessitano di attenzioni e cura.
In questa campagna, però, Italia Nostra non si limita ad elencare siti in pericolo, ma propone soluzioni per il loro recupero, per contribuire alla ricostruzione non solo materiale, ma anche sociale del Paese.
Intraprendere un vasto programma di restauro e recupero del nostro Patrimonio Culturale potrebbe infatti essere spesa pubblica di qualità, capace di sostenere il settore delle PMI edilizie specializzate. I fondi impegnati nei cantieri gestiti dalle Soprintendenze seppure attualmente contribuiscano in maniera marginale al PIL, sono investimenti da alto valore aggiunto, che impiegano maestranze specializzate, il fiore all’occhiello dell’edilizia. Aumentare tale capacità di spesa potrebbe aiutare il settore edilizio e restituire al Paese un Patrimonio Culturale ben curato, restaurato e recuperato alla fruizione pubblica e al turismo internazionale.
L’Italia ha maestranze nell’edilizia artigianale di altissimo valore e capacità che sarebbe doveroso sostenere attraverso il potenziamento dell’offerta formativa degli Istituti d’Arte e delle Scuole di Mestieri artigiani.

Su Semafuru - Stazione semaforica di Sant'Antioco


BENI CULTURALI SULLE COSTE DELLA SARDEGNA (*) 

La Giornata Virtuale dei Beni in Pericolo (GVBP 2020) dedica un focus ai beni culturali presenti sulle coste dalla Sardegna: torri di avvistamento, fortificazioni, stazioni semaforiche, fari, antichi insediamenti storici di alto valore paesaggistico e storico che costituiscono un’importante risorsa per l’Isola e che purtroppo si trovano spesso in condizione di grave degrado e abbandono. Si ricordi a tal proposito il crollo nel 2012 della Torre di Scau 'e Sai nel litorale di San Vero Milis.
Italia Nostra ha dedicato sempre grande attenzione a questi beni, con una serie di iniziative e interventi presso le autorità locali, il demanio marittimo e il demanio regionale al fine di stimolare interventi di tutela, recupero e valorizzazione. Importante è stata la mobilitazione del 2011 di Associazioni, Comitati e Cittadini per impedire che la stazione semaforica di Capo Sperone e altri promontori della costa occidentale della Sardegna venissero trasformati in siti militari per ospitare radar di profondità. In quell’occasione fu il TAR Sardegna, su ricorso presentato da Italia Nostra, a mettere una pietra tombale sul progetto.  

Questi edifici appartengono alla storia e quindi alla collettività, anche perché ubicati in luoghi assolutamente unici e di incomparabile bellezza. Italia Nostra auspica che siano oggetto di interventi di recupero perché potrebbero essere volano di sviluppo per le comunità locali, per un turismo slow, sostenibile e di prossimità che risponda alla crisi generalizzata del turismo di massa internazionale dovuto all’emergenza sanitaria. Pertanto deve essere assicurata in ogni modo la loro messa in sicurezza, la tutela e la fruibilità pubblica. 



TORRI E FORTIFICAZIONI

Torre di Cala Domestica - Buggerru
Le Torri costiere della Sardegna vennero erette a partire dal 1570 circa, per volontà della Corona di Spagna, proprio in attuazione di un piano di difesa dalle scorrerie dei Saraceni. L’intero sistema difensivo era amministrato dalla Reale Amministrazione delle Torri, istituita da Filippo II di Spagna, nel 1581. Tale istituzione rimase in attività anche in periodo sabaudo per essere definitivamente soppressa soltanto nel 1842 e doveva provvedere alla progettazione e costruzione di nuove torri, alla manutenzione di quelle già esistenti, all'arruolamento dei soldati e al rifornimento di armi, munizioni e tutto l’occorrente per il funzionamento delle guarnigioni. 
Le torri di avvistamento lungo le coste sarde sono sempre situate in posti spettacolari e dovrebbero diventare parte di un progetto generalizzato di affidamento alle comunità locali per finalità sociali e turistiche. Italia Nostra ha maturato una importante esperienza nel recupero e nella gestione delle Torri Costiere, dalla fine degli anni '80 del secolo scorso, quando è stata recuperata e resa alla pubblica fruizione la Torre Canai di Sant'Antioco. Dopo averla ottenuta in concessione, l’associazione ha effettuato un intervento di restauro in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Cagliari e con il Ministero dell’Ambiente. Al suo interno è visitabile una mostra fotografica e cartografica sugli aspetti culturali e naturalistici dell’isola di Sant’Antioco. Il modello proposto dall’associazione, che garantisce con i suoi volontari l’apertura del monumento tutta la stagione estiva e ad appuntamenti fissi e che nel 2019 ha visto l’affluenza di più di 4.000 visitatori, può facilmente essere replicato in altre località.
Per altre quattro torri in particolare Italia Nostra si è spesa a più riprese, per cercare di contrastare il degrado di queste strutture.

Torre di Ischia Ruja - Tresnuraghes
1.     Torre di Columbargia di Tresnuraghes, Sinis Cabras. Torre del sistema difensivo costiero spagnolo. Fruizione difficoltosa e pericolosa a causa delle precarie condizioni della torre, segnalazione in Lista Rossa del 2016 della Sezione di Sinis Cabras.
2.     Torre di Ischia Ruja, Sinis Cabras. Torre del sistema difensivo costiero costruita tra il 1580 e il 1584, oggi in abbandono. Sono necessari interventi di consolidamento senza i quali il bene rischia, inesorabilmente di crollare. Segnalata dalla Sezione di Sinis Cabras nel 2016
3. Torre di Caladomestica, Buggerru. Segnalazione in Lista Rossa della Sezione di Sant’Antioco. L'edificazione della "Nuova Torre di Caladomestica" risale al periodo sabaudo. I lavori ebbero inizio nel 1765 e furono conclusi intorno al 1780. In tempi moderni la torre è stata gestita dal Ministero della Marina Mercantile. Attualmente la gestione è affidata all'ufficio demanio della Regione Sardegna ma bisognerebbe che il Comune di Buggerru chiedesse la concessione per poi presentare un progetto di recupero conservativo alla Regione Sarda, oppure ottenere un finanziamento del Parco Geominerario, visto che la torre e la spiaggia omonima ricadono nel territorio di sua competenza. 

4.     Torre di Frignano, Comune di Castelsardo. Torre circolare parte delle difese di Castelsardo. Inserita tra le fortificazioni genovesi del Progetto Europeo EIRENE di cui Italia Nostra è capofila. 


PROGETTO EUROPEO EIRENE

Il Progetto Europeo EIRENE, che promuove la candidatura nella World Heritage List UNESCO delle fortificazioni genovesi nel mediterraneo, ha classificato molte fortificazioni e torri presenti sul territorio della Sardegna. Ecco una mappa che illustra la consistenza di tale patrimonio.



STAZIONI SEMAFORICHE E FARI

Con delibera della Giunta Regionale n. 52/36 del 23/12/2011, furono affidati alla Conservatoria delle Coste della Sardegna 15 tra fari, semafori e torri costiere, di proprietà regionale al fine di provvedere all’elaborazione di un programma dettagliato per il loro recupero e valorizzazione attraverso eventuali procedimenti pubblici per l’affidamento in concessione. Si trattava di beni per la maggioranza in grave stato di abbandono e facenti parte della storica rete di segnalamento nautico che ha consentito la navigazione prima dell’avvento dalla moderna tecnologia satellitare o da sistemi automatizzati. Le uniche due eccezioni al degrado sono il Faro e Torre di Torregrande di Oristano e la Stazione Segnali di Capo Sant'Elia di Cagliari.
A seguito del provvedimento, Italia Nostra, WWF, Legambiente, Grig e FAI siglarono una sorta di accordo con la Conservatoria per assicurare la fruizione pubblica dei beni in caso di affido a privati. Oltre ai siti affidati alla Conservatoria, gli unici altri casi di affido in Sardegna hanno riguardato in questi anni il Faro di Capo Spartivento, nel territorio del Comune di Domus de Maria, affidato in concessione ad un privato che vi ha realizzato un resort di lusso, e il Faro di Punta Sardegna, nel Comune di Palau, affidato al Costal and Marine Geology Group dell’Università di Cagliari. Nel primo caso purtroppo non si è garantita la fruizione pubblica del bene e Italia Nostra non ha mancato di eccepire alle modalità dell’operazione. 

Estremo sud dell'Isola di Sant'Antioco

Nel 2017 la Regione Autonoma Sardegna e l’Agenzia del Demanio hanno avviato un accordo di collaborazione, di durata triennale, per predisporre le procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento in concessione o in locazione dei 10 Fari e Stazioni semaforiche già affidati a suo tempo alla Conservatoria. L’accordo ricalca il modello del progetto nazionale Valore Paese – FARI ed è stato denominato Orizzonte Fari Sardegna. Davvero incomprensibile questa rocambolesca operazione, dopo anni di conflitti con lo Stato per rivendicare questi beni, ottenuti poi attraverso il “federalismo demaniale” conseguente alla riforma del Titolo V della Costituzione in base alla legge costituzionale n. 3/2001, la Regione Sardegna, dopo pochi lustri, rinuncia alla gestione delle Stazioni Semaforiche sottraendoli all’Agenzia per la Conservatoria delle Coste (sorta proprio per la gestione del patrimonio costiero) e li cede nuovamente la gestione allo Stato!
Per i beni sono stati individuati possibili scenari di riutilizzo, anche attraverso nuove destinazioni d'uso, che permetteranno, secondo gli intenti della Regione, di realizzare un sistema di ricettività dedicata al turismo sostenibile e allo sviluppo delle eccellenze locali. I singoli bandi delle strutture sono stati gestiti dalla società InvestinItaly. Le gare sono ormai chiuse e i verbali di ammissione sono stati già pubblicati online e per 4 stazioni l’ultimo provvedimento riguarda la nomina della Commissione per la verifica di convenienza economica delle migliori offerte. I bandi parlano di riqualifica “secondo un modello di valorizzazione turistico-culturale principalmente legato ai temi del turismo sostenibile, alla scoperta del territorio ed alla salvaguardia del paesaggio, anche attraverso la coesistenza dell’uso pubblico, inteso come servizio di pubblica utilità.” 
È evidente che l’affido a privati appare essere ormai l’unica soluzione praticabile, viste le limitate risorse a disposizione della Regione e le gravi condizioni di incuria in cui versano i beni, spesso a rischio crollo. Italia Nostra quindi non può che approvare il progetto ma si augura che, quanto specificato nei bandi, trovi concreta applicazione nella realtà, che casi come quello del Faro di Capo Spartivento - che hanno di fatto trasformato il faro in una struttura esclusiva e inaccessibile al pubblico - non si ripetano e che si trovi un’armoniosa coesistenza tra esigenze privatistiche e uso pubblico. Per questo Italia Nostra ha voluto segnalare questi beni nella Giornata Virtuale dei Beni in Pericolo, affinché venga tutelata la fruibilità futura. 


1.   Stazione segnali di Capo Sperone (Sant’Antioco) inserita nella prima edizione della Lista Rossa. Realizzato nel 1886 dall’imprenditore Giuseppe Mosca di Cagliari, l’edificio disposto su due piani ha disegno e materiali interessanti. Oltre agli alloggi, ci sono l’ufficio radio-trasmittente e la torretta di avvistamento, realizzata in parte in granito. Oggi purtroppo, anche la torretta è crollata! 
2.     Stazione di vedetta di Marginetto (La Maddalena). Domina un largo tratto di mare delle Bocche di Bonifacio, costituito da vari di caseggiati oggi abbandonati che, con ogni probabilità, facevano parte integrante del sistema di fortificazioni costituito verso la fine dell’800 per proteggere le navi della Regia Marina Italiana.

3.   Stazione semaforica di Capo Ferro (Arzachena) L’architettura è quella tipica delle stazioni semaforiche costruite in Sardegna durante gli ultimi anni dell’800 e i primi decenni del ‘900 con un grande ambiente di pianta semicircolare, dal quale è possibile osservare il panorama. In stato di abbandono, ma con ancora l’antenna.

Stazione semaforica di Capo Figari - Golfo Aranci

4.  Stazione di vedetta di Capo Figari (Golfo Aranci)  La stazione gode della vista panoramica sul golfo di Olbia, edificata in periodo bellico per esigenze militari è composta dagli alloggi, i servizi collettivi e torretta di avvistamento di forma semi circolare. Fanno parte della stazione anche l’alloggio sottufficiali e quello per l’ufficiale. Attualmente la struttura si trova in pessimo stato di conservazione, sono infatti in corso degli interventi di messa in sicurezza.

5.  Stazione segnali di Punta Falcone (Santa Teresa di Gallura)  Parte  del sistema di segnalazione marittima tardo ottocentesco, bellissimo esempio di architettura integrata con il territorio circostante. Costituita dagli alloggi e dalla stazione di vedetta sulla sommità di una serie di rocce granitiche, forma semicircolare con aperture disposte a raggiera, struttura di elevato valore architettonico e paesaggistico.

Torre di Cala Domestica - Buggerru

Resta però ancora da risolvere il grave degrado dei seguenti beni, originariamente affidati alla Conservatoria, che pertanto fanno parte della Lista Rossa dei Beni in Pericolo di Italia Nostra:

Stazione semaforica di Punta Scorno - Asinara
1.   Stazione semaforica di Punta Scorno (Isola dell’Asinara). Costituita da tre corpi di fabbrica: il semaforo su due livelli con la “torretta” sul fronte principale, un piccolo deposito munizioni e un alloggio destinato al Capoposto. In pessimo stato di conservazione e con tetto crollato l’edificio è riconoscibile grazie al profilo dei muri portanti, in parte esistenti.


2.   Ex Stazione di vedetta di Capo Ceraso, Olbia. Consta degli alloggi e della vedetta è costituita da una torretta di avvistamento cilindrica in cemento armato dal diametro interno di 2,10 m rivestiti in conci irregolari di pietra locale per mimetizzarsi nel contesto, in precarie condizioni di conservazione. 


3.     Ex Stazione di vedetta Testiccioli, La Maddalena. A presidio dello specchio acqueo a nord dell’Isola, contro attacchi nemici provenienti dalla vicina Corsica. La vedetta, difficilmente raggiungibile vista la non praticabilità dell’antico sentiero, è costituita da un unico corpo di fabbrica in pessime condizioni di conservazione.

4.     Faro di Punta Filetto Isola S. Maria, La Maddalena. Situato nella parte est dell’Isola, è costituito da un edificio di due piani fuori terra che, oltre alla famiglia del fanalista, ospitava in passato anche una maestra elementare e un aiutante. Oggi il faro risulta non accessibile ed è stato sostituito con un sistema di segnalazione automatizzato.

5.     Vecchio Faro Isola di Razzoli, La Maddalena. Si tratta di uno dei fari più imponenti presenti sulle coste sarde a supporto del transito del tratto di mare delle Bocche di Bonifacio. Formato da imponente caseggiato di tre piani fuori terra, più un piano assimilabile a un attico, sormontato dalla torre che sorreggeva la lanterna, oggi non più presente. Costruito a fine ‘800, l’edificio risulta oggi in cattive condizioni.

6.     Faro Capo d’Orso, Palau. Capo d’Orso, estremo lembo della costa sarda, la struttura è quella tipica dei fari, dalle linee essenziali e dalle forme semplici. Attualmente l’edificio poco accessibile è in stato da abbandono, sostituito da un sistema automatizzato.

7.     Faro Capo Mannu,  San Vero Milis. Edificato dalla Marina Militare nel 1960 costa orientale della Sardegna è costituito da una torre quadrata alta 11 metri su cui è posizionato il segnale marittimo, innestata su fabbricato di servizio rettangolare che si sviluppa su un piano.

 (*) Scheda realizzata dall'ufficio Stampa di Italia Nostra, con la collaborazione del CR Sardegna e delle sezioni di Sant'Antioco e del Sinis-Cabras-Oristano 

Su Semafuru, Capo Sperone - Sant'Antioco

sull'argomento 


Cala Domestica - Buggerru
Torre Columbargia - Tresnuraghes