mercoledì 19 gennaio 2022

Privatizzazione di promontori e Beni Comuni della Sardegna: Punta Giglio è la punta dell’iceberg

La mobilitazione dei cittadini di Alghero, e in particolare degli animatori del Comitato Punta Giglio Libera, è servita a mantenere viva l’attenzione sull’evidente privatizzazione di un importante bene comune ubicato in un’area di rilevante valore paesaggistico e ambientale, inserita all’interno del parco regionale di Porto Conte e tutelata dalle Direttive Europee Habitat e Uccelli per la presenza di significativa biodiversità e di numerose specie animali.  



Il “restauro e rifunzionalizzazione” della vecchia batteria antinavale di Punta Giglio – concessa a titolo gratuito e in assenza di alcun processo partecipativo ad una cooperativa per trasformarla in struttura ricettiva a scopi turistici - è solo l’anticipazione di ciò che accadrà ai fari e alle stazioni semaforiche della Sardegna, che attraverso il Bando Orizzonte Fari sono stati assegnati dal Demanio a dei privati per essere trasformati in strutture ricettive. Ci riferiamo ai fari dell’Asinara, dell’arcipelago della Maddalena, alle stazioni semaforiche di Sant’Antioco e di Arzachena, per citarne alcuni.

Si tratta, anche nel caso dei fari, di Beni Comuni ubicati in promontori dal valore paesaggistico e culturale unici ed irripetibili, in ecosistemi sensibili ricchi di biodiversità e di specie faunistiche. Importanti strutture che caratterizzano la storia della Sardegna, come tali vincolate ai sensi del Codice dei BB.CC., beni identitari secondo il dettato del PPR, storiche sentinelle che negli ultimi secoli hanno vigilato da nord a sud sull’intero perimetro delle coste sarde. Luoghi di grande suggestione che rischiano di trasformarsi in spazi banali nel nome di una falsa idea di “valorizzazione”. 

Italia Nostra Sardegna ritiene che la salvaguardia dei beni demaniali di rilevante importanza monumentale e simbolica prevalga rispetto alle attività economiche, che il loro recupero e risanamento debba avvenire a cura degli enti pubblici e che, una volta recuperati e messi in sicurezza, debbano essere adibiti ad attività pubbliche, aperti dunque a tutti al fine di garantirne una reale fruibilità collettiva.  

A Punta Giglio sta avvenendo invece che chi avrebbe dovuto salvaguardare e tutelare il bene e l’area abbia appaltato questo compito a dei privati. Lo stesso pagamento di un biglietto per accedere ad un’area tutelata, per il quale la nostra associazione non è contraria a priori, assume in questo caso la connotazione di un dazio da pagare, sempre a privati, per poter fruire del luogo. Insomma una vera privatizzazione dei beni che appartengono alla comunità.

Se a tutto ciò si aggiungono le procedure poco chiare alle quali i concessionari e gli stessi enti pubblici sono ricorsi in alcune fasi dell’iter autorizzativo – la destinazione urbanistica dell’area, la destinazione d’uso e l’accatastamento dell’immobile al pari di un orfanotrofio o di un convento etc… - si capisce che esiste un palese intento di forzare la normativa e nel contempo di escludere la comunità dalla fruizione di quei luoghi per tutti gli anni di vigenza della concessione. 


Senza entrare nel merito della ristrutturazione dell’immobile evidenziamo in particolare il massiccio intervento di disboscamento, di taglio di alberi, di cespugli e di siepi in un sito dove qualsiasi intervento, anche non invasivo, risulta non mitigabile. La stessa demolizione parziale della cisterna, e del sistema di captazione e raccolta delle acque meteoriche, per trasformarla in una “vasca ludica” non depone certo a favore della conservazione della memoria dei luoghi.

La nostra Associazione esprime forte preoccupazione per l’intera vicenda che ha trasformato la batteria di Punta Giglio in un “non luogo” e paventa che queste operazioni possano ripetersi nei tanti promontori della Sardegna che ospitano beni identitari interessati da progetti di “rifunzionalizzazione” e privatizzazione.



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