venerdì 12 febbraio 2016

Referendum trivellazioni – I cittadini potranno pronunciarsi



Italia Nostra: bene la Consulta, i cittadini hanno il diritto di decidere
Italia Nostra esprime soddisfazione per la decisione della Consulta di ammettere il quesito referendario contro le trivelle e le ricerche in mare degli idrocarburi nei giacimenti già concessi. “Non possiamo che essere lieti che la Consulta abbia deciso di dare la parola ai cittadini”, afferma il presidente nazionale dell’Associazione Marco Parini, “Si tratta di un problema sentito in tutto il Paese perché impatta direttamente con la salute dei cittadini, con l’integrità del nostro paesaggio e del nostro patrimonio culturale. Non si bilancia l’interesse economico, peraltro modesto, del ritrovamento di gas o petrolio con la tutela di tutto ciò”.

Le attività di ricerca petrolifere e di perforazione dei fondali minacciano in modo irreversibile il nostro ecosistema provocando danni gravissimi sull’habitat marino e sulle coste. La maggior parte delle perforazioni, infatti, si svolgono entro le 12 miglia dalla linea di costa, nel Mare Adriatico addirittura 5 miglia. In mancanza di questo referendum, tutti i procedimenti per i progetti di esplorazione riavviati, circa 40 concentrati in modo particolare fra il canale di Sicilia, l’Adriatico centrale, le Tremiti e il mar Jonio, area marina vietata alle attività di ricerca di petrolio fino al luglio 2011, grazie all’art. 35 del Decreto sviluppo e ad alcune norme dello Sblocca Italia, si realizzerebbero in tempi molto brevi.
Ricordiamo che il 22 dicembre 2015 con decreto n.176, il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato la società Petroceltic Italia srl ad effettuare le ricerche di petrolio di fronte alle Isole Tremiti, uno dei siti turistici più importanti d’Europa. Su una superficie di 373,70 Km/q ed in un'area dalla ricca biodiversità marina verranno utilizzate le tecniche più devastanti come l'air gun per le ricerche di idrocarburi.
Altri paradisi ambientali sono in pericolo perché sono in corso di autorizzazione permessi di fronte l'isola di Pantelleria e nel golfo di Taranto. In Italia sono vigenti 90 permessi di ricerca per idrocarburi sulla terraferma (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Molise, Abruzzo, Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Friuli, …) e 24 permessi nel sottofondo marino.

I cittadini saranno quindi chiamati a esprimersi per evitare che i permessi già accordati entro le 12 miglia possano proseguire anche oltre la scadenza, per tutta la “durata della vita utile del giacimento”. Rimane fermo il limite delle 12 miglia marine, all’interno delle quali non sarà più possibile accordare permessi di ricerca o sfruttamento. La sentenza della Consulta dimostra come le modifiche apportate dal Governo con la Legge di stabilità non soddisfacevano i quesiti referendari e, anzi, rappresentavano sostanzialmente un tentativo di elusione
Tre dei sei quesiti depositati il 30 settembre 2015 sono stati recepiti dalla legge di stabilità, emendata: il parlamento ha modificato le norme su strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere, che erano poco garantiste sulla partecipazione dei territori alle scelte. Un altro quesito è stato ora ammesso dalla Corte Costituzionale, mentre sugli ultimi due è stato promosso, da sei Regioni, un conflitto d’attribuzione tra poteri di fronte alla Consulta e nei confronti dell’Ufficio centrale della Cassazione.
«Questa sentenza ci dà lo spunto per rilanciare richieste chiare al governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa e una moratoria di tutte le attività di trivellazione offshore e a terra, sino a quando non sarà definito un Piano energetico nazionale»: così Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e Wwf accolgono il giudizio della Consulta. «Pur di assecondare le lobby dei petrolieri, l’esecutivo Renzi – attaccano — aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come “opere strategiche”, dunque imposte. La Corte Costituzionale rimette al giudizio dei cittadini quei meccanismi legislativi truffaldini con cui si è aggirato sino ad oggi un divieto altrimenti chiaro, lasciando campo libero ai signori del greggio fin sotto le spiagge».

Per quanto riguarda la situazione della Sardegna, dobbiamo registrare un parere negativo della Commissione Tecnica Valutazione Impatti e dello stesso Ministero per l'Ambiente e del MiBACT alla richiesta di permesso di prospezione offshore avanzata dalla società petrolifera texana Schlumberger e siamo in attesa di conoscere analogo parere per la richiesta interessante lo stessotratto di mare avanzata dalla società norvegese TGS-NOPEC.
L'altra aggressione al territorio del Campidano è quella rivendicata dalla Saras che pretende di realizzare un pozzo esplorativoper la ricerca di combustibili fossili in prossimità dello stagno di S'EnaArrubia ad Arborea. Nonostante il parere contrario della Regione Sardegna, la Saras ha presentato ricorso al Consiglio di Stato avverso il parere contrario del TAR Sardegna che ha ritenuto legittima la conclusione negativa della Valutazione di Impatto Ambientale.

Sono stati invece accordati dalla Regione Sardegna numerosi permessi per ricerche geotermiche non invasive,  nell'entroterra sardo, in particolare nella pianura del Medio e Basso Campidano. Contro queste autorizzazioni si è formato un fronte compatto di Cittadini riuniti in diversi Comitati, Associazioni Ambientaliste e diverse Amministrazioni locali.
Italia Nostra ribadisce l'importanza della tutela dell'economia della pesca, dell'agricoltura e del turismo. Il futuro non e' il petrolio, ma una politica energetica rinnovabile diffusa sul territorio e basata sul risparmio anziché sullo spreco.
L'Associazione, nelle sue articolazioni territoriali e centrali, si sta mobilitando da subito a difesa del territorio e del mare Mediterraneo.  

Ultim'ora dell'11 febbraio 2016

Fissata per il 17 aprile la data per il referendum. Si tratta di uno uno schiaffo alla democrazia e di un assurdo spreco di soldi pubblici. Si sarebbero potuti risparmiare centinaia di milioni di euro con l'accorpamento del referendum alle elezioni amministrative, e si sarebbe coinvolto un maggior numero di elettori, cosa che sembrerebbe faccia paura al Governo Renzi. 
La scelta del voto in tempi così ravvicinati, non consente di garantire un'adeguata informazione agli elettori sul referendum.  
«Si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani. E due mesi, come tutti possono facilmente osservare, non bastano neanche per aprire la discussione» ha dichiarato il presidente del Consiglio Regionale della Basilicata.

 

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