lunedì 17 giugno 2019

RWM: il 19 giugno sit-in davanti al TAR Sardegna

Lavori di ampliamento in corso
In concomitanza con l'udienza del TAR Sardegna di mercoledí 19 giugno p.v., a partire dalle ore 9.30 in piazza del Carmine a Cagliari, le associazioni, i comitati e i cittadini che hanno presentato e sostenuto il ricorso davanti al TAR contro la RWM Italia spa organizzano un sit-in per manifestare l'attenzione e l'opposizione della comunità sarda verso la fabbrica che distrugge il territorio, inquina l’ambiente e produce strumenti di morte.
I giudici del TAR Sardegna sono chiamati a pronunciarsi sul corposo ricorso presentato contro: 1)  alcune delle numerose autorizzazioni rilasciate dal Comune di Iglesias alla RWM Italia spa per l’ampliamento dell’impianto di produzione di bombe ed esplosivi; 2) la delibera della Giunta Regionale del gennaio scorso che ha negato l’assoggettabilità a VIA del Campo Prove R140; 3) il parere paesaggistico favorevole rilasciato dal competente ufficio regionale per il paesaggio; 4)  l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla provincia Sud Sardegna e 5) il mancato adeguamento del Piano per le Emergenze Esterne, scaduto da oltre 4 anni e mai rinnovato. L’udienza del 19 dovrebbe rappresentare la fase finale del procedimento segnato dalle numerose memorie, controdeduzioni e relazioni presentate in questi mesi dallo studio degli avvocati Pubusa e dalle avvocature dello Stato e della Regione, dai legali di comune ed RWM. 
La RWM si amplia fin dentro la città di Iglesias
Nonostante il ricorso pendente e i numerosi motivi di illegittimità sollevati, la società prosegue indisturbata nell’opera di stravolgimento del territorio, senza nessun rispetto dei luoghi (e neppure dei giudici che fra qualche giorno dovranno pronunciarsi), forte delle numerose opere autorizzate dall’ufficio SUAP di Iglesias, senza che ci sia stato neppure il coinvolgimento del Consiglio Comunale e con l’esclusione dei cittadini e dei portatori di interesse dalle scelte che condizioneranno la comunità per i prossimi decenni. Tutto questo avviene in aperta violazione della normativa di sicurezza (il Piano di Emergenza Esterna dello stabilimento è fermo al 2012 ed è ancora fermo a un'ipotesi di produzione prevalentemente civile!) con gravi rischi per la popolazione residente.
La richiesta che avanzano i ricorrenti è quella di fermare subito l’ampliamento dello stabilimento, di riportare l’intero processo decisionale nell’ambito della legalità e nell’alveo delle norme europee, italiane e della regione Sardegna in materia di impianti industriali inquinanti e pericolosi, ricorrendo alla procedura tecnica e democratica stabilita dalla legge che è appunto la Valutazione di Impatto Ambientale, anche al fine di chiarire i numerosi dubbi sollevati nei ricorsi dalle Associazioni ricorrenti, ma confermati anche dalla Regione Sarda e dalla stessa RWM nelle contraddittorie memorie presentate al TAR. 
Ricorrenti                                                           Sostengono il Ricorso
Italia Nostra                                               CSS  e Cobas
Comitato Riconversione RWM                  Cagliari Social Forum
USB                                                           Comitato Rimettiamo le Radici
Arci Sardegna                                            Partito Comunista Italiano
Assotziu Consumadoris Sardigna              Movimento Non Violento
Legambiente Sardegna                              Amnesty International

sabato 8 giugno 2019

Gli ambientalisti sardi scrivono alla Regione: basta carbone, il futuro rinnovabile è possibile

I rappresentanti delle associazioni ambientaliste Carmelo Spada per il Wwf, Graziano Bullegas per Italia Nostra Sardegna, Stefano Deliperi per il Gruppo di intervento Giuridico, Francesco Guillot per la Lipu, Daniele Solinas per il Codacons e Domenico Scanu per Medici per l’Ambiente - ISDE hanno inviato una lettera al Presidente della Giunta Cristian Solinas, all’Assessore all’Industria della Ras Anita Pili e all’assessore all’Ambiente della Ras Gianni Lampis per sottolineare che: “l’anacronistica mobilitazione di politici e sindacati sardi per impedire la phase out delle centrali a carbone della Sardegna, stabilita lo scorso novembre dal decreto 430 del ministero dell'Ambiente, è in continuità con gli scioperi e le proteste in corso per la riapertura degli impianti industriali di Portovesme. attività antieconomiche e fortemente inquinanti che negli anni hanno condizionato la vita dell’intero Sulcis-Iglesiente, hanno desertificato e inquinato, hanno creato una situazione sanitaria tra le più critiche e preoccupanti della Sardegna e disincentivato la nascita di attività economiche sostenibili e di economia circolare”. Inoltre i rappresentanti delle sei associazioni hanno rimarcato che: “i “costi esterni”, cioè i costi sanitari relativi alle malattie e ai morti prematuri legati alle emissioni inquinanti con ricaduta locale, pur essendo richiesti dalla programmazione europea, non vengono calcolati. La scarsa conoscenza di tali tematiche è sconcertante e al tempo stesso inaccettabile in uno stato civile in cui si deve tutelare il benessere dei propri cittadini”.
I rappresentanti delle associazioni ambientaliste incalzano: “la Sardegna non si smentisce mai, è sempre in ritardo come sostiene Bachisio Bandinu nel suo libro “Noi non sapevamo”; è stata in ritardo rispetto alle scellerate scelte dell’industrializzazione petrolchimica, pagando un altissimo prezzo in termini di inquinamento e di salute dei cittadini e dell’ambiente, lo è ancora oggi nella scelta di costruire in Sardegna un inutile metanodotto e prosegue con questa battaglia di retroguardia per impedire la chiusura delle centrali a carbone il cui stop è previsto per il 31 dicembre del 2025.” 
Gli ambientalisti sardi continuano nella loro dissertazione indirizzata ai rappresentanti delle istitu- zioni regionali: “La decisione che si va delineando di spostare al 2030 la scadenza non risolve il problema, semmai lo aggrava, nel momento in cui esiste uno stretto legame tra le centrali inquinanti e le industrie energivore altrettanto inquinanti. Decidere oggi di chiudere le centrali a carbone signi- fica scegliere contestualmente di non riaprire la raffineria di bauxite della Eurallumina e l’impianto di produzione di alluminio ex Alcoa, oggi Syder Alloys. Inoltre l’alternativa al carbone non può certo essere affidata ad un altro combustibile fossile come il gas, comunque inquinante e non sostenibile, che necessiterebbe di un’obsoleta e costosa infrastruttura il cui costo dovrà essere pagato per intero dai sardi nelle loro bollette” - e affermano - : Decidere di accettare la sfida imposta dalla phase out, dall'Accordo di Parigi sul clima del 2015 (Cop 21), dalla Comunità Europea e dall’Agenda dell’ONU per lo sviluppo sostenibile significa incominciare da subito, in questi 5 anni e mezzo che ci separano dal 2025, a pianificare e attivare scelte economiche mirate alla riconversione delle fabbriche antieconomiche ed energivore che hanno vissuto negli anni grazie a un continuo drenaggio e sperpero di denari pubblici e senza alcuna garanzia per il futuro”. 
Per i rappresentanti di Wwf, Italia Nostra, Grig, Lipu, Codacons e Medici per l’Ambiente ISDE: “Il vero lavoro non può essere quello di riprendere a inquinare ma intraprendere le bonifiche dei siti altamente inquinati dei Sin del Sulcis-Iglesiente, di Porto Torres, della Maddalena e dei poligoni militari. Solo una minima parte delle bonifiche risulta portata a termine o iniziate, stupisce che non si alzi la voce per chiedere occupazione in tal senso con interventi che garantirebbero lavoro duraturo perché tanto è il lavoro da fare nella direzione di un futuro sostenibile per la Sardegna, la qualità della vita e la salute dei sardi”. 

Le associazioni ambientaliste Wwf, Italia Nostra, Grig, Lipu, Codacons e l’associazione Medici per l’Ambiente ISDE insieme ai Comitati, i ragazzi di Fridays For Future e numerosi esperti, da tempo criticano il sistema energetico isolano basato essenzialmente sulle energie di origine fossile e nel contempo presentano proposte alternative e concrete perché la Sardegna abbandoni le energie fossili e diventi la prima regione europea Zero CO2 e propongono che i finanziamenti finalizzati alla metanizzazione della Sardegna siano dirottati verso soluzioni alternative, concrete e attuabili per l’isola, basate essenzialmente sul risparmio e sull’incremento dell'efficienza energetica e la au- toproduzione distribuita e condivisa di energia da fonte rinnovabile seguendo le strategie per lo svi- luppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU e quella nazionale del 2017. 
“Il percorso ottimale - concludono gli ambientaliste sardi - che deve seguire la Sardegna è quello di ridurre significativamente il surplus energetico (oggi del 35% circa), di attivare significative poli- tiche di efficientamento, di risparmio energetico e di supporto all’autoconsumo, come indicato dalla nuova Direttiva Europea del 24 dicembre 2018 sulle rinnovabili RED II (Renewable Energy Directive) statuendo il primo riconoscimento giuridico dell'autoconsumo e delle Comunità Energetiche che consente finalmente la produzione, l'accumulo e la vendita di energia secondo un modello da uno a molti (one to many). Modello efficacemente applicato in Sardegna nei comuni di Benetutti e Berchidda e in Italia dalla legge regionale n. 12 del 2018 del Piemonte, sulla "Promozione dell'istituzione delle comunità energetiche". 


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