martedì 26 novembre 2019

Al soprintendente Martino un importante riconoscimento nazionale

PREMIO ZANOTTI BIANCO A FAUSTO MARTINO, GIÀ SOPRINTENDENTE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGIO DI CAGLIARI, ORISTANO E SUD SARDEGNA 


ITALIA NOSTRA ha conferito a Fausto Martino il premio nazionale intitolato a Umberto Zanotti Bianco fondatore dell’Associazione e antesignano delle politiche di difesa del patrimonio culturale e dell’ambientalismo. 
La cerimonia del conferimento si è svolta venerdí 22 novembre nel Palazzo Giustiniani a Roma.
Il premio Zanotti Bianco è un importante riconoscimento destinato, con cadenza biennale, a pubblici funzionari dello stato che si siano distinti «per l’attività nell’ambito della difesa del patrimonio storico artistico naturale paesaggistico nel rispetto e nell’applicazione delle Leggi di tutela» come prescrive l’articolo 9 della Costituzione e il Codice dei Beni culturali e del paesaggio.
Nella sua lunga carriera da Soprintendente, e in particolare nei tre anni trascorsi in Sardegna a dirigere la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna,  l’architetto Fausto Martino è stato fra i più decisi nella lotta all’abusivismo edilizio e a difesa del patrimonio ambientale e culturale e dei beni comuni.
Il premio a Martino, rappresenta per Italia Nostra Sardegna, un importante riconoscimenti all’impegno e alla resistenza dei numerosi cittadini, comitati e associazioni che in Sardegna combattono per la salvaguardia e la difesa dei propri territori.  

Queste le motivazioni del premio conferito a Fausto Martino:  
 Esempio non comune di onestà intellettuale e di rettitudine professionale, l’architetto Martino è meritevole della massima considerazione per non avere ceduto a pressioni e minacce, per la sua corretta interpretazione delle leggi regionali sui condoni edilizi e sul piano casa in Sardegna, applicate anche in aree tutelate, malgrado lo vietassero le norme dello Stato e quelle del Piano Paesaggistico Regionale. 
La sua coraggiosa attività e il dissenso mostrato verso disastrose politiche di gestione del territorio hanno attirato su di sé le ire degli amministratori locali che ne hanno chiesto la rimozione, è stato persino presentato un ordine del giorno all’Assemblea Regionale per chiedere l’intervento del Ministero dei beni culturali affinché prendesse provvedimenti contro il soprintendente, il quale, tuttavia, è stato sostenuto con forza e convinzione dallo stesso Ministro. 
Anche Italia Nostra, assieme ad altre associazioni e personalità, si è più volte schierata a difesa dell’architetto Fausto Martino e a sostegno del suo operato, sempre teso alla reale difesa dei beni culturali, paesaggistici e ambientali. 

sull'argomento 







lunedì 25 novembre 2019

Il rischio delle fabbriche di esplosivi vicino ai centri urbani

La fabbrica di fuochi artificiali esplosa
Alla luce del grave incidente avvenuto il pomeriggio del 20 novembre scorso alla fabbrica di fuochi artificiali Costa, in cui hanno perso la vita a cinque persone, ci dobbiamo chiedere come è possibile che una fabbrica di esplosivi ed ordigni militari, come quella di RWM Italia S.p.a. che opera in Sardegna, nel territorio di Domusnovas-Iglesias, possa ancora oggi farlo senza tener conto della salute e dei rischi alla sicurezza di lavoratrici, lavoratori e popolazioni del territorio. 
Quello alla fabbrica di Vito Costa e figli, in provincia di Messina, è l'ennesimo grave incidente in una fabbrica di esplosivi; in questo caso pare sia bastata una scintilla sfuggita da una saldatrice e un’esplosione devastante ha spazzato via l’impianto facendo 5 vittime. Non è certo la prima volta che accade; un incidente analogo il 14 marzo scorso aveva provocato una vittima a Gesualdo, in provincia di Avellino e un altro ancora più grave nel 2015 rase al suolo una fabbrica di fuochi di artificio a Modugno, causando la morte di 10 persone[1], in quel caso si parlò apertamente di violazione delle norme sulla sicurezza[2].
Giustamente il CODACONS chiede più controlli e ricorda che le vittime provocate da esplosioni, nelle sole fabbriche di giochi pirotecnici dal 2000 ad oggi, sono addirittura 68.
Le fabbriche di esplosivi sono infatti impianti estremamente pericolosi, e sono perciò soggette a una normativa speciale che riguarda gli "stabilimenti a rischio di incidente rilevante" (normati dal decreto legislativo.105 del 2015), che prevede controlli e misure di sicurezza stringenti e rigorosi, ma che purtroppo non sempre vengono rispettati. Nel caso di RWM, ad esempio, una parte dello stabilimento dove sono stoccate quantità incredibili di liquido infiammabile, è ubicata a 400 mt. dal centro urbano di Iglesias e non a 4 km come prevede la vigente normativa.


Il piano per la gestione delle emergenze in caso di incidente nelle aree esterne allo stabilimento RWM Italia S.p.a. risale al 2012 ed è impostato sui rischi derivanti da una produzione prevalente di esplosivi per uso civile (di tipo SLURRY, ANFO e Miccia Detonante), che è totalmente cessata già alla fine del 2012, mentre considera la produzione di tipo militare del tutto marginale.  Il piano è visibile al pubblico nel sito della prefettura di Cagliari[3] (il tipo ed il volume della produzione sono illustrati a pag. 34).
Il piano di emergenza ancora oggi in vigore è ormai del tutto obsoleto e inadeguato, un piano scaduto, infatti:
-       la produzione per uso civile descritta nel piano di emergenza per le aree esterne era cessata del tutto già a dicembre 2012, le relative linee di produzione sono state dismesse e i locali riconvertiti alla fabbricazione di esplosivi e di ordigni militari. La produzione militare è stata invece di molto incrementata, passando dalle appena 500 tonnellate/anno (200 di esplosivo di tipo PBX e 300 di esplosivo a base di TNT) del 2012 alle attuali 6.000 tonnellate/anno, con un incremento di ben 12 volte (+1200%) rispetto a quanto indicato nel piano di emergenza delle aree esterne attualmente in vigore.
-       la differenza tra la situazione produttiva dell'impianto nel 2012, periodo in cui è stato adottato il PEE ancora vigente, e quella attuale determina una condizione di grave pericolo, in aperto contrasto con l'art. 21, comma 6, D.Lgs. 105/2015, il quale afferma che il PEE «è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal Prefetto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni». Il comma 5 della stessa norma prevede inoltre che il Prefetto rediga il PEE «entro due anni dal ricevimento delle informazioni necessarie da parte del gestore». La legge prevede inoltre che il Piano deve essere obbligatoriamente aggiornato ogniqualvolta si determinano variazioni significative nella produzione. È appunto il caso della RWM.
Nessuna modifica al Piano di Sicurezza delle Aree Esterne è mai stato apportata dal 2012 a oggi.
Gli impianti per la produzione bellica attualmente in gestione a RWM, sono da considerarsi particolarmente pericolosi e sono già stati soggetti a gravissimi incidenti in anni non lontani, quando erano ancora in gestione alla società SEI. In particolare la linea produttiva degli esplosivi e degli ordigni a base di TNT fuso, quando ancora gli impianti operavano nello stabilimento SEI di Ghedi (provincia Brescia), il 23 agosto 1996, era stata devastata da un’esplosione accidentale che aveva provocato tre morti tra gli operai. Si può ad esempio consultare in merito l’articolo del quotidiano La Repubblica dal titolo “Tre morti in una fabbrica di bombe” dell’8 agosto 1996[4].
Dalle successive indagini risultò all’epoca che lo stabilimento operava nel rispetto della normativa di sicurezza, cosa che comunque, è bene ricordarlo, non può garantire l’assoluta assenza di rischio di incidente in uno stabilimento con livelli di pericolosità così elevati. Successivamente tale linea di produzione è stata spostata dalla SEI nel suo stabilimento di Domusnovas-Iglesias, dove attualmente continua a operare sotto la gestione di RWM.
Nonostante i rischi che l’esistenza di questo stabilimento comporta per i cittadini e senza tenere in adeguata considerazione la  normativa urbanistica, il comune di Iglesias ha recentemente approvato numerose altre autorizzazioni per ampliare lo stabilimento:
a) il raddoppio delle linee produttive per la realizzazione di esplosivi militari di tipo PBX e dei relativi ordigni (nuovi reparti R200 ed R210), un intervento che a detta di RWM porterebbe la capacità produttiva dello stabilimento di Domusnovas-Iglesias sino a 9.000 tonnellate/anno;
b) la realizzazione di un nuovo poligono per test esplosivi denominato "Campo Prove R140", senza neppure una Valutazione di Impatto Ambientale.
Per tutti questi motivi e per le palesi violazioni alle norme, numerose associazioni del territorio hanno infatti contestato la legittimità dei provvedimenti che hanno autorizzato queste opere, anche perché violano palesemente la normativa di sicurezza vigente, presentando:
1) il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Sardegna contro la licenza edilizia rilasciata dal comune di Iglesias ai nuovi reparti R200 ed R210, presentato il 7 gennaio 2019;
2) il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica contro la licenza edilizia rilasciata dal comune di Iglesias per il nuovo poligono per test esplosivi Campo Prove R140, depositato il 18 novembre 2019.
Entrambi i ricorsi sono tuttora pendenti.
Lo stato di elevato rischio nella gestione della sicurezza dello stabilimento produttivo di RWM a Domusnovas-Iglesias è stato oggetto di un esposto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, presentato ad aprile 2019, oltre che essere stato prospettato, già in precedenza, all’attuale sindaco di Iglesias da una delegazione di cittadini nel corso di un incontro tenutosi il 31 luglio 2018 in municipio.
Al momento nessun provvedimento è stato preso e la situazione, dal punto di vista della sicurezza, è immutata. A dispetto di una crisi aziendale continuamente sbandierata, inoltre, RWM Italia S.p.a. ha aperto tutti i cantieri previsti dal piano per il potenziamento e l'ingrandimento dei suoi stabilimenti, e li porta avanti pervicacemente, mentre la produzione di ordigni bellici procede senza sosta. 
Viene da chiedersi se è proprio necessario che si verifichi una tragedia perché le esigenze di sicurezza vengano prese finalmente in esame.
Evidentemente la sicurezza della popolazione viene sempre per ultima quando ci sono da tutelare interessi e profitti che vengono dal commercio delle armi e dalla guerra.
Le lavoratrici e i lavoratori di RWM così come le popolazioni di Domusnovas, Iglesias, Musei e zone limitrofe si sentono realmente al sicuro?

Il presente documento-Appello è stato sottoscritto da diverse Associazioni e Comitati

[1]https://bari.repubblica.it/cronaca/2017/03/24/news/modugno_la_strage_dei_fuochi_d_artificio_un_paio_di_forbici_innescarono_il_rogo_poi_nessuno_diede_l_allarme_-161313245/

domenica 13 ottobre 2019

Ricordando Mena

Sabato 12 ottobre 2019 la sezione di Italia Nostra di Sinistra Cabras Oristano ha organizzato una serata per commemorare Mena Manca Cossu a dieci anni dalla sua scomparsa. 

Il tramonto sulla peschiera ormai abbandonata
Mena Manca Cossu è stata una studiosa di cultura e tradizioni popolari, ha partecipato a numerose ricerche riportate in libri e tesi, che raccontano il Sinis, la sua gente, il territorio e la sua storia.

È stata la fondatrice e il punto di riferimento di Italia Nostra nel territorio di Oristano e nel corso della serata abbiamo ascoltato le testimonianze di quanti la hanno conosciuta come dirigente di Italia Nostra del Sinistra e della Sardegna.
Grazie al lavoro del Centro Servizi Culturali UNLA di Oristano  abbiamo potuto ascoltare alcune tracce sonore ricavate dalle tante interviste frutto della sua attività di ricerca. 
Importante il contributo dell'archivio Jakob Schweizer che ha permesso al videomaker Simone Cireddu di realizzare una sequenza di immagini degli anni sessanta del secolo scorso su Cabras e il territorio del Sinis.

La visita della Peschiera Mar'e Pontis, a cura di Angelo Spanu, ha consentito hai presenti di visitare un sito ambientale suggestivo e di conoscere la storia delle peschiere di Cabras e dei lavoratori che vi hanno operato per alcuni secoli.



sull'argomento

Link Oristano - A Cabras una giornata per ricordare Mena Manca Cossu
L'Unione Sarda - Mena Manca Cossu, a Cabras rivive il ricordo della studiosa lagunare


Peschiera di Mar'e Pontis in attività nel 2012

Peschiera in attività pochi anni fa 



venerdì 11 ottobre 2019

L’insofferenza verso le regole paesaggistiche giustifica ancora gli abusi edilizi

La notizia di ieri del sequestro da parte dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cagliari del Tonnara Camping sulla costa occidentale dell’isola di Sant’Antioco e delle relative 78 case mobili realizzate in difformità o in assenza di autorizzazione desta sconcerto e preoccupazione. 
Si tratta di un residence costruito anno dopo anno sul mare, camuffato da campeggio, realizzato con “case mobili” ben stabili sullo stesso posto da oltre 10 anni, senza che nessuno abbia mai preso provvedimenti. Eppure esiste un ufficio regionale di vigilanza sull’attività edilizia e sulle opere abusive, oltre naturalmente agli obblighi non discrezionali di vigilanza e di repressione degli abusi che competono all’istituzione comunale. 
Colpisce il numero delle costruzioni, una ottantina di case sul mare, un insediamento assimilabile ad un quartiere di Sant’Antioco, in un’area in cui sono presenti numerosi vincoli, in uno degli angoli più suggestivi e caratteristici della costa dell’isola e  in una delle spiagge tra le più amate e frequentate da residenti e turisti.


Nel 2019 assistiamo ancora a interventi speculativi in un’isola minore a due passi dalla battigia, dopo 15 anni dall’emanazione del Codice dei Beni Culturali e 13 anni dall’adozione del Piano Paesaggistico Regionale. Norme emanate in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione per la protezione e la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici, comprese quindi le zone costiere. 
Questo tipo di abusi è purtroppo la conseguenza della insofferenza di imprenditori, funzionari e amministratori locali verso le regole di salvaguardia e di tutela che la comunità si è data per difendere i beni collettivi. Dopo aver tentato di cancellare il PPR con numerosi ricorsi al TAR, dopo il fallimento di un referendum per cercare di abrogarlo, si prova ad aggirare le norme con vari espedienti quali le case mobili “fisse”, le strutture in precario, le finte casette rurali etc… senza nessun rispetto per il patrimonio paesaggistico e i beni comuni. 



sull'argomento

La Gazzetta del Mezzogiorno - Sigilli a 97 mila mq camping in Sardegna

La scogliera di Tonnara antistante il campeggio 




giovedì 3 ottobre 2019

Anche Conte contro il carbone e il metano. Lavoriamo per una Sardegna a emissioni zero

Fanno ben sperare le dichiarazioni sul futuro energetico della Sardegna fatte dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel corso della visita dello scorso 2 ottobre in Sardegna. Con una inusuale chiarezza il presidente Conte ha ribadito l’obbiettivo della decarbonizzazione dell’isola entro il 2025 senza che sia previsto alcuno slittamento al 2030 e ha chiuso qualsiasi  possibilità di realizzare in Sardegna il sempre più contestato e inutile metanodotto, indicando come soluzione possibile un’isola green e il ricorso alle rinnovabili e al cavo di collegamento tra Sicilia e Sardegna.
Le associazioni ambientaliste Italia Nostra e WWF della Sardegna condividono l’impegno alla cessazione dell’uso del carbone per la produzione di energia elettrica entro il 2025 previsto dalla Strategia energetica nazionale 2017. Esso deve essere considerato come un obbiettivo inderogabile se si vuole dare una risposta coerente rispetto agli obiettivi posti dall’Agenda ONU 2030 e alla crescente mobilitazione delle nuove generazioni contro i cambiamenti climatici che reclamano il loro sacrosanto diritto al proprio futuro.

Le associazioni ambientaliste Italia Nostra WWF della Sardegna auspicano che tutti i portatori di interesse facciano proprio l’obbiettivo della decarbonizzazione dell’isola e comincino a lavorare in questa direzione, abbandonando ipotesi di industrializzazione fallimentare come quelle inseguite fino ad oggi e lavorando per eliminare o almeno contenere l’emergenza sanitaria intimamente legata alle emissioni inquinanti provenienti dalle centrali termoelettriche e più in generale dall’attività industriale che ha  creato una situazione sanitaria tra le più critiche e preoccupanti della Sardegna e disincentivato la nascita di attività̀ economiche sostenibili e di economia circolare. 
La nostra sfida è la trasformazione e il cambiamento. Dobbiamo puntare verso una rivoluzione globale per l’energia pulita distribuita e accessibile a tutti. 

Da molti anni le associazioni ambientaliste, comitati, sindacati di base e cittadini sono impegnati nel contrasto alle emissioni climalteranti derivanti dall’utilizzo dei combustibili fossili, nel rivendicare un ambiente vivibile e un’atmosfera meno inquinata e nel combattere la speculazione e i collegamenti al malaffare nel campo delle rinnovabili. Le associazioni ambientaliste Italia Nostra WWF della Sardegna sono quindi fermamente convinte che il phase out previsto entro il 2025 vada nella direzione auspicata dalle Associazioni ambientaliste e rappresenti una grande opportunità̀ per l’Italia e per la Sardegna. 


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martedì 1 ottobre 2019

Il Parco Geominerario è ancora un'opportunità per la Sardegna


Impegno delle Associazioni per il rilancio del progetto strategico del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna.



Legambiente Sardegna, Italia Nostra Sardegna, WWF, l’Associazione per il Parco Geominerario, Sa Mena, il Gruppo Territorio Ambiente e altre associazioni impegnate già prima della nascita del Parco nella valorizzazione del patrimonio minerario, storico e ambientale della Sardegna e che hanno fattivamente contribuito alla sua istituzione e all’ottenimento del riconoscimento nazionale ed internazionale, si sono incontrate a Montevecchio lo scorso sabato per condividere indignazione e un forte rammarico relativi all’esclusione del Parco Geominerario dalla rete Geoparks disposta dall’UNESCO.
Un fatto grave, che deve stimolare una riflessione profonda sul ruolo svolto dalle istituzioni, sull’indebolito e difficile rapporto tra Parco e territori, sulla molto deludente operatività degli organi istituzionali e direttivi e sull’incerta consapevolezza delle comunità inserite nel sistema parco.
Nonostante la bocciatura, il progetto di Parco incarna una visione tuttora valida e lungimirante, che come un filo rosso lega la conservazione della memoria al rafforzamento dell’identità e allo sviluppo, unisce una storia millenaria e territori che pur molto diversi vi si riconoscono, mette a disposizione un patrimonio inestimabile di beni materiali e immateriali intorno ai quali lavorare per mantenere vivo il senso di appartenenza e costruire nuove economie.  Per vasti ambiti della Sardegna offre una prospettiva concreta di riconversione delle aree industriali degradate.
Nonostante la bocciatura dell'UNESCO, dunque, il Parco deve andare avanti, perchè quel progetto ambizioso rappresenta un’opportunità che la Sardegna può ancora cogliere e alla quale non può assolutamente rinunciare anche per la grave crisi economico-occupazionale che la colpisce. 
La decisione UNESCO è una lezione dura, da apprendere con serietà, e le raccomandazioni ricevute due anni fa tracciano la rotta da seguire. Il Parco deve ripartire da lì e rimettersi in cammino con nuova linfa, un convinto sostegno da parte dei Ministeri, della Regione Sardegna e dei Comuni, un coinvolgimento reale dei cittadini e delle Associazioni che, sin dall’inizio di questa avventura, hanno creduto nel Parco e contribuito a tradurre in azioni concrete e meritorie i suoi obiettivi candidandosi alla gestione dei siti, organizzando eventi di fruizione, animando le comunità, offrendo la propria disinteressata azione di indirizzo politico e collaborazione, mettendo a disposizione le proprie competenze ed esperienze. Quelle stesse Associazioni che hanno svolto un ruolo attivo e costruttivo tanto nel tormentato percorso di istituzione del Parco Geominerario quanto, negli ultimi anni, nell’altrettanto tormentato processo di riforma.
Preoccupate per il duro colpo che la perdita del riconoscimento infligge all’istituto del Parco e alla Sardegna, dunque, le Associazioni lanciano un appello a tutte le istituzioni interessate affinché finalmente si assumano le proprie responsabilità e traducano gli innumerevoli proclami, promesse e impegni in fatti concreti.


Invitiamo pertanto tutte le realtà associative storicamente attive, ma anche tutte le nuove Associazioni che operano nel campo delle cultura, della storia, dell’ambiente e della fruizione sostenibile che si riconosco nei valori fondativi del Parco geominerario, per collaborare al necessario e urgente rilancio di un progetto strategico fondamentale per la Sardegna: l’appuntamento è per domenica mattina 13 ottobre a Montevecchio - Guspini, ex Sala mensa.


sull'argomento

Il Manifesto sardo - Parco Geominerario della Sardegna e assenza di credibilità. 
Democrazia Oggi - Il Parco Geominerario della Sardegna espulso dalla rete UNESCO. Una fine annunciata

L'autoassoluzione dei dirigenti del Parco Geominerario




"I parchi non sono penitenze" scrive Sandro Roggio sulla Nuova Sardegna

Uccisione aquila del Bonelli: serve un piano regionale antibracconaggio

L'aquila del Bonelli si è estinta in Sardegna negli anni 80 del secolo scorso a causa del disturbo dei siti di nidificazione, bocconi avvelenati e uccisione diretta con atti di bracconaggio. Pochi anni fa, diversi esemplari del maestoso rapace sono stati reintrodotti grazie ad un progetto avviato dall’Isti- tuto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, il parco di Tepilora e la Regione Sardegna. Per tutte queste motivazioni è inaccettabile che uno dei cinque esemplari di aquila del Bonelli reintrodotto nei cieli della Sardegna sia stato abbattuto con una fucilata nel sud Sardegna. 

La Sardegna si contraddistingue in negativo sino a farsi escludere dalla rete dei siti UNESCO dei parchi geo-minerari ed ora con un episodio gravissimo e inaudito atto di bracconaggio su una specie reintrodotta a seguito dell’estinzione. Va ricordato, inoltre, che l’aquila del Bonelli assolve un ruolo importante nel suo habitat esercitando anche il “controllo” sulle popolazioni di piccoli mammiferi e non preda gli animali allevati dall’uomo. 
In Sardegna la situazione del bracconaggio è estremamente grave pertanto serve un segnale fortissimo di discontinuità. Alle Istituzioni regionali e all’Assessore regionale all’Ambiente Gianni Lampis si chiede di attivare un piano regionale antibracconaggio e l’adozione di un gesto simbolico e concreto al tempo stesso, come la chiusura della caccia per alcune giornate come momento di riflessione e presa di coscienza di tutta la società sarda - nelle sue varie componenti - per marcare la distanza da questi inauditi ed esecrabili atti di bracconaggio. 

WWF, LIPU, GRIG, ITALIA NOSTRA


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domenica 15 settembre 2019

La tragicomica vicenda del nuovo ponte di Sant’Antioco

Se la situazione non fosse tragica e non ci fosse in ballo la sopravvivenza di un boschetto di pini ci sarebbe da ridere attorno a questa situazione paradossale che si sta creando nell’istmo di Sant’Antioco. 

Se abbiamo ben capito, per poter fare una valutazione preventiva sull’impatto che il nuovo ponte potrebbe arrecare al patrimonio archeologico, si dovrebbe distruggere una pineta che per la sua crescita ha impiegato diversi decenni a causa della ventosità dell’area. Si distruggono una serie di beni, quelli paesaggistici, botanico e ambientale, per verificare se il nuovo ponte potrebbe impattare sul bene archeologico!
Il paradosso è che la realizzazione del nuovo ponte, un’opera inutile non voluta da nessuno, prosegue senza sosta sprecando risorse economiche e ambientali perché nessun ente ha il coraggio di fermarlo. Una sorta di zombi che continua a esistere finchè non gli diranno che è morto.

L’altra assurdità è che contemporaneamente alla progettazione del nuovo ponte si stanno spendendo, correttamente a nostro avviso, fondi pubblici per manutenzionare, mettere in sicurezza e garantire lunga vita all’attuale ponte.

Noi pensiamo che nessuna opera preventiva debba essere realizzata, nessun albero debba essere abbattuto preventivamente senza la valutazione dell’impatto ambientale e la valutazione di incidenza del nuovo ponte, per verificare appunto quali possono essere i danni all’ambiente (il ponte si trova tra due SIC e un IBA), al paesaggio, ai beni culturali, alla laguna e al territorio che l’inutile opera potrebbe arrecare.  


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Uno dei numerosi ponti levatoi di Amsterdam