“Si tutelino
le coste della Sardegna, ma quelle delle isole minori siano tutelate a metà”.
Pensiamo abbiano seguito questo precetto gli amministratori regionali che negli
ultimi trent’anni hanno legiferato in materia urbanistica in Sardegna.
Dai tanti decreti sull'urbanistica della regione Sardegna, fino ai tanti piani per l'edilizia della Giunta Cappellacci e passando per le varie norme che si sono succedute negli anni, le
diverse discipline urbanistiche hanno previsto che le coste delle isole minori
della Sardegna avessero la tutela dimezzata: vincolo di inedificabilità su una striscia di 300 mt dalla battigia per la Sardegna, per le isole minori solo 150 mt!
Costa di Sant'Antioco |
Anche la “legge salvacoste” emanata dalla giunta Soru,
pur essendo un vincolo provvisorio, ha gravemente penalizzato le coste delle
isole sarde, apponendo il vincolo alla sola fascia dei 500 mt, mentre nel resto
della Sardegna è stato fissato in 2 km. Questo ha consentito che sulle zone
costiere delle isole – e nelle aree agricole adiacenti - si scaricaricassero,
negli anni di vigenza della “salvacoste”, gli appetiti speculativi dei tanti
costruttori che affollano la Sardegna.
Nell’isola di Sant’Antioco, ad esempio, negli anni 2003-2009
sono stati realizzati volumi stimati per ospitare oltre 5.000 nuovi abitanti,
senza alcun beneficio per l’economia! Non se ne sono accorti gli imprenditori
locali (neppure le imprese edili), non se ne sono accorti i disoccupati (sono
aumentati del 4% in 5 anni), mentre l’emigrazione giovanile è rimasta pressoché
costante, a fronte di un decremento demografico di alcune centinaia di unità
annue.
Negli ultimi anni si è creata una bolla
speculativa che ha drogato il mercato edilizio e il suo indotto (le imprese
locali non sono più concorrenziali e perdono sempre più competitività).
Nascono e scompaiono società immobiliari, di costruzione, di intermediazione e
nel loro disastroso percorso senza regole trascinano anche le piccole imprese
del territorio. Di alcune di queste società si sta occupando da diversi anni la
magistratura.
Un’altra considerazione va fatta sulla destinazione
degli immobili costruiti: si è edificato tanto eppure non si è risolto il
problema abitativo dei residenti - sempre più poveri e sempre meno competitivi
su un mercato aperto ai più facoltosi “continentali” – e inoltre manca quasi
del tutto la ricettività alberghiera.
Ritornando alla tutela dimezzata, non si comprende
quale sia la motivazione che la ispira, perché se la “ratio” del vincolo di
inedificabilità è quella di tutelare la costa, come mai le coste delle isole minori
devono essere tutelate di meno rispetto a quelle dell’isola madre? La norma
avrebbe un senso se queste isole fossero lunghe e strette, tanto da non
consentire nessuna costruzione, ma la larghezza di queste isole oscilla dai 4 ai
7 km!
La sezione di Sant’Antioco e il Consiglio Regionale
Sardo di Italia Nostra hanno inutilmente sollevato la questione in diverse
occasioni (nelle osservazioni al Piano Paesaggistico Regionale, in fase di
discussione della legge urbanistica mai varata dalla Giunta Soru, e ultimamente
nel corso dell’audizione e delle iniziative sul “piano casa”) ma per quanto sia
stato manifestato interesse sull’argomento, non si è mai riusciti ad
eliminare questa palese assurdità urbanistica.
Rimaniamo convinti che le isole rappresentino ecosistemi
sensibili unici e irripetibili e pertanto degni di tutela quanto l’intero
territorio costiero della Sardegna e continueremo a batterci affinché non siano
più previsti regimi di protezione attenuati per le isole minori e perché sia piuttosto
prevista una particolare forma di tutela e di
salvaguardia diversa e più attenta alle peculiarità locali, rispetto a quella
applicata nell’isola madre.
Le isole minori possono rappresentare
veri e propri poli di sviluppo del Mediterraneo, laboratori dello sviluppo
sostenibile e aree di sperimentazione, meritevoli pertanto di salvaguardia
ambientale e di recupero socioeconomico. Una intelligente e lungimirante politica
di pianificazione territoriale che tenga conto della protezione dei propri beni
ambientali non rappresenta un limite allo sviluppo economico e sociale ma, se
abilmente gestita, può rappresentare una opportunità economica per la comunità
locale. In quest'ottica, l'istituzione di aree marine protette, o di parchi, ove
mancanti, come nell’arcipelago del Sulcis, potrebbe rappresentare un
significativo contributo sia sul versante della tutela che su quello dello
sviluppo economico.