mercoledì 22 febbraio 2023

Ancora una bocciatura per la fabbrica di bombe di Domusnovas-Iglesias

Confermata l’illegittimità dell’ampliamento dello stabilimento RWM

È finalmente arrivata la decisione del Consiglio di Stato che conferma in via definitiva e senza possibilità di appello, quanto associazioni, comitati, sindacati e cittadini sostengono ormai da sei anni e cioè che l’ampliamento dello stabilimento RWM di Domusnovas-Iglesias è del tutto abusivo in quanto l’iter autorizzativo seguito per il rilascio delle autorizzazioni non ha rispettato le leggi e le norme vigenti.  

Con la sentenza n. 03014/2022 del 21-02-2023 il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta di revocazione presentata dalla RWM Italia avverso la sentenza emessa dallo stesso Consiglio nel 2021 con la quale accoglieva le ragioni di Italia Nostra, Unione Sindacale di Base per la Regione Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna sulla obbligatorietà della Valutazione di Impatto Ambientale dell’intero stabilimento: vecchie e nuove strutture produttive.

La sentenza odierna ribadisce “il divieto di artificioso frazionamento del progetto per evitarne la sottoposizione a VIA” e pertanto “il progetto di ampliamento dello stabilimento attraverso la realizzazione dei due nuovi reparti R200 ed R210 che quello relativo alla realizzazione del Campo Prove 140, avrebbero dovuto essere sottoposti a VIA obbligatoria, sulla base di tutta una serie di argomentazioni”. In particolare il riferimento è al codice dell’ambiente, alla normativa europea e al principio di precauzione, anch’esso di derivazione europea. 


Sono serviti tanti anni e numerosi ricorsi per dimostrare quanto appariva ovvio fin dal 2017 e cioè l’illegittimità di numerose autorizzazioni rilasciate con troppa disinvoltura da pubbliche amministrazioni e da pubblici funzionari. Alcuni dei questi dovranno presentarsi il prossimo 3 marzo davanti al giudice di Cagliari, assieme a dirigenti e tecnici della RWM, per rispondere del reato di falso e di numerosi reati urbanistici.

Nella prospettiva di una sentenza negativa da parte del CdS la RWM ha già presentato alla Regione Sarda richiesta di Valutazione Ambientale ex-post per cercare di sanare gli abusi esistenti. Tentando ancora una volta di aggirare la normativa e proseguendo nell’assurda pretesa di non voler assoggettare a VIA le numerose strutture, opere, edifici e infrastrutture realizzate in questi anni.  

Ringraziamo gli avvocati Paolo e Andrea Pubusa e i periti di parte per l’importate e incisivo lavoro svolto in tutti questi anni e i numerosi comitati, gruppi, associazioni e cittadini che hanno solidarizzato e contribuito per il raggiungimento di questo straordinario obbiettivo.

Italia Nostra Sardegna, Unione Sindacale di Base per la Regione Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna 

Scarica la sentenza

sull'argomento

Quotidiano Sociale - Altre bombe? No grazie. Il Consiglio di Stato boccia l'ampliamento della RWM a Iglesias

Sardiniapost - Fabbrica bombe, nuova bocciatura in Consiglio di Stato per l'ampliamento della RWM

L'Unione Sarda - Ampliamento dello stabilimento della RWM di Domusnovas, nuova bocciatura del Consiglio di Stato

Rai TGR Sardegna - Nuovo no all'ampliamento dal Consiglio di Stato

Il Manifesto - "Abusivo l'allargamento della RWM", la fabbrica di bombe perde ancora

Il Manifesto Sardo 






martedì 21 febbraio 2023

Italia Nostra Sardegna a fianco dei cittadini che difendono il proprio territorio

I cittadini, i comitati e le associazioni mobilitati a difesa dei beni comuni e delle aree inserite dall’Unione Europea attraverso la Rete Natura 2000 per la loro importanza ambientale, sono chiamati a rispondere in tribunale perché colpevoli di voler tutelare il proprio territorio e la propria identità. 

Promontorio di Punta Giglio - Alghero

Questo è quanto sta accadendo in questi giorni ad Alghero.

Il 24 febbraio si terrà, presso il Giudice di Pace a Sassari, la terza udienza del procedimento aperto in seguito alla “denuncia-querela” presentata dal presidente della Società “Il Quinto Elemento”, concessionaria dell’ex batteria antinave SR413 di Punta Giglio, contro l’allora presidente del Comitato “Punta Giglio Libera”, Giovanni Oliva, e contro i componenti Salvatore Scala e Roberto Murru, accusati di aver oltrepassato, il 27 giugno del 2021, i confini del “cantiere dei lavori in corso”, e denunciati penalmente per il reato d’invasione di fondo altrui. 

Noi ci schieriamo dalla parte di questi cittadini che da diversi anni esercitano la loro funzione informativa su quanto sta avvenendo a Punta Giglio e nel territorio circostante e si battono contro l’eccessiva e insostenibile antropizzazione di un territorio sensibile deputato a difesa della biodiversità.

Qui puoi scaricare la lettera agli amici delle Associazioni impegnate nella difesa della Zona di Protezione Speciale per la biodiversità mediterranea (ZPS) e Sito d’Interesse Comunitario (SIC ) di Punta Giglio – Capo Caccia – Foradada.

Qui puoi scaricare le considerazioni del Comitato Punta Giglio sulla sentenza del Tar per Tramariglio 

 Il decreto di vincolo n. 73 del 2015 della ex colonia penale di Tramariglio 

Spiaggia Tramariglio - Alghero

sull'argomento





lunedì 20 febbraio 2023

Le torri costiere dell'arcipelago del Sulcis: un'esperienza da riproporre

Introduzione alla storia

Torre Canai che vigila sul Golfo di Palmas
Intorno all’VIII secolo d.C. la Sardegna fu interessata dalle prime incursioni «barbaresche», provenienti dal nord Africa, che obbligarono a predisporre delle difese lungo le coste dell’isola. Già prima del dominio spagnolo sull’isola (nel 1479), circa sessanta torri vigilavano sulle coste sarde. 

Nel 1587 il re Filippo II di Spagna costituì la "Reale Amministrazione delle Torri", affidandole il compito di costruire nuove torri, di provvedere alla loro gestione, di arruolare i soldati e di rifornirli di armi. 

Il sistema difensivo dell’arcipelago sulcitano (isole di Sant’Antioco e di San Pietro, Sud Ovest della Sardegna) appartiene al periodo piemontese. Le torri di Calasetta, Sant’Antioco e Carloforte furono infatti edificate qualche secolo dopo quelle già presenti nelle coste della Sardegna.

La storia che raccontiamo riguarda le tre torri edificate nell’arcipelago del Sulcis nella seconda metà del 18mo secolo; il loro ruolo di sentinelle per scrutare l’arrivo del nemico, per allertare e difendere la popolazione locale e il nuovo compito di presidio culturale attualmente svolto. 

Posizionamento delle Torri con la dominazione piemontese 


La storia delle torri a difesa dell’arcipelago

Dopo il trattato di Londra del 1720, col passaggio della Sardegna ai Savoia si decise di dotare le isole sulcitane delle necessarie difese costiere, anche in previsione del popolamento dell’isola di San Pietro e della parte nord dell’isola di Sant’Antioco, fino ad allora disabitate.

Nel 1756 venne costruita la torre di Calasetta, l’anno successivo la Torre Canai nella costa sud orientale dell’isola di Sant’Antioco e nel 1768 la Torre San Vittorio nell’isola di San Pietro. 

Torre San Vittorio - isola di San Pietro

Oltre al compito di sorveglianza a difesa delle coste dagli attacchi dei “barbareschi”, le torri svolgevano attività di repressione del contrabbando e di tutela della salute pubblica impedendo l’attracco di imbarcazioni sospette o infette. 

Nonostante la presenza delle torri, nel 1793 parte dell’arcipelago fu occupata (isola di San Pietro e parte settentrionale di Sant’Antioco) dalle armate francesi accolte benevolmente dalla popolazione di Carloforte e Calasetta.

Anche la difesa dalle incursioni barbaresche fu fallimentare. Infatti nel 1798 la flottiglia organizzata dal bey di Tunisi sbarcò nell’isola di San Pietro e con uno stratagemma riuscì ad aggirare la vedetta della torre San Vittorio, a raggiungere le fortificazioni del paese, uccidere i soldati della guarnigione e prendere in schiavitù 800 persone, soprattutto donne e bambini.

Stessa sorte toccò agli abitanti di Sant’Antioco qualche decennio dopo, nell’incursione del 1815. 

Per fortuna fu una delle ultime incursioni che subirono le coste della Sardegna. 

Nel 1867 il re Vittorio Emanuele II abolì l’uso militare delle piazzeforti e delle torri costiere della Sardegna, cedendole al Demanio dello Stato.

Molte delle strutture di difesa costiera della Sardegna sono scomparse, altre sono diventate dei ruderi, altre ancora sono state «privatizzate». 


Torre di Calasetta - isola di Sant'Antioco

Le torri oggi

Già dal 1898 la torre di San Vittorio è stata riconvertita ad osservatorio astronomico – Ê una delle cinque stazioni internazionali per lo studio della precessione degli equinozi e delle piccole variazioni dell'inclinazione dell'asse terrestre. Dal 2016 è un Museo multimediale, realizzato in collaborazione con il Mu.Ma, l’Istituzione Musei del Mare e delle Migrazioni di Genova. Il museo racconta la storia dell’isola dalle sue origini geologiche fino all’arrivo dei coloni liguri nel 1738.

La Torre di Calasetta nel 1875 è stata acquistata dall’omonimo Comune. Da metà anni ’60, per circa 15 anni è stata adibita a ristorante e dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso il piano terra della torre (ex cisterna) è attualmente sede di un museo archeologico gestito dalla fondazione del Museo di Arte Contemporanea. Il piano superiore è sede di mostre temporanee e di attività culturali.

La Torre Canai di Sant’Antioco nel 1960 è stata concessa ad un privato che l’ha adibita a residenza estiva. Dal 1989 è gestita dall’associazione Italia Nostra che, a seguito di un importante restauro la ha adibita a spazio culturale. La torre e lo spazio circostante sono visitabili e fruibili. Si registrano circa 3 mila presenze annue. Al suo interno è stata allestita una mostra permanente sulle torri costiere della Sardegna e sui beni culturali e ambientali presenti nel sud dell’isola di Sant’Antioco. La torre è la location ideale per manifestazioni culturali organizzate da Italia Nostra e da altre associazioni no profit.

Torre Canai - Isola di Sant'Antioco


Contesto europeo

Le torri di difesa e di avvistamento sono presenti in tutte le coste del Mediterraneo in maniera continua e puntuale. Sono unite da una linea di comunicazione visiva che attraversa l’intero bacino del mare Mediterraneo.

Una linea che non conosce i confini degli stati o dei continenti e che si ripropone, seppur con strutture e linee architettoniche diverse, nella costa atlantica fino al mar Baltico e, attraversando il Bosforo, raggiunge il mar Nero. 

Il progetto di Italia Nostra è iniziato nel 1989 col recupero della Torre Canai di Sant’Antioco, che dopo il restauro conservativo è stata trasformata in uno spazio espositivo e centro di iniziative culturali.

Questa esperienza si ripropone nelle altre due torri dell’arcipelago, recuperate anch’esse a una nuova utilizzazione come centri propulsori di iniziative culturali capaci di coniugare l’attività turistica con la storia, la cultura e i caratteri del territorio.

Le torri dell’arcipelago sulcitano rappresentano un raro esempio di restauro conservativo e di riuso intelligente di un bene pubblico. 

Torre di San Vittorio - Carloforte

La positiva esperienza delle tre torri sorte come baluardo a difesa delle isole sono state ripensate oggi come elementi strategici di una nuova organizzazione del territorio. Infatti hanno assunto il ruolo di custodi della storia, strutture architettoniche che da diversi secoli caratterizzano i luoghi che le ospitano e capaci di attivare letture e suggestioni dimenticate. Grazie all’impegno di Comuni e di Ong rappresentano oggi un equilibrato rapporto tra risorse del territorio e pubblica fruizione.

Le esperienze descritte rappresentano un esempio da riproporre in altre realtà territoriali. Sarebbe importante la creazione di una catena di comunicazioni culturali formata dalle torri e dalle strutture di difesa: centri propulsori di attività culturali da inserire in un circuito sovranazionale, che possa estendersi ed interessare altre realtà costiere dell’intero bacino mediterraneo e dei mari europei. 

Testo a cura di Graziano Bullegas, Antonello Meli e Lars Nordlinder,

redatto per le giornate europee del patrimonio culturale 2023


English version

Questo articolo sarà pubblicato nel sito del Consiglio d'Europa



Torre di Calasetta a difesa del borgo


Sulle Torri

Italia Nostra - Torre Canai Sant'Antioco

Torre San Vittorio di Carloforte

Pro Loco Calasetta - La torre Sabauda

Sardegna Turismo - Sulcis-Iglesiente, tra torri e miniere





mercoledì 15 febbraio 2023

La penisola “delta” deve essere bonificata e non più bersaglio per i giochi di guerra

La scorsa settimana Italia Nostra Sardegna, Cagliari Social Forum, USB Sardegna, Cobas Cagliari e Madri contro la Repressione hanno presentato Osservazioni tecniche all’istanza per attivare il procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale denominata "Recupero dei residuati di esercitazione della penisola “delta” del poligono permanente di Capo Teulada”, depositata dal Comando Militare Esercito Sardegna, presso l’ufficio valutazione impatti ambientali delll’ass.to Reg.le alla Difesa dell’Ambiente. 

Si tratta della bonifica di un promontorio di circa 2,78 Kmq situato a sud del poligono militare di Capo Teulada chiamato "Penisola Delta", inserito nel Sito di Importanza Comunitaria denominato Isola Rossa e Capo Teulada. Nell’ordinanza emessa nel 2021 dalla giudice del tribunale di Cagliari dott.ssa Maria Alessandra Tedde si legge che “Fin dagli anni ’50 la penisola è stata bersaglio di tutti i sistemi di arma impiegati per le esercitazioni a fuoco da parte del personale delle Forze Armate italiane e delle Forze straniere alleate (zona di arrivo: dei colpi di mortai e artiglierie, di missili filo guidati, di tiri navali contro costa, di bombardamento e mitragliamento aereo, per sganci di emergenza per gli aerei).” Dalle acquisizioni ambientali disposte dal giudice si rileva che nel periodo compreso tra il 2008 e il 2016 “… il sito è stato bersaglio di un munizionamento pari a 860mila colpi che equivale a una misura in peso di residui di armamenti pari a circa 556 tonnellate (e, nello specifico, che siano stati sparati un totale di circa 11.785 missili M.I.L.an)”.

Paradossalmente lo scopo dichiarato di questa operazione di bonifica è quello di riprendere le esercitazioni a fuoco sulla penisola destinandola ancora una volta a “zona bersaglio per arrivo colpi”, destinazione palesemente incompatibile con la tutela ambientale dell’area, visto che le indagini della Procura di Cagliari hanno accertato come il suo continuo bombardamento ha provocato un degrado irreversibile degli habitat presenti, con perdita di copertura vegetale ed erosione del suolo. 

Purtroppo la incompleta documentazione allegata alla procedura di VINCA non fornisce dati precisi sulla quantità di proiettili e rifiuti militari presenti nell’area, una stima molto approssimata ci porta a considerare una quantità di materiale da recuperare superiore alle 1.200 tonnellate di residui e a 16.000 ordigni inesplosi.

Il recupero dell’area rappresenta un lavoro immane e impegnativo che necessita di un affidabile progetto di bonifica ambientale, che parta da una attenta analisi della situazione sul campo e sappia proporre le giuste soluzioni. Le scarne relazioni che sono state allegate alla richiesta di VINCA non consentono invece di capire quale sia l’attività programmata e, soprattutto, se è intenzione del comando militare bonificare realmente l’area o se invece si tratta di una mera operazione di greenwashing.

Per partecipare attivamente alla procedura di VINCA e contribuire a fare chiarezza i portatori di interesse diffuso e collettivo sottoscrittori delle osservazioni hanno evidenziato una serie di criticità nella procedura chiedendo che venissero superate attraverso atti concreti.

Oltre alla richiesta di fornire ulteriore documentazione sull’attività, si è chiesto di attivare una più precisa valutazione dei materiali e degli inquinanti presenti nell’area (quantità e qualità), compreso l’inquinamento radiologico, del tutto ignorato nella relazione illustrativa. Si è chiesta inoltre una più precisa delimitazione dell’area da bonificare e di conoscere l’entità dei rifiuti e degli ordigni presenti nel mare adiacente la penisola, dato anch’esso inesistente. Non tutti gli habitat e le specie tutelate presenti nell’area sono presi in considerazione dalla relazione illustrativa, che non prevede misure di mitigazione adeguate. 

Manca in definitiva un progetto operativo di bonifica cosí come previsto dal D.Lgs. 152/2006, al fine di individuare gli interventi di effettuare nel sito, le tecnologie applicabili, le misure di mitigazione e di compensazione, i costi ed i tempi previsti per la bonifica.

Considerato che si tratta di un Sito di Importanza Comunitaria è stata richiesta inoltre una adeguata valutazione sulle interferenze con le specie faunistiche e su tutte le specie protette presenti nell’area e che, a seguito della bonifica, il SIC ITB040024 ISOLA ROSSA E CAPO TEULADA non sia più interessato da esercitazioni che prevedono l’uso di ordigni e di mezzi militari, ma venga assicurata la sua destinazione definitiva ad area di tutela della biodiversità e conservazione della flora, della fauna e di tutti gli habitat tutelati; come previsto per tutti i siti inseriti nella rete europea Natura 2000.

Link per scaricare le Osservazioni alla VINCA  

Link alla documentazione presentata dal Comando Militare


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