mercoledì 17 aprile 2013

Fermiamo le torri d'acciaio sotto il Monte Sirai


Generatori eolici installati a Portoscuso 
Nascono come funghi nelle colline e nelle pianure della Sardegna. Le chiamano wind farm o parchi eolici: sono mostri di acciaio che svettano sulle colline e le montagne e nelle belle giornate si vedono a centinaia di km di distanza.
È il progresso che avanza inesorabile distruggendo la nostra storia, la nostra cultura e il paesaggio della Sardegna.
Stanno invadendo le aree agricole, le aree fertili e chiedono di arrivare oltre, fino al mare.
Vorrebbero occupare perfino il mare con le torri eoliche offshore: nel golfo di Cagliari, nel golfo di Palmas e perfino nel parco dell'Asinara.
Hanno aggredito la terra, le aree coltivabili con le serre fotovoltaiche, con il termodinamico a concentrazione: altre torri in mezzo alla campagna e centinaia di ettari desertificati per lasciare spazio a immense superfici di specchi e acciaio.
Vogliono aggredire perfino la piana di Arborea,  il compendio di maggiore produttività e pregio zootecnico della Sardegna e uno dei più importanti a livello nazionale.
Mentre l’agricoltura sarda è in agonia e necessita di incentivi e supporti, gli unici contributi che arrivano sono quelli che alimentano la speculazione delle energie rinnovabili. Si incentivano gli impianti che daranno il colpo di grazia all’agricoltura sarda.
Area interessata dalle nuove installazioni

Qualche giorno fa Vandana Shiva scriveva:
“La più grande sfida che dobbiamo fronteggiare oggi è la rapina dei nostri beni comuni da parte delle multinazionali. I semi come beni comuni sono stati sottratti tramite la privatizzazione e brevettazione, l'acqua è stata privatizzata tramite leggi, la terra è stata privatizzata e rubata nei paesi poveri, in India, in Africa, ma anche nei paesi ricchi a causa dell'aggravarsi della crisi economica.
Penso che in questo momento di crisi, di crisi economica, la terra è l'unico luogo in cui possiamo ritornare per ricostruire una nuova economia”




Sabato 20 aprile ore 17

Assemblea Pubblica di sensibilizzazione contro l'installazione di un Parco Eolico sotto Monte Sirai!




 


Coordina Sara Marroccu - NED

Interverranno tra gli altri:


Prof. Piero Bartoloni con una lettera di sostegno all'iniziativa - Archeologo, Direttore degli scavi a Monte Sirai e direttore Museo Archeologico di Sant'Antioco
Giuseppe Casti - Sindaco di Carbonia
Salvatore Cherchi - Presidente della Provincia Carbonia-Iglesias
Emanuele Cani - Deputato Partito Democratico-
Mauro Esu - Ass. Urbanistica del Comune di Carbonia
Loriana Pitzalis - Ass.Cultura del Comune di Carbonia
Pietro Cocco - Consigliere Regionale Partito Democratico
Giovanni Tocco - Presidente Commissione Ambiente della Provincia
Antonio Caggiari - Presidente Commissione Ambiente Comune di Carbonia
Cinzia Grussu - Vicepresidente Commissione Ambiente Comune di Carbonia
Graziano Bullegas - Presidente Regionale "Italia Nostra" -
Roberto Puddu - Segretario Generale Camera del Lavoro Sulcis Iglesiente
Teresa Diana - Coop. Mediterranea
Operatori del settore turistico-culturale
Associazioni, Cittadini che vogliono difendere il nostro territorio


 Sull'argomento

evento su facebook
Valutazione di Impatto Ambientale parco eolico società Gaia srl
Valutazione di Impatto Ambientale parco Eolico Su Campu
Servizio di Videolina
La Nuova Sardegna: No alle pale eoliche a Monte Sirai
Interrogazione in Consiglio Regionale di Claudia Zuncheddu
Zorba il Gatto




sabato 13 aprile 2013

Nessuna Trivellazione ad Arborea



Italia Nostra aderisce alla manifestazione indetta ad Arborea per il prossimo 20 aprile per dire no al PROGETTO ELEONORA della Sargas.
Si incomincia con l’attività di ricerca ed esplorazione di giacimenti metaniferi nel territorio di Arborea e si finisce con la petrolizzazione del territorio di Arborea, zona di punta dell'agricoltura della provincia di Oristano e della Sardegna e emergente area turistica.
Già a marzo del 2012 la sezione Sinis Cabras Oristano dell’Associazione Italia Nostra, in fase di screening ambientale, ha presentato motivate osservazioni al SAVI evidenziando alcune criticità che si riportano in sintesi: 


1)        Il progetto prevede l'estrazione di idrocarburi gassosi in un'area abitata, i cui nuclei abitativi più prossimi sorgono tra 410 e 420 metri dall'epicentro dello scavo e con una forte presenza di aree protette (SIC e ZPS e Important Bird Area) per la tutela della biodiversità: stagno di S’Ena Arrubia, di Corru S’Ittiri, di Santa Giusta, di San Giovanni, di Marceddì, Cirras, di Cabras e gli stagni di Oristano, S'Ena Arrubia.
2)        La Saras non analizza mai il suo progetto in un ottica a lungo termine. Come detto, dopo il pozzo preliminare, vengono quelli permanenti ed inevitabile infrastruttura pesante di trattamento che necessariamente avranno bisogno di risorse e di spazi per crescere. In Basilicata ad esempio, l’industria petrolifera si è via via espansa arrivando ad installare pozzi di petrolio ed oleodotti finanche dentro a parchi nazionali e nei pressi di ospedali. Il progetto Saras già solo per la costruzione di un pozzo preliminare prevede il riadattamento di una pista ciclabile in una strada adibita al traffico di camion e cisterne, aumentando dunque traffico, emissioni inquinanti, smog. Cosa comporterà allora l’estrazione permanente di gas naturale?
3)       La possibilità di inquinamento delle falde idriche in seguito alle operazioni di trivellamento del pozzo esplorativo è reale con possibili migrazioni dei fluidi di perforazione – inquinanti e tossici - che potrebbero intaccare le falde idriche. Questo fenomeno è già noto in letteratura, in particolare in Basilicata, dove diverse sorgenti idriche millenarie sono state chiuse in anni recenti a causa della contaminazione da rifiuti petroliferi. Nel progetto si parla anche di ben 5 vasche per il contenimento di rifiuti tossici a cielo aperto, come illustrato dalle immagini a pagina 28 del progetto, che potrebbero riversare materiale tossico, in caso di incidenti o piogge, quali che siano le condizioni meteorologiche e che di sicuro porteranno con se forti esalazioni.
4)        La qualità dei prodotti agricoli di Arborea e dei suoi dintorni è eccellente, grazie ai suoi fertilissimi terreni. Qui si producono fragole, carote, angurie, finocchi, insalata, cavoli, cipolle, pomodori, meloni, patate, zucchine. Gli agricoltori sono riuniti in varie cooperative fra cui la Cooperativa Produttori Arborea: i prodotti agricoli della zona sono conosciuti in tutta Italia e il loro marchio è garanzia di qualità. L’area è immersa in una folta pineta, vi sono vari percorsi naturalistici e nel comprensorio sorgono decine e decine di allevamenti di bovine da latte unite sotto la Cooperativa 3A che produce latte di Alta Qualità e prodotti lattiero-caseari. I bovini vengono abbeverati direttamente dai pozzi artesiani che attingono dalle ricche falde acquifere della zona. Oltre alle possibilità di inquinamento delle falde, ci sono i possibili danni d’immagine sia per i derivati lattiero-caseari che per i prodotti agricoli che sono il perno dell’attività economica di Arborea.
5)        La Saras non affronta il problema possibile della subsidenza del terreno dovuta alle sue infrastrutture e al suo pozzo estrattivo. In Italia e nel mondo ci sono moltissimi esempi di subsidenza indotta dall’attività umana. Il Polesine si è abbassato di oltre tre metri nell’arco di 30 anni di attività metanifera. I pozzi di gas sono stati chiusi all’inizio degli anni ’60 per evitare ulteriori disastri, fra cui le inondazioni del delta del Po. Altri esempi di subsidenza indotta dalle estrazioni petrolifere si sono registrate nella Louisiana, in Texas, nei mari della Norvegia, in California, in Venezuela. La provincia di Oristano ed i cittadini di Arborea dovrebbero essere informati d tali rischi.
6)        La subsidenza indotta ha anche la caratteristica di aumentare la salinità del territorio, compromettendo le colture agricole e con potenziale moria di alberi da frutta. Questo fenomeno è stato già studiato ed analizzato nel delta del Po, dal professor Mario Zambon, in seguito alle estrazioni metanifere degli anni ’50 quando vi furono morie di alberi di pesca e di mandorli nei pressi dei pozzi di metano. Per questi motivi – subsidenza indotta, alta salinità, e alluvioni del delta del Po - le operazioni metanifere furono in larga parte smantellate alla fine degli anni ’60.

7)        Oltre subsidenza indotta c’è da considerare che le estrazioni di petrolio e di gas naturale contribuiscono a rendere instabile il terreno. Microterremoti dell’ordine di 3 o 4 gradi della scala Richter si sono registrati in varie zone del mondo non sismiche, e anche in Basilicata, a causa dell’attività petrolifiera. In alcuni casi, le conseguenze sono state più gravi. La ditta Schlumberger riporta uno studio in cui le estrazioni di idrocarburi in Russia hanno portato a terremoti anche di grado 7 della scala Richter. Anche se la provincia di Oristano non è zona sismica occorre tenere presente questi possibili rischi.
8)        La Saras non descrive la tipologia di gas che si aspetta di trivellare e il problema dello smaltimento dell’idrogeno solforato è trattato in maniera del tutto superficiale. In Italia la maggior parte dei giacimenti minerari presenta forti concentrazioni di gas sulfurei: questo in Basilicata, in Abruzzo, in Puglia. Se il gas estratto dalla Saras sarà saturo di idrogeno solforato (una possibilità che la stessa Saras presenta) il progetto in esame non offre nessuna discussione su quali precauzioni prenderà per salvaguardare la salute ed evitare disturbi, e malattie, alla popolazione di Arborea, alle sue attività agricole e di allevamento e ai turisti. L'idrogeno solforato è una sostanza tossica, puzzolente, dalle proprietà mutageniche e cancerogeno. I limiti italiani sono insufficienti a garantire una vita sana.
 
9)        La Saras afferma ripetutamente che la zona riguardante il pozzo e l'area attorno ad Eleonora 01-Dir si presenti scarsamente antropizzata e risulta adibita ad uso agricolo che consiste in allevamenti di bovine da latte e ortaggi di ottima qualità che rappresentano il sostentamento delle popolazioni locali. Le emissioni di H2S hanno conseguenze gravi non solo sulla salute delle persone ma anche su quella dei prodotti agricoli. Studi di laboratorio, mostrano come emissioni basse ma durature nel tempo di H2S, possano compromettere la crescita di prodotti ortofrutticoli come pomodori, carote, melanzane di cui la gente si nutre e che coltiva. I danni all’agricoltura sono ulteriore fonte di preoccupazione per il lungo termine. In Basilicata la presenza di attività estrattiva ha portato alla presenza di idrocarburi nel miele, nei vigneti, nei meleti e nei campi di fagioli impraticabili, insalata e frutta di qualità pessima, oltre che a forti danni d’immagine.

 Sull'argomento

Documentazione depositata al SAVI per listanza di Valutazione di Impatto Ambientale

Video: io dico NO
 
 
 
 

giovedì 11 aprile 2013

Puliamo le spiagge del Sinis

PULIZIA DELLE SPIAGGE

La Sezione Provinciale Sinis Cabras Oristano di Italia Nostra, in  collaborazione con l'AMP di Cabras, gli operatori ecologici del Servizio Igiene Rifiuti e i bambini della scuola primaria dell'I.C. di Cabras, ha promosso l'iniziativa, intitolata: 

ARENABIANCA_2013

in occasione della giornata di pulizia delle spiagge organizzata dalla Surfrider Foundation Europe, che promuove campagne periodiche e sistematiche di pulizia dei litorali e dei fondali marini in tutto il mondo.

L'evento si svolgerà presso le spiagge di Maimoni (Comune di Cabras) nella giornata di sabato 13 Aprile a partire dalle 9,30.

Oltre all'attività di pulizia e rimozione di rifiuti solidi attraverso l'opportuna differenziazione, si intende svolgere un laboratorio formativo con i bambini delle classi 4^ della scuola primaria dell'I.C. di Cabras.

Alle ore 12,30 si concludono le operazioni di pulizia e di laboratorio dei bambini. L'iniziativa, oltre ad offrire una efficace attività di pulizia delle spiagge, consente di sensibilizzare i "cittadini di domani" al rispetto dell'ambiente e del bene comune.

Vi invitiamo caldamente a partecipare e ad estendere l'invito a chiunque.

Per l'attività di pulizia verranno consegnati guantini e sacchetti.
Aderisci all'evento su facebook

giovedì 14 marzo 2013

Un urgente intervento per salvare i resti della chiesa di Sant’Elena a Lotzorai


Portale e campanile chiesetta Sant'Elena - Lotzorai 

Italia Nostra Sardegna (in data 12 marzo) ha inoltrato alla Soprintendenza ai BAPPSAE di Nuoro e Sassari e alla Direzione Regionale per i BB. CC. e PP. richiesta di apposizione di vincolo ai sensi degli artt. 10 e 13 del D.L. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) per l'immobile e il contesto della piccola chiesa romanica di Sant’Elena, nel centro storico di Lotzorai.
La piccola chiesa e l’area cimiteriale circostante è attualmente in stato di totale abbandono e preda di vandalismi; ancora oggi vengono trafugate le pietre antiche e il mattonato in cotto per abbellire villette e giardini.
Il valore storico di questa architettura eppure è immenso. Edificata probabilmente sulle tracce di un antico tempio, in origine costruita in stile romanico, poi gotico subì infine l'influenza barocca verso la seconda metà del 1600. Pur avendo perso la sua funzione di parrocchiale sin dalla metà del XVIII secolo, rimase comunque in funzione come “chiesa del vicinato di sopra” sino ai primi del 1950 e solo successivamente fu completamente abbandonata nel suo progressivo degrado e lasciata in balia dei vandali nonostante la presenza intorno di numerose sepolture.
Facciata e campanile

Ciò che rimane oggi della chiesa sono il portale dell’ingresso e la facciata lato esterno con il campanile, i muri perimetrali con le finestre. Sono ancora leggibili i particolari del portale di ingresso, gli stucchi dell’altare maggiore e le diverse decorazioni delle nicchie che lo compongono. All'interno della chiesa ormai piena di terra di vegetazione e detriti vari, ci sono ancora i pavimenti originari e sono rinvenibili quasi tutti i pilastri in granito.
Sono presenti inoltre, intorno al terreno circostante la chiesa, diverse tombe abbandonate e profanate, alcune sono molto antiche e potrebbero risalire al 1700, altre sono del periodo liberty.
L’associazione ritiene che nonostante lo stato di totale e sempre più pericoloso abbandono sia ancora possibile intervenire per recuperare la chiesa e la testimonianza storica e culturale che essa rappresenta. Oltre all’apposizione del vincolo è stato richiesto un intervento urgente per mettere in sicurezza l’intero edificio - in particolare il campanile e la facciata -  e garantire un’adeguata recinzione dell’intera area per evitare che continuino gli atti di sciacallaggio.
Si è chiesto inoltre al Comune di Lotzorai anche ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del P.P.R. di inserire l’area, in quanto importante testimonianza del paesaggio culturale sardo, tra quelle suscettibili di conservazione e tutela e di adottare tutte le misure necessarie per impedire l’ulteriore degrado del monumento.
14 marzo 2013
 

Sull'argomento

Comune di Lotzorai: Vecchia chiesa di Sant'Elena
 
 
L'Unione Sarda del 18 marzo 2013

LOTZORAI.  Il caso

La chiesa campestre depredata

Un appello per salvare l'antica chiesa di Sant'Elena. L'associazione Italia Nostra ha chiesto al ministero dei Beni culturali di tutelare il piccolo presidio religioso, edificato intorno al 1100. Della struttura resta ben poco: la facciata, il campanile e una parte delle mura esterne. Sono ancora ben visibili alcuni particolari dell'altare maggiore e tracce di affreschi nelle nicchie. Tra la vegetazione si scorge anche la pavimentazione originale e i pilastri in granito. La richiesta è stata inoltrata pochi giorni fa alla Soprintendenza di Nuoro e Sassari e alla direzione regionale per i Beni culturali.
Il rudere, frequentato dai fedeli fino agli inizi degli anni cinquanta, è oggi meta di pellegrinaggio dei vandalici. Infatti le pietre vengono prelevate e utilizzate per decorare e abbellire abitazioni e giardini. Italia Nostra ritiene che, nonostante lo stato di totale abbandono, sia ancora possibile un intervento di recupero. Nell'ultimo periodo, gli operai dei cantieri comunali hanno eseguito lavori di pulizia nell'area. Il sindaco di Lotzorai, Antonello Rubiu, promette interventi mirati: «L'amministrazione è favorevole al recupero e alla messa in sicurezza del sito, appoggiando la volontà della popolazione. Ci attiveremo con gli enti preposti per avviare le pratiche». ( g. f. )


domenica 10 marzo 2013

Quartucciu e la sua marcia verso il brutto
















Al Signor Sindaco - Comune di Quartucciu
Gentile Sindaco,
le scrivo interpretando lo sbigottimento, l’allarme e la tristezza di tanti che, percorrendo l’orribile statale 554 subiscono l’insopportabile vertice di bruttezza toccato da Quartucciu.
E rappresento con queste poche righe anche lo sconcerto di Italia Nostra di cui faccio parte.
L’hinterland cagliaritano è un mostro urbanistico unanimemente riconosciuto. I comuni dell’area vasta, e oltre, sono presi in una gara a chi produce il PUC più mostruoso, deforme e invasivo. Quartucciu, basta un’occhiata, ha deciso da qualche anno di accelerare questa corsa all’orrore. Vederla andare verso la distruzione, verso la sistematica cancellazione del passato, verso la devastazione particolareggiata di quanto di bello aveva conservato, produce dolore, nausea, vergogna. E la sua Amministrazione, indistinguibile dalle precedenti, partecipa a questo piano di sterminio del territorio.
Provo vergogna e anche senso di colpa per essere un abitante dell’Isola e di non aver fatto abbastanza per impedire questo epidemico squallore – oltretutto una dissipazione di denaro pubblico – che i comuni del cosiddetto hinterland sono riusciti a produrre con un’indifferenza, un cinismo e un’ostinazione che spaventano.
Restauro, conservazione, tutela? Parole sconosciute e se conosciute mai praticate.
Credo che chiunque sia dotato di un minimo di senso non dico del bello, ma della decenza si atterrisca davanti all’indecente nuovo museo archeologico e al parco – ma non si chiama parco una desolante spianata con un mostro informe di cemento – incomprensibilmente dedicato a Sergio Atzeni il quale, ne sono certo, davanti a tanta deformità morirebbe una seconda volta.
L’Amministrazione di Quartucciu procede con esiziale fermezza alla sistematica distruzione del suo patrimonio. Parlo della necropoli di Pill’e Matta e del centro storico di cui a Quartucciu era miracolosamente salvo almeno qualche brandello.
La necropoli sepolta sotto gli osceni capannoni dell’area industriale. La solita necropoli scavata, decantata e poi ricoperta di schifezza. Eppure quando Pill’e Matta fu individuata capannoni non ce n’erano, si sarebbe potuta modificare la destinazione industriale dell’area, si sarebbe potuto conservare un luogo sacro e unico. Niente da fare. Le Amministrazioni di Quartucciu hanno continuato imperterrite la loro marcia verso il brutto.
Molti milioni di euro buttati per un museo nel quale nessuno entrerà perché superare la ripugnanza per quell’edificio sarà impossibile per qualunque creatura normale.
Ma lei riesce davvero a immaginare un visitatore che, anche se debitamente sedato, possa vincere il disgusto per una specie di colapasta di cemento armato che offende le retine oneste da lontano e da vicino, oltraggioso, degradante e di indicibile bruttezza?

E il centro storico?
Metaforica la vicenda della piazza della parrocchia.
La Piazza San Giorgio, che conservava una sua accattivante armonia, modesta e senza pretese, ma aggraziata, è destinata, con un orrendo progetto dal titolo vagamente blasfemo di Urban Getsemani a divenire l’ennesima, triste, anonima piazzetta deserta degna della peggiore periferia urbana.
Lei, gentile Sindaco, sta permettendo che uno dei pochi siti gradevoli della sua cittadina venga trasformato come quei visi devastati dal silicone per un tossico modo di intendere la modernità. Diverrà un luogo repulsivo e tetro anche per sua responsabilità.
Sarà mio impegno, insieme all’Associazione di cui faccio parte, esercitare ogni strumento di critica e opposizione a questo proliferare del brutto epidemico che anche lei sostiene e a questa umiliante visione di sviluppo deforme che coinvolge e rende irreversibilmente poveri, cupi e anonimi la gran parte dei nostri paesi.
Mi opporrò con ogni energia e cercherò di far conoscere i meccanismi malati grazie ai quali una bellissima necropoli che sarebbe potuta divenire un luogo di grande bellezza, che avrebbe avuto necessità di cura e protezione, dove la mano dell’uomo si sarebbe dovuta manifestare leggera sino all’invisibilità, quella necropoli è stata annichilita a perpetua vergogna di chi ha, come amministratore, il dovere di curarla.
Quanto alla Piazza della Parrocchia, gentile Sindaco, ritengo che distruggere con un progetto dozzinale un sito che aveva con il tempo raggiunto faticosamente un suo equilibrio costituisca una colpa e un segno di come il centro storico di Quartucciu – di cui restavano tracce – venga trattato come una roba di cui vergognarsi, da rimuovere anche dai ricordi. Un triste tratto psicologico sardo: la vergogna del proprio passato.
Quella piazza non aveva bisogno di granché, sarebbe bastato rimuovere la crosta di brutto che era, appunto, solo una crosta.
Ma questa è un’operazione impossibile, troppo semplice, troppo economica.
La semplicità è uno degli obiettivi più complessi e i nostri amministratori non la raggiungeranno mai.
Sono gli amministratori che dovrebbero orientare, suggerire, diffondere un’idea di buon vivere in luoghi preservati, spiegare e conservare la storia alle comunità e non divenire notai di piani urbanistici che mirano ad altro e che perpetuano un modello che esplode dappertutto.
Le chiedo di fermarsi, signor Sindaco, di trovare fondi per abbattere il museo, di ripristinare la piazza e di conservarla, di aprire contenziosi se servono in nome del bene comune per invertire questa corsa verso la bruttezza che allontanerà da Quartucciu, e da tutto l’hinterland, chiunque cerchi in un luogo il bello e l’armonico. E allontanerà, di conseguenza, anche ogni forma di ricchezza, economica e spirituale.

La saluto cordialmente,
Giorgio Todde
Cagliari, 8 marzo 2013
 

domenica 24 febbraio 2013

Finte Serre Fotovoltaiche a Narbolia

COMUNICATO STAMPA - Domenica 24 febbraio 2013


Risposta All’assessore all’agricoltura Oscar Cherchi


Impianto di Serre Fotovoltaiche
Nella conferenza stampa di giovedì 21 u.s. abbiamo informato i giornalisti presenti di alcuni fatti di cui siamo venuti a conoscenza relativi alla annosa vicenda delle serre fotovoltaiche a Narbolia e al “contorto” iter procedurale che ne ha permesso la realizzazione.
In questa vicenda l’assessore regionale all’agricoltura ha avuto un ruolo fondamentale soprattutto dopo aver firmato un decreto, lo scorso luglio, col quale dichiarava illegittima l’autorizzazione rilasciata dai comuni agli impianti di serre fotovoltaiche (confermando quanto sostenevamo da mesi) e “per ragioni di interesse pubblico”, non meglio precisate, riapriva i termini per la convalida: Una sanatoria utile soprattutto alla Enervitabio che solo due mesi prima era stata chiamata davanti al TAR della Sardegna a rispondere proprio di aver costruito l’impianto di Narbolia senza possedere una valida autorizzazione.
Nello stesso decreto l’assessore dichiara che sono “numerosi gli impianti di serre fotovoltaiche autorizzati dai SUAP o dai Comuni, i quali non avevano competenza in materia”. Concetto questo dichiarato dall’assessore anche alla stampa con la quale aveva parlato di “valanghe di richieste” poi dimostratesi solo due fiocchi di neve.
Nella conferenza stampa abbiamo ricordato questi fatti, tutti documentati, e abbiamo informato che il decreto è servito a convalidare solo due impianti che guarda caso appartengono alla stessa società, quella che ha costruito le serre a Narbolia e che nei prossimi mesi dovrà rispondere davanti al TAR (vedasi allegata comunicazione del Servizio Strutture dell’assessorato).
L’assessore all’agricoltura definisce questi fatti “polemiche senza fondamento”, e scarica in maniera maldestra sui funzionari dell’assessorato – colpevoli di avergli suggerito di emanare il decreto perché esisteva questa pressante esigenza, fatto che andrebbe comprovato con atti - responsabilità e scelte politiche di questa amministrazione regionale.
Concordiamo con l’assessore sul fatto che stiamo sollevando delle “accuse pesanti”, per le quali auspichiamo venga al più presto chiamato a rispondere nelle diverse sedi. In primo luogo davanti ai cittadini per la sua politica dissennata che sta portando l’agricoltura sarda al tracollo.
Per quanto riguarda la velata minaccia di “dover agire in altre sedi”, che tradotto pensiamo significhi voler coinvolgere il magistrato, non si preoccupi l’assessore, abbiamo già informato noi Procura di Oristano e Procura Generale.
Cogliamo l’occasione per invitare l’assessore al convegno che stiamo organizzando per sabato 2 marzo a Narbolia e che parlerà appunto di agricoltura e di salvaguardia di terreni agricoli... il suo "campo". Nei prossimi giorni diffonderemo un comunicato stampa e invieremo all’assessore un invito ufficiale.


 
 
27 febbraio 2012

Finte Serre Fotovoltaiche a Narbolia

L'Associazione Italia Nostra Sardegna ha presentato un'istanza di accesso agli atti e richiesto spiegazioni agli Enti preposti alle autorizzazioni in merito all'installazione di un mega impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica nell'agro del Comune di Narbolia (Oristano).
L'Associazione infatti nutre forti perplessità sull'utilità di un impianto di queste proporzioni (27 Megawatt dichiarati, 1600 serre di 200 metri quadri ciascuna, centomila pannelli fotovoltaici), sia come coerenza con le indicazioni del  P.P.R. che la classifica comearea ad utilizzazione agro forestale”, sia come reale e concreto ricavo economico ed energetico su questi territori.
L’area interessata infatti risulta essere una vasta zona agricola - oltre 70 Ha, di cui 31,55 di superficie coperta – fertile e irrigua, che subirà una variazione di destinazione d’uso dalla realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica. L’economia del territorio è essenzialmente basata sull’attività agricola e l’occupazione di aree tanto estese priva l’agricoltura e la pastorizia di importanti spazi produttivi. Le stesse coltivazioni previste all’interno delle cosiddette “serre fotovoltaiche” sono estranee alla produzione locale e risulterebbero comunque di scarsa produttività perché l’orientamento delle serre pare progettato per garantire la massima ricezione solare e non per una efficiente produzione agricola. Un impianto di tale portata, costituito da elementi strutturali molto invasivi, (plinti in cemento armato, strutture d'acciaio di forte rilevanza, piste, cavidotti, impianti ecc.) crea un’alterazione del microsistema ecologico, una turbativa alla presenza di fauna e insetti impollinatori e un impatto biologico di carattere terziario sulle persone. Fenomeni questi che possono risultare amplificati dall’agrofotovoltaico, ovvero da questo ibrido di agricoltura e di fotovoltaico industriale nel medesimo sito. Si tratta infatti di un impianto che produce campi elettromagnetici che potrebbero interferire con il processo di produzione agricola destinata all’alimentazione. Altro elemento di rischio presente nell’impianto consiste nella potenziale contaminazione dell’ambiente a causa del cadmio ed altre sostanze ed elementi tossici presenti nei pannelli fotovoltaici.
A questi 'effetti collaterali', evidentemente considerati irrilevanti in sede di autorizzazioni, si uniscono i forti dubbi di ripristino dello stato naturale dei terreni alla fine del ciclo produttivo (20 anni). Perplessità derivanti dall'assenza di un piano di smantellamento e ripristino.
Un intervento così invasivo, come quello in fase di avvio a Narbolia, è un grave abuso sul territorio in palese contrasto con la normativa regionale a tutela dei valori paesaggistici in quanto rappresenta uno stravolgimento senza precedenti di questi luoghi e dei valori tutelati dalle vigenti normative. Il Piano Paesaggistico Regionale individua infatti tra i valori di quest'ambito territoriale la “presenza di un paesaggio agricolo che rappresenta elementi essenziali di riconoscibilità e di leggibilità dell’identità territoriale”.
Il rischio imminente che questo impianto di Narbolia venga facilmente reiterato in altri agri del territorio regionale, come del resto sono già diversi gli esempi concretizzati solo in provincia di Oristano,  agevolati sia dagli ultimi provvedimenti intrapresi dal governo Monti (Decreto Salva Italia, D.Lvo n. 1/2012, art. 65), sia dalla riduzione dell'esame di valutazione di impatto ambientale alla semplice auto approvazione comunale, così come indicato dalla Regione Sardegna.
L'Associazione intende intraprendere una serie di iniziative finalizzate a far luce sull'opportunità, l'adeguatezza ed il rispetto delle norme tecniche-paesaggistiche di un impianto di queste dimensioni. Oltre a promuovere una campagna di sensibilizzazione volta al rispetto e alla autentica tutela del paesaggio naturale della Sardegna.
 

Sull'argomento

Produzioni dal Basso: No al futovoltaico a Narbolia
Blog Claudia Zuncheddu: interrogazione in Consiglio Regionale
 
 
Pietro Porcedda - Comitato s'Arrieddu per Narbolia
 
 
 
Graziano Bullegas - Italia Nostra