giovedì 2 febbraio 2012

La rete di Radar antimigranti in Sardegna

 
Targa anniversario mobilitazione antiradar - Sant'Antioco

I cittadini vincono la battaglia sui radar e la pubblica amministrazione paga le spese processuali

Sant’Antioco 02 febbraio 2012 
Il pronunciamento del TAR Sardegna del 25 gennaio scorso in materia di installazione dei radar costieri della Guardia di Finanza dichiara la cessazione della materia del contendere in quanto il Ministero delle Opere Pubbliche e dei Trasporti ha revocato l’autorizzazione a suo tempo rilasciata, e condanna lo Stato e la Regione a pagare le spese di giudizio.
Manifestazione a Sant'Antioco
La sentenza richiama le considerazioni già espresse con l’ordinanza cautelare n. 399/2011 dello scorso ottobre con la quale i giudici affermano l’applicabilità dei principi di minimizzazione e di precauzione a difesa della pubblica salute e dell’ambiente, anche nelle ipotesi in cui i rilievi scientifici non avessero  raggiunto una chiara prova di nocività.
In definitiva, con la condanna delle amministrazioni intimate al pagamento delle spese di giudizio si riconosce la fondatezza dei ricorsi presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa per conto di Italia Nostra e le ragioni dei Comitati NOradar Sardegna che da quasi un anno si sono opposti con presidi, manifestazioni, assemblee, sit-in, conferenze etc… all’installazione dei radar di profondità nelle suggestive coste della Sardegna Occidentale.
Questa sentenza rappresenta quindi un importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar della Sardegna e consente di affrontare con fiducia le nuove battaglie per fermare l’installazione dei radar negli altri siti, in quanto le questioni poste dal TAR Sardegna sull’eventuale pericolo rappresentato dalle emissioni di onde elettromagnetiche persiste anche per i nuovi siti di Sant’Elia, Capo Sandalo, Capo San Marco e Capo Caccia.
Ai pronunciamenti del TAR Sardegna si è aggiunto in questi giorni l’importante (seppur tardivo) documento del Ministero dell’Ambiente con il quale si riafferma l’obbligatorietà della Valutazione di Incidenza nelle aree tutelate dalla rete Natura 2000 senza eccezioni per l’installazione di strutture militari. Come immediata conseguenza anche il Parco Nazionale dell’Asinara ha espresso contrarietà all’installazione del radar della Guardia Costiera a Punta Scomunica e ha chiesto il risarcimento dei danni causati all’ambiente dai lavori non autorizzati.
"Su Semafuru" a Sant'Antioco - 1980 
Si tratta di importanti prese di posizione, sostenute dalla nostra Associazione, a difesa di siti di rilevante interesse paesaggistico e ambientale L’auspicio è che questi pronunciamenti possano risultare utili per impedire l’installazione dei radar in Sardegna e nel resto di Italia e per sostenere le proteste di quelle località in Sicilia, Calabria e Liguria dove i radar sono già stati installati.
               



La G.di F. rinuncia ad installare i radar

Sant’Antioco 23 dicembre 2011


 
 
La rinuncia della Guardia di Finanza ad installare i radar nei promontori di Capo Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera - comunicata dall’avvocatura dello stato al TAR Sardegna, che il prossimo 25 gennaio dovrà discutere nel merito del ricorso presentato da Italia Nostra e dal comune di Tresnuraghes - rappresenta un’importante risultato per l’Associazione e per i Comitati NOradar
della Sardegna.

Di fronte ad una eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la GdF sceglie di ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti. I siti individuati sono dei vecchi fari della Marina Militare per alcuni dei quali le Amministrazioni locali hanno progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene.
Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di quelli individuati in precedenza per cui non si capisce la ratio di tale scelta se non quella di dover piazzare da qualche parte radar già acquistati e conservati in magazzino. Considerati i costi di installazione dei radar GdF e di acquisto di
quelli della Guardia Costiera, si risparmierebbero oltre 400 mila euro se si decidesse di rinunciare alle due reti di radar. Somme utili a dare respiro alle casse ormai vuote di parchi e aree protette.
Italia Nostra, così come ha sostenuto la lotta delle comunità dei quattro siti che si sono mobilitate a difesa del proprio territorio, prosegue nel suo impegno ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori di Cagliari, Carloforte, Cabras e Alghero e delle altre località interessate. Tre di questi siti dovranno addirittura ospitare due radar con le conseguenze negative dovute alla somma delle emissioni elettromagnetiche degli apparati.
È bene ricordare che l’Associazione ha presentato qualche mese fa una denuncia alle Procure della Repubblica competenti per territorio con la quale si evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio delle autorizzazioni e i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Chi pagherà i costi del ripristino ambientale della collina di Capo Pecora
completamente deturpata da una immensa pista realizzata senza neppure le necessarie autorizzazioni?
Considerato che i siti individuati per l’installazione dei radar sono di rilevante interesse paesaggistico e ambientale (quasi tutti parchi, aree protette, zone umide di importanza internazionale e inseriti nella Rete Natura 2000) e che, come sostiene il TAR Sardegna, è necessario garantire il diritto all’ambiente salubre, si ritiene scellerata la scelta di installarvi radar e apparecchiature elettroniche che emettono onde elettromagnetiche dannose per il territorio e per la salute umana e dell’ecosistema, e che impediscono la pubblica fruizione di questi bellissimi promontori.
L’Associazione esprime inoltre viva preoccupazione per i danni ambientali che i radar già installati in Sicilia, Calabria e Liguria possono arrecare alle comunità residenti, considerando che alcuni centri urbani risultano investiti dalle pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar.

 

Un Albero di Natale antiradar

Il 18 dicembre in Piazzetta Piria a Sant’Antioco si inaugurerà un albero di Natale diverso dai soliti, carico di significati.
Gli organizzatori sono Italia Nostra, il comitato No Radar, l’associazione Sant’Antioco abbraccia il mare; ha collaborato, oltre al Comune per la location, la Guardia Forestale locale.
Si è scelto un albero secco, fornito dalla Guardia Forestale, spoglio e triste, a rappresentare il nostro presente, spoglio di valori, secco nei sentimenti, spesso un po’ triste. Ma lo si è riempito dei colori, della fantasia, delle speranze dei bambini: centinaia di disegni che i bimbi delle primarie hanno realizzato per l’evento. Ci si vuole in questo modo augurare che il loro futuro sia più allegro, pieno di colore e gioia, con più attenzione all’ambiente e al territorio, certamente senza radar.
C’è un ulteriore significato: l’iniziativa è ad impatto e costo zero, per preciso desiderio degli organizzatori. Si è scelto di non uccidere un albero per celebrare il Natale; i volontari hanno partecipato con gioia, i regalini per i bimbi sono dati donati da aziende specializzate in gadgets. Ingredienti  semplici: idee, volontà, coraggio, partecipazione, solidarietà.  Una ricetta che di questi tempi potrebbe tornare utile non solo a livello locale…
La banda musicale Giuseppe Verdi accompagna, anch’essa a titolo gratuito, la manifestazione. Per augurare a tutti Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

 
Sant’Antioco  12 ottobre 2011
GRANDI E INUTILI OPERE IN SARDEGNA

Nonostante la crisi economica che investe l’Italia, prosegue anche in Sardegna la realizzazione di opere socialmente inutili e devastanti sotto il profilo paesaggistico e ambientale 

Proviene dall’Algeria il gigantesco serpente che uscirà dal mare e, dopo aver sventrato la Sardegna dal Sulcis alla Gallura, si immergerà nuovamente nel Tirreno per raggiungere la costa toscana.
Il Galsi, questo il nome del metanodotto, è un'infrastruttura titanica che  distruggerà tutto quel che incontra nel suo percorso (coltivazioni, boschi, attraversamento di fiumi, interruzione di falde acquifere) e la vastissima prateria di posidonia del Golfo di Palmas.
Circa un terzo del gas trasportato dovrebbe servire le utenze dell’isola e consentire alla Sardegna di superare il gap energetico, ma il finanziamento non prevede la realizzazione degli allacci a un’eventuale rete di gas sarda, per cui neppure un metro cubo di metano si fermerà in Sardegna e il gigantesco tubo d’acciaio costituirà l’ennesima servitù per la Sardegna a beneficio dei soliti interessi.
Sempre dal nord Africa dovrebbero arrivare i migranti clandestini da fermare attraverso l’estesa rete di radar che la Guardia di Finanza (4 radar) e la Guardia Costiera (11 radar) vorrebbero installare nei promontori più suggestivi e paesaggisticamente rilevanti delle coste della Sardegna, alcuni dentro i parchi e le aree marine protette il resto nei siti appartenenti alla rete europea Natura 2000 per la conservazione della biodiversità.
Appalti senza gara da molti milioni di euro, non importa se immigrati clandestini non ne sono mai arrivati, se queste apparecchiature emettono onde elettromagnetiche dannose per la salute e per l’ecosistema, se gli altissimi tralicci e le piste per raggiungerli rappresenteranno l’ennesimo disastro paesaggistico delle coste sarde, se aumenteranno ancora le servitù militari.
Insomma due opere di cui la comunità sarda non avverte certo il bisogno, e per le quali Italia Nostra ha presentato opposizioni e ricorsi.
È di questi giorni il positivo accoglimento del TAR Sardegna della sospensiva all’installazione di alcuni radar. Nella sua ordinanza il TAR condivide le valutazioni ed i giudizi formulati da Italia Nostra e ne accoglie appieno le richieste. Un importante riconoscimento per l’Associazione e per i "valori" che esprime: il principio di precauzione, ma anche il diritto alla salute, alla salubrità dell'ambiente e il diritto ad un paesaggio non devastato.
Graziano Bullegas
(Articolo pubblicato sul bollettino nazionale di Italia Nostra)








La tutela della salute e dell’ambiente non possono essere subordinate alla realizzazione di un opera pubblica

Sit-in davanti al Consiglio Regionale - Cagliari
Sant’Antioco  7 ottobre 2011
Le motivazioni con le quali il TAR Sardegna ha accolto la richiesta di Italia Nostra e del Comune di Tresnuraghes di sospendere l’installazione dei radar in Sardegna confermano le ragioni degli ambientalisti e dei tanti cittadini mobilitati.
Nell’ordinanza i giudici evidenziano l’estrema superficialità con la quale gli enti regionali hanno rilasciato i pareri positivi: “il parere dell’ARPAS non sembra reso sulla base di una approfondita istruttoria”, così come non è stata presa in alcuna considerazione la nota e evidente presenza di cittadini, turisti, e operatori in prossimità dei radar, mentre è stata approssimativa la valutazione del Servizio SAVI nel non ritenere utile la valutazione di incidenza in un’area SIC deputata alla conservazione della biodiversità in Europa.
In particolare i giudici mettono al primo posto valori costituzionalmente garantiti quali il diritto alla salute e il diritto alla salubrità dell’ambiente che, sembrerebbe,  siano stati disattesi nell’iter che ha approvato l’installazione dei radar in Sardegna; nel contempo inseriscono principi quali quello della minimizzazione del rischio e quello di precauzione anche nei casi in cui (come nelle emissioni di onde elettromagnetiche dei radar) i rilievi scientifici non hanno raggiunto una chiara prova di nocività.
Un pronunciamento del TAR che accoglie quindi le ragioni di Italia Nostra e dei comitati contro l’installazione dei radar in Sardegna. Non altrettanto si può dire della posizione della Regione Sarda. Mentre il Consiglio Regionale lo scorso 31 agosto si pronuncia con un voto unanime per la revisione delle basi militari presenti nell’isola e per riconsiderare l’intero iter di approvazione dell’installazione dei radar (considerati nuove servitù militari), la Giunta Regionale concede nuovi territori ad usi militari e gli organi della Regione (il SAVI e l’ARPAS), preposti alla tutela dell’ambiente, danno parere favorevole ad opere devastanti in zone di grande pregio paesaggistico e naturalistico. E non basta ancora, l’avvocatura regionale, con delega del Presidente della Giunta, difende poi a spada tratta davanti allo stesso TAR la rete di radar militari intorno all’Isola.









Bloccata per l’intera estate l’installazione dei radar in Sardegna

Sant’Antioco 01 agosto 2011



Il presidente della prima sezione del TAR Sardegna Aldo Ravalli ha accolto due ricorsi
presentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa per conto di Italia Nostra e ha deciso in
via cautelare di sospendere l’installazione dei radar a Sant’Antioco e a Fluminimaggiore
nella costa occidentale della Sardegna. Il prossimo 5 ottobre la camera di consiglio
collegiale valuterà se confermare o modificare il dispositivo.
Un importante risultato per l’Associazione Italia Nostra, per il movimento NOradar, per i cittadini e per quanti hanno creduto in questa lotta a difesa della salute, del territorio e del bellissimo paesaggio costiero della Sardegna, vera risorsa dell’isola.

La tregua estiva, conseguenza della decisione del TAR Sardegna, consentirà a quanti si
sono mobilitati di ripensare la protesta antiradar e di studiare le prossime iniziative senza
l’affanno di veder nascere da un giorno all’altro i cantieri della società Almaviva in alcuni
tra i promontori più suggestivi dell’isola, siti costieri rilevanti sotto l’aspetto paesaggistico e
ambientale, che rischiano di essere irrimediabilmente compromessi da queste torri di
acciaio alte 15 mt.







I radar che si vorrebbero installare sono strumenti pericolosi per la salute umana, per
l’ecosistema e per la conservazione della biodiversità (aree SIC e ZPS).
In questa vicenda sono in gioco, oltre alla credibilità degli enti preposti alla tutela della
salute e dell’ambiente, anche l'applicazione forzata dell'articolo 147 del Codice BBCC ed
una prassi che vede gli organi della tutela del paesaggio, come troppo spesso accade, in
una posizione tanto subalterna da esprimere inverosimili pareri favorevoli "in
considerazione dell’esigenza di sicurezza nazionale" o ipotizzando improponibili e banali
"opere di mitigazione", quali la piantumazione di arbusti e cespugli, per nascondere
strutture di rilevantissime dimensioni.
Inoltre la rete di radar, giustificata in una prima fase come un sistema di controllo
dell’immigrazione clandestina, assume sempre più una connotazione di carattere militare
e di intelligence (il cosiddetto sistema C4I) e rappresenta quindi nuove e pesanti servitù
per la regione Sardegna, la più gravata in assoluto da basi militari che stanno
desertificando il territorio, mettendo a rischio la salute dei cittadini e distruggendo
ambiente e paesaggio.

Ricorso al TAR contro l’installazione dei radar in Sardegna
 
Sant’Antioco  22 luglio 2011
L’associazione Italia Nostra assieme al Comitato NOradar di Sant’Antioco presenterà in settimana un ricorso al TAR Sardegna contro l’installazione dei radar di profondità a Capo Sperone. Analoga iniziativa è in corso con il Comitato di Fluminimaggiore per impedire l’installazione del radar a Capo Pecora.
Per poter sostenere le spese legali il comitato ha avviato una sottoscrizione popolare tra la comunità e ha organizzato a S’acqua ‘e sa Canna per il prossimo sabato 23 luglio una cena di autofinanziamento a base di cibi locali.
I cittadini riuniti in comitato – confortati dall’accoglimento dei ricorsi e delle richieste di sospensiva da parte del TAR Lecce per il radar di Gagliano del Capo in Puglia e del TAR Sardegna per il radar di S’Ischia Ruja a Tresnuraghes -  hanno deciso di intraprendere la via del ricorso amministrativo perché fortemente preoccupati dall’eventuale installazione del radar e dall’assenza di decisioni e pronunciamenti politici da parte del governo regionale.

In questo momento non rassicurano certo le inopportune dichiarazioni del senatore Cabras, poco rispettose delle battaglie dei cittadini e delle comunità locali e senza alcuna cognizione delle apparecchiature che si devono installare e della loro pericolosità. Non ha avuto neppure la sensibilità, dimostrata da tanti politici anche del suo partito, di ascoltare le ragioni dei propri concittadini che da mesi lottano contro questi pericolosi strumenti di distruzione della salute, del paesaggio e dell’ecosistema.
La stessa ARPA Sardegna riconosce infatti che i radar possono emettere onde elettromagnetiche pericolose per la salute umana e superiori ai limiti di legge, e ha rilasciato parere favorevole sub condizione e decidendo di fatto di effettuare le verifiche dopo l’installazione del radar. procedura che non prevede, se non fino a dopo la costruzione, la verifica degli effetti collaterali in materia di inquinamento elettromagnetico.procedura che non prevede, se non fino a dopo la costruzione, la verifica degli effetti collaterali in materia di inquinamento elettromagnetico.


Una passeggiata ecologica antiradar

Sant’Antioco 17 aprile 2011 
 
La passeggiata naturalistico-ecologica proposta dalla sezione di Sant’Antioco di Italia Nostra per sensibilizzare i cittadini contro l’installazione del radar a Capo Sperone,  ha avuto successo.
Puntuali stamattina si son presentate all’appuntamento una cinquantina di persone e quasi tutte hanno percorso il tracciato più lungo (9 km) che partendo dalla Torre Canai (visitata da un centinaio di persone nei due giorni di apertura in occasione della XIII settimana della cultura indetta dal Ministero per i Beni Culturali) ha raggiunto la collina di “Su Semafuru” (sa Guardia de su Turcu è l’antico toponimo) e dopo una breve sosta è rientrata attraverso un percorso ad anello.
Scopo della manifestazione è stato quello di tracciare un percorso, individuato e segnalato tra sentieri già esistenti, che unisce i due Beni Identitari (Torre e Semaforo) che hanno avuto una comune storia nel passato (ambedue postazioni di controllo per l’accesso nel Golfo di Palmas e nel Porto di Sant’Antioco) e che purtroppo potrebbero avere un futuro diverso: la Torre recuperata e resa alla pubblica fruizione grazie alla passione e all’impegno volontario di un’associazione culturale (Italia Nostra), mentre il semaforo rischia la completa distruzione a causa dell’installazione sulla collina del radar antimigranti.
I partecipanti al trekking hanno aderito all’iniziativa oltre che per esprimere la loro contrarietà all’installazione del radar anche perché interessati a un’insolita passeggiata tra i colori e i profumi della campagna, in questa stagione particolarmente intensi, e per poter ammirare dalla sommità della collina de Su Semafuru (176 metri di altezza) lo straordinario panorama a 360° sul golfo di Palmas, sulla costa sud occidentale della Sardegna fino a Capo Teulada, sulle isole della Vacca e del Toro, sull’intero versante meridionale dell’isola di Sant’Antioco e sulla costa orientale dell’isola di San Pietro.
 
Lavori di installazione del radar a Capo Sperone
Sant’Antioco 24 marzo 2011   
In data odierna sono arrivati i primi mezzi meccanici a Capo Sperone a Sant’Antioco, nell’area  della ex stazione radio militare per la posa di un radar di profondità per la sorveglianza costiera.
I giorni scorsi l’Associazione è intervenuta presso tutti gli enti interessati al rilascio delle autorizzazioni (Ass.to Reg.le all’Ambiente, Ufficio Tutela del Paesaggio, Servizio Demanio e Patrimonio, Comune di Sant’Antioco e ARPA Sardegna) chiedendo informazioni sugli eventuali pareri rilasciati.
Italia Nostra è intervenuta perché il radar che sarà installato su un traliccio alto  36 mt, genererà un potente fascio elettromagnetico che potrebbe avere ripercussioni negative sull’ecosistema di una vasta area sensibile del sud dell’isola. Ricordiamo che oltre al vincolo paesaggistico presente nell’intera isola, la parte sud è stata individuata quale Zona di Protezione Speciale codice ITB043032 denominata “Isola di Sant’Antioco, Capo Sperone” per la presenza di specie di rilevante interesse faunistico, alcune a rischio di estinzione quali l'Alectoris barbara l'unica pernice presente in Sardegna e per l’importante presenza di emergenze botaniche alcune delle quali endemiche. L’isola di Sant’Antioco, e in particolare il tratto di costa a falesia del sud, è uno dei pochi siti in Italia in cui nidifica e si riproduce il falco della regina
Inoltre a poca distanza del sito interessato all’installazione del radar (500-700 mt) ci sono alcune case in cui abitano permanentemente diverse famiglie, poco lontano (distanza inferiore ai mille metri) opera una comunità di recupero per tossicodipendenti che ospita per l’intero anno numerosi giovani e operatori sociali. Uguale distanza da importanti insediamenti turistici (il residence Ibisco Farm e l’hotel village Capo Sperone) e dalla stessa spiaggia di S’Acqua ‘e sa Canna meta di numerosi bagnanti nella stagione estiva.  A una distanza di poco superiore (1.500 mt) si trova un’altra grossa struttura turistica denominata Peonia Rosa, abitata anche nella stagione invernale da alcune famiglie.
Fatto curioso è che la delibera della Giunta Regionale che concede in comodato d’uso l’area ex semaforo alla guardia di finanza, condiziona la realizzazione delle opere all’acquisizione di tutte le autorizzazioni e permessi di legge prescritti per le aree vincolate dal punto di vista paesaggistico e che l’intero apparato sarà finanziato dalla Comunità europea con PON Asse 1.2. Questo tipo di finanziamento impone specificatamente il criterio della pubblicità dell'attività progettuale che si intende realizzare con informazione specifica alle popolazioni interessate,  oltre che l'esposizione del logo europeo in tutti i documenti presentati, sia in fase informativa sia in fase di esecuzione dei lavori. Allo stato attuale i lavori sono iniziati senza che nessuno ne sapesse niente e senza alcuna informazione al riguardo. 
 
 

Sull'argomento:


 

alcuni interessanti filmati:

 

Rai news24

Conferenza NOradar a Sant'Antioco

 
 

Presidio Capo Pecora

Presidio di Tresnuraghes

 
 

 

mercoledì 25 gennaio 2012

Un'area Marina Protetta nell'arcipelago del Sulcis

 

Progetto Paesaggi Sensibili 2012

 
L’arcipelago del Sulcis è tra i pochi in Italia a non avere al suo interno un’Area Marina Protetta.
L’arcipelago è ricco di peculiarità e di uno straordinario patrimonio ambientale e naturale, di suggestioni e valori che la sua gente, e le numerose iniziative e battaglie di Italia Nostra, sono riuscite a conservare fino ai giorni nostri.
Il mare, le spiagge, le falesie, le zone umide e le grandi lagune, le distese di macchia mediterranea, l'ambiente rurale, e le numerose presenze archeologiche rappresentano le diverse “facce” attraverso le quali l’arcipelago del Sulcis si presenta e si propone agli occhi dei visitatori.
Purtroppo alcune zone costiere delle isole maggiori sono state intensamente trasformate da più che discutibili interventi edilizi che ne hanno alterato la naturalità, che rimane invece alta in alcuni tratti di costa e sulle piccole isole, e in buona parte delle lagune.
Nelle isole sono presenti ambienti differenti, i fondali e le falesie dei tratti di costa occidentale, la costa bassa a oriente, le lagune, gli stagni e le saline, l'ambiente rurale e le colline dell’entroterra.
Un paesaggio di Sardegna che per ragioni ambientali ed antropiche appare differente e originale rispetto alle altre zone dell'isola.
Obbiettivo da raggiungere consiste nella possibilità di fruire il territorio e il mare in maniera sostenibile, lasciandolo in eredità alle generazioni future.
L’interessante apertura verso l’istituzione di un’Area Marina Protetta da parte di un importante gruppo di pescatori e la particolare attenzione verso le aree marine e terrestri protette da parte degli amministratori dei tre comuni (Sant’Antioco, Carloforte e Calasetta) consentono di guardare in maniera positiva alla realizzazione di un progetto di “gestione integrata delle zona costiera” armonizzando le diverse esigenze di uso dell’area: lo strumento dell’Area Marina Protetta può favorire, infatti, gli operatori locali concedendo diritti esclusivi alla piccola pesca artigianale, coinvolgendoli così in prima persona alla tutela delle risorse, e trovare soluzione alle tante emergenze che attraversa il settore della pesca.
Esistono nell’isola delle importanti aree che racchiudono al proprio interno un felice insieme di aspetti geomorfologici, vegetazionali, paesaggistici, faunistici e archeologici che, assieme al mare circostante, dovrebbero essere classificate aree di parco naturalistico e culturale e in tal senso adeguatamente tutelate..
L’istituzione di aree di tutela rappresenta, a nostro avviso, un fondamentale strumento di salvaguardia ambientale che, se ben gestito, può attivare efficaci processi di sviluppo culturale ed economico per l’intera comunità
 

Insediamenti

In agro interessante presenza di vecchi agglomerati rurali (medaus e furriadroxus). E’ da segnalare l’eccessiva presenza di finti fabbricati rurali che talvolta sono assimilabili a vere e proprie lottizzazioni abusive.

Caratteri culturali:
Il patrimonio paesaggistico e ambientale dell’arcipelago è indubbiamente l’elemento più significativo che l’Area Marina Protetta dovrebbe salvaguardare e mettere a valore, proteggendolo e rendendolo fruibile compatibilmente con la sensibilità del luogo
I centri urbani devono svolgere il ruolo di supporto dell’aera ed essere in grado di ospitare i servizi e la ricettività necessaria alla pubblica fruibilità del parco, coinvolgendo le strutture già esistenti e stimolando la nascita di nuove attività compatibili e sostenibili (albergo diffuso, B&B, locande, agro e itti turismo etc…)
Nell’isola di Sant’Antioco sono presenti numerose testimonianze archeologiche dal prenuragico, ai numerosi nuraghi e tombe dei giganti, le presenze fenice e puniche, romane fino alle testimonianze più recenti.
Risalgono ai secoli scorsi le testimonianze architettoniche e i beni identitari maggiormente rappresentativi della cultura recente (torri, fortezze, fari, strutture per segnalazioni semaforiche etc…).
Nelle due isole sono presenti numerose testimonianze della cultura contadina (stazzi e medaus, muretti a secco, casette agricole al servizio dei fondi).
L’area protetta dovrebbe inglobare le parti di territorio più sensibile sotto l’aspetto paesaggistico-culturale e per la presenza delle più importanti testimonianze del periodo nuragico (la costa sudoccidentale dell’isola di Sant’Antioco con l’intera area archeologica di Grutt’e Acqua che dovrebbe essere caratterizzata da vero e proprio parco-archeologico) e l’area delimitata dall’oasi del falco della Regina nell’isola di San Pietro. Fondamentale creare un vero e proprio rapporto tra area protetta e patrimonio culturale, tra natura e cultura, valorizzando e preservando la biodiversità e le testimonianze culturali presenti nell’arcipelago.

Minacce alla tutela:
Le criticità nel sistema sono dovute in particolare agli incendi di origine dolosa che devastano la macchia mediterranea, l’inquinamento ambientale derivante dalle industrie vicine e dal Poligono di Capo Teulada.
Nei tratti di mare che circondano l’arcipelago si registra un eccessiva presenza di pescatori e di raccoglitori di frutti di mare che è causa di un prelievo non sostenibile
Molti arenili dell’arcipelago sono a rischio a causa dell’erosione derivante dalle costruzioni e le infrastrutture realizzate in prossimità della costa.
Nella laguna di Sant’Antioco è prevista la realizzazione di un approdo per idrovolanti che potrebbe arrecare seri danni alla zona umida e all’IBA
Nelle due isole sono stati realizzati diversi ecomostri in prossimità delle coste e alcuni altri sono in fase di progettazione (campi da golf e nuove strutture turistiche a San Pietro, un imponente speculazione immobiliare definita “centro termale” in zona agricola e di tutela integrale nell’isola di Sant’Antioco)
Altro elemento di criticità sono le numerose costruzioni nell’agro e le industrie di Portovesme
Si assiste nell’isola all’aumento incontrollato delle problematiche legate al rapporto agricoltura-fauna selvatica, a causa soprattutto dell’impatto causato da specie non autoctone come i cinghiali - dovuta a lanci spregiudicati finalizzati al ripopolamento“prontocaccia” - con negative conseguenze ambientali quali l’abbandono dei coltivi, l’inasprimento del conflitto agricoltori-cacciatori e di non secondaria importanza l’incremento dei costi economici derivanti dai risarcimenti.
Si registrano sporadici casi di diccioccamento e decespugliamento a discapito della macchia mediterranea

Minacce alla biodiversità:
La presenza di specie non autoctone crea problemi seri alla sopravvivenza di alcune specie della macchia mediterranea e può causare limitazioni alla riproduzione di altre specie faunistiche autoctone, scatenando una vera e propria rivoluzione della sopravvivenza di alcune specie.

Sant’Antioco 10 gennaio 2004

Lettera ai Sindaci sull'AMP

La nostra Associazione ha seguito con particolare interesse le iniziative intraprese dalle Amministrazioni Comunali delle Isole del Sulcis finalizzate all’istituzione di un’Area Marina Protetta nel mare prospiciente l’arcipelago sulcitano e in alcune importanti zone umide. 
Questo interesse deriva da una consolidata e verificata posizione: l’istituzione di aree di tutela rappresenta un fondamentale strumento di salvaguardia ambientale che, se ben gestito, può attivare efficaci processi di sviluppo culturale ed economico.
L’Associazione è convinta che la strada da percorrere per raggiungere tale importante obiettivo è indubbiamente lunga e difficile, soprattutto a causa delle incomprensioni e delle opposizioni, spesso strumentali, che normalmente incontrano iniziative di questo tipo. Alcune delle assemblee con gli operatori economici della pesca che si sono svolte a Calasetta e a Sant’Antioco hanno dimostrato che spesso prevale la disinformazione e il populismo.
Italia Nostra è consapevole che progetti come questo, per essere realizzati, necessitano del coinvolgimento e della partecipazioni di tutti, in primo luogo degli operatori economici. Bisogna però fare attenzione a non scambiare la demagogia e il populismo con la democrazia e la partecipazione, che sono valori profondamente diversi. È necessario quindi sentire le ragioni di tutti, ed avere poi la capacità di discernere tra le legittime preoccupazioni degli operatori seri e le posizioni demagogiche di quelli che non accettano alcuna regola al solo fine di poter liberamente proseguire nell’opera di saccheggio e di distruzione del nostro mare e del nostro territorio.
Ma al di là degli aspetti negativi, dalle varie assemblee sono emerse, da parte dei pescatori e dei loro rappresentanti, anche alcune importanti questioni che è necessario analizzare: 
a)   L’elevato numero di pescatori presenti nelle acque attorno all’arcipelago (440 pescatori iscritti al Circomare di Sant’Antioco) sottopone il mare a un prelievo non sopportabile dall’ecosistema, rendendo pertanto necessaria e improcrastinabile una regolamentazione dell’attività di pesca nell’area. Fenomeno reso ancora più critico da una forte presenza di pescatori abusivi che contribuiscono ad aumentare il prelievo ittico della zona;
b)   Il golfo di Palmas è una rada dove le navi trovano sicuro rifugio durante le tempeste, ma questo fatto crea seri problemi all’attività di pesca (aratura dei fondali con le ancore, scarrocciamenti, eccessiva presenza di navi in rada etc…);
c)   La presenza delle servitù militari rappresenta una grossa limitazione dell’attività di pesca in una estesissima area del golfo di Palmas; 
d)  L’impianto di maricoltura ubicato a poca distanza dalla costa di Turri  contribuisce anche se in misura minore a limitare la pesca e la navigazione nell’area;
e)   Troppi impianti di depurazione delle acque reflue dei centri urbani del Sulcis (Sant’Antioco compresa) immettono in mare acque non perfettamente depurate;
f)    Il prelievo indiscriminato e con sistemi vietati di frutti di mare ha quasi estinto alcune specie di molluschi (muscoli, datteri di mare, vongole, arselle etc…) presenti fino a qualche anno fa e, se non si interviene per tempo, porterà a sicura estinzione anche i ricci di mare;
g)   La vasta zona umida che dagli stagni di Sant’Antioco arriva fino a quelli di  Teulada è riservata ad uso quasi esclusivo delle saline di Palmas privando così il settore pesca di un’importante area di attività.
Si tratta di emergenze che vanno affrontate seriamente e che, se risolte, potrebbero contribuire al rilancio del settore. Italia Nostra è certa che l’Area Marina Protetta potrebbe dare alcune importanti risposte a quasi tutti questi problemi.
Per questo l’Associazione è sempre più convinta che il progetto, se adeguatamente sostenuto, permetterà di realizzare una “gestione integrata delle zona costiera” armonizzando le diverse esigenze di uso dell’area. Lo strumento dell’Area Marina Protetta può favorire, infatti, gli operatori locali concedendo loro diritti esclusivi alla piccola pesca artigianale, coinvolgendoli così in prima persona nella tutela delle risorse; può ad esempio predisporre punti di ancoraggio per le navi che cercano riparo in rada, può impedire che nuove concessioni vengano date per la maricoltura, può esercitare un maggior controllo per prevenire il fenomeno dell’abusivismo e può regolamentare la raccolta di frutti di mare a rischio di estinzione. Ma soprattutto questo strumento garantirà alle Amministrazioni Comunali e ai privati cittadini, attraverso la legge 394/91, una importante “priorità nella concessione di finanziamenti dell'Unione europea, statali e regionali ... “ per opere pubbliche di interesse ambientale, culturale,  e per “iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive dell’area…”.
La nostra Associazione ritiene che le opposizioni all’Area Marina Protetta siano perlopiù dovute alla mancanza di una corretta informazione; per questo non accetta che un progetto tanto importante possa essere accantonato solo per il personale interesse di qualche operatore che intende perpetuare comportamenti scorretti e lesivi dell’ecosistema, a discapito degli altri operatori, dell’ambiente e dell’economia locale.
Italia Nostra invita pertanto i Sindaci dei Comuni di Sant’Antioco e di Calasetta e i rispettivi Consigli Comunali a proseguire nella strada intrapresa e a coinvolgere attorno all’iniziativa l’intera comunità e le altre Amministrazioni interessate.
 


 Sant’Antioco 11 novembre 2003

Realizzare una “gestione integrata delle zone costiere”

 
Nello scorso mese di marzo, il Consiglio Comunale di S.Antioco ha deliberato all’unanimità – presenti tutti i consiglieri – la proposta di “Istituzione dell’Area Naturale Marina Protetta e Zone Umide di S.Antioco – Arcipelago del Sulcis”.

Italia Nostra  ha seguito con particolare interesse  l’iniziativa dell’Amministrazione, condivisa allora da tutta l’opposizione, e, rispondendo ad un formale invito del Sindaco, ha manifestato il proprio convinto apprezzamento per la deliberazione adottata e la disponibilità ad una fattiva collaborazione. 
Italia Nostra non ha cambiato idea e conferma oggi la propria consolidata posizione: l’istituzione  di aree di tutela rappresenta, infatti, un fondamentale strumento di salvaguardia ambientale che, se ben gestito, può attivare efficaci processi di sviluppo culturale ed economico. 

Nella sua ventennale attività, la Sezione ha proposto a più riprese l’istituzione di aree protette nelle zone naturalisticamente  e culturalmente più rilevanti, ivi comprese le zone umide. 
La delibera adottata nel mese di marzo rappresenta, perciò,  un primo importante passo per la realizzazione nell’Isola di S.Antioco di un’Area Protetta che potrà trovare compiuta attuazione con l’adesione delle altre Amministrazioni competenti. Nel frattempo è del tutto condivisibile l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale di S.Antioco che, per quanto di sua competenza, ha attivato il lungo iter istitutivo dell’Area, informando e coinvolgendo altre Amministrazioni, Sindacati, Associazioni imprenditoriali e Associazioni ambientaliste. 

Questo è stato, ed è ancora oggi, il nostro punto di vista. 

Il progetto, se adeguatamente sostenuto, permetterà di realizzare una “gestione integrata delle zona costiera” armonizzando le diverse esigenze  di uso dell’area: lo strumento dell’ Area Marina  Protetta può favorire, infatti, gli operatori locali concedendo diritti esclusivi alla piccola pesca artigianale, coinvolgendoli così in prima persona alla tutela delle risorse. 

Notizie di stampa (La Nuova, 9/11/2003) riportano dichiarazioni critiche di due consiglieri dell’opposizione che, pare, abbiano cambiato idea rispetto alle loro posizioni iniziali.
Le loro motivazioni, considerati i documenti a nostra conoscenza,  paiono poco comprensibili  in particolare a chi, come Italia Nostra, nelle aree di tutela ci crede davvero (e non da oggi) ed ha fatto della promozione di tali aree uno dei punti fondamentali del suo programma d’azione a livello nazionale e locale. 

Di fronte ad un territorio ancora oggi minacciato da colate di cemento, deturpato da cave mai recuperate, sfigurato nelle aree rurali da “case agricole” che nascono come funghi (si pensi alla piana di Canai), interessato da “opere pubbliche”  come il Tiro a segno a Is Pruinis che fa rabbrividire per il forte impatto ambientale, l’istituzione dell’Area marina protetta si qualifica come uno dei pochi interventi veramente significativi. 
Italia Nostra auspica che l’Amministrazione comunale perseveri con convinzione nella realizzazione dell’Area e garantisce il proprio fattivo contributo per il buon fine dell’iniziativa.

 

 Sull'argomento:

La Gazzetta del Sulcis: Legambiente e Goletta Verde per l'AMP 
La Nuova Sardegna: Il Golfo di Palmas in pericolo
 
 
 

venerdì 21 ottobre 2011

Non toccate il PPR


Le Associazioni Ambientaliste Amici della terra - Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra Sardegna e Legambiente Sardegna si oppongono con fermezza all’attuale tentativo di riscrittura del Piano Paesaggistico Sardo e fanno presente all’Assessore all’Urbanistica, Nicola Rassu, quanto di approssimativo e non rispondente al vero è contenuto nelle sue dichiarazioni rilasciate al quotidiano L’Unione Sarda il 29 settembre scorso.
Non corrisponde, infatti, a verità che le nostre Associazioni siano state coinvolte nel procedimento di modifica dell’attuale Piano Paesaggistico Regionale come previsto dal Codice Urbani.
La nullità del procedimento di riscrittura/revisione, inoltre, è determinata da un’ulteriore grave mancanza. Nessuna attività di copianificazione, prevista espressamente dallo stesso Codice, è stata messa in atto all’avvio o nel corso del processo. Così come confermato dalla stessa Soprintendenza competente.
Il Piano e i suoi adeguamenti non possono derivare, come contradditoriamente dichiarato dall’Assessore, dal cosiddetto Piano Casa, ma dalle disposizioni inderogabili del Codice del Paesaggio e dei Beni Culturali.
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Dalla lettura della bozza risulta inoltre un allarmante allentamento complessivo delle attuali tutele quale, ad esempio, l’esclusione della fascia costiera dai beni paesaggistici d’insieme.
Siamo certi – sostenuti da rilevanti evidenze giurisprudenziali – dell’elementare principio per il quale uno strumento di tutela non può essere trasformato in uno strumento che, al contrario, aggira e indebolisce le norme. 
Per i motivi qui riassunti le Associazioni contestano le dichiarazioni rese dall’Assessore e invitano il Presidente della Giunta Regionale, lo stesso Assessore Rassu e il Presidente del Consiglio ad interrompere il procedimento che si presenta gravemente viziato.
E manifestano, infine, la volontà di utilizzare ogni strumento legale sia contro le violazioni del Codice Urbani sia contro l’eventuale danno erariale che deriverebbe da una procedura illegittima.