Ci si sarebbe atteso dalla Giunta Solinas almeno un sussulto di resipiscenza al dilagare del Virus in terra sarda. Come ignorare infatti il prezzo pagato dagli operatori sanitari per l’assenza dei dpi, l’inesistenza di direttive, la mancanza di protocolli. A dire che, tra insularità e modalità di diffusione, i danni pandemici potevano essere limitati; invece frottole su mascherine e tamponi, foraggiamento di cliniche private, falle nella gestione di ospedali e case di riposo hanno finito per attrarre l’interesse della magistratura, vanificando il tentativo d’imbavagliare la protesta.
Per arginare la debacle sanitaria, dal cappello a tesa tonda del Governatore salta fuori l’idea del cemento quale antidoto al Coronavirus!
A tutti sono note le virtù terapeutiche di questo amato materiale (soprattutto se colato a fiumi con vista mare), i pregi da tumulazione, gli effetti sanificanti per le vie aeree, le attitudini sterilizzanti su ecosistemi ed ambiente, nonché la funzione lubrificante di una macchina politica ormai grippata da un ospite inatteso. E’ dunque in una tragica temperie che vede la luce il ddl concernente le modifiche alla legge urbanistica sarda e al vigente piano casa. Gli esiti di una battaglia che si preannuncia lunga e sanguinosa non sono però scontati, mentre cresce la pressione di chi non è disponibile a farsi uccellare dall’agitar di un regolo. Ecco allora, a seguire, la delibera di Giunta n.17/21 del primo aprile 2020 (data forse non casuale) con la quale il progetto di una megastruttura alberghiera in località Monte Turnu, comune di Castiadas, viene dichiarato di “preminente interesse generale e di rilevanza regionale”.
Di tale progetto non è dato conoscere se non i vaghi cenni presenti in Delibera o negli elaborati del PUC. Trattasi di una struttura alberghiera fronte mare e prospiciente l’arenile e in prossimità di un nuraghe, di cubatura pari a mc. 10.000, realizzata su di un’area complessiva di mq. 71.445, di cui mq. 59.288 in zona urbanistica F2 di Interesse Turistico e mq. 12.157 in zona H di Salvaguardia integrale (in pratica la spiaggia antistante il lotto). Legittimo dunque chiedersi per quale motivo una speculazione edilizia non debba seguire le procedure d’obbligo. Il problema, argomenta la Delibera, è che il Comune di Castiadas non ha mai provveduto ad adeguare il Piano urbanistico comunale alle disposizioni del Piano Paesaggistico regionale, disposizioni aggiungiamo noi che limitano o addirittura impediscono tali interventi in Ambiti sottoposti ai vincoli dettati dal piano stesso. Per quale motivo i solerti amministratori di Castiadas in 14 anni (tanti ne sono passati dal varo del PPR) non abbiano provveduto a tale adempimento e ricorrano oggi ad una procedura di dubbia legittimità quale quella della variante ad un PUC privo di adeguamento, abdicando alla tutela di un territorio di alta valenza paesaggistica, è un enigma il cui scioglimento si lascia all’intuito del lettore. Potrebbe essere d’aiuto il rammentare che a più riprese e senza distinzione di colore politico molteplici sono stati i tentativi di scardinare l’armatura della normativa paesaggistica.
Sulla base di tali premesse la Delibera, ricorrendo al comma 2 dell’art. 20 bis della legge urbanistica, scioglie il Comune dall’obbligo prioritario dell’adeguamento del PUC al PPR, e fa in modo che la variante si possa di fatto sottrarre ai vincoli di tutela paesaggistica. Il comma in questione prevede infatti una tale opzione nel caso di interventi di “preminente interesse generale e di rilevanza regionale”, requisiti riscontrabili, secondo la Delibera, nella erigenda struttura alberghiera per il semplice assunto che la stessa si andrebbe a collocare tra quelle definite di “alta gamma”.
Sulla scorta di tale cogente motivazione si dovrebbe arguire che i vincoli di tutela paesaggistica assumano elasticità o possano venir meno nei confronti di imprenditori disposti a realizzare strutture fruibili da elites economiche, perché le alterazioni ambientali da esse indotte sarebbero giustificate da interessi collettivi. Per estrapolazione potrebbe nascere il sospetto della surrettizia introduzione di un innovativo principio nell’ordinamento democratico secondo il quale la fruizione di categorie di beni di interesse collettivo (il paesaggio è infatti tra questi) debba farsi rientrare nel diritto esclusivo di un godimento censitario.
Le scontate giustificazioni di questo monstrum amministrativo si rinvengono poi nei consueti richiami al “discreto incremento occupazionale”, all’immancabile “alto tasso di disoccupazione” e alle inevitabili “positive ricadute in termini di immagine del territorio”. In sintesi all’operazione, assicurano i deliberanti, conseguirebbe una “valorizzazione delle componenti ambientali, paesaggistiche e culturali”.
Se ignota o sospetta resta la natura delle ricadute positive derivanti al territorio da auree natiche esposte al sole e blindate per pochi giorni all’anno in un resort di lusso, di dubbia onestà intellettuale appare il richiamo alla messa in valore delle “componenti ambientali e culturali”.
In sintesi per dirla nel fine lessico leghista questa Delibera è un’emerita “porcata” sia nei tempi che nei contenuti. Né vale a discolpa del Solinas il tardivo ripensamento con annunciata Revoca (temporanea !) della Delibera, disposta sotto la montante indignazione popolare a due giorni dal pappagallesco mantra di conferma da parte dell’Assessore all’Urbanistica, squallido remake del dejavu tra lo stesso Solinas e il collega odontoiatra sotto l’incalzare della pandemia.
In tempi pasquali e di Coronavirus vien fatto di pensare che quel Christus patiens sia appeso nel tormento di questa nostra martoriata terra mentre implora perdono per la stoltezza delle scelte elettive dei suoi figli.
Mauro Gargiulo
Segretario Regionale di Italia Nostra Sardegna
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