mercoledì 24 giugno 2020

Come cementificare le coste della Sardegna con una 'interpretazione autentica"

In questi mesi in cui la costa sarda è meta quanto mai ambita, proprio per la sua integrità vista come luogo di rigenerazione dopo un periodo buio, i capigruppo di maggioranza in Consiglio Regionale propongono, invece, un progetto di legge che rischia di ridurre gravemente la tutela paesaggistica soprattutto nella fascia costiera. 


Si tratta di una proposta incomprensibile ed inaccettabile nel merito, ma anche nel metodo poiché viene proposta nel 2020 l’interpretazione autentica delle norme del PPR del 2006.
In sostanza la necessità di risolvere il problema tecnico del completamento della strada Sassari Alghero è usata come grimaldello per scardinare le norme di tutela del paesaggio.
Le Associazioni riaffermano con forza che viceversa la qualità del paesaggio è una delle grandi leve per il rilancio sostenibile della Sardegna, e la fascia costiera il bene comune per eccellenza da rendere disponibile per le generazioni future.

Il 28 maggio scorso è stata presentata dai capigruppo dell'attuale maggioranza in Consiglio regionale una proposta di legge N° 153 che sembra rivolta a risolvere un problema tecnico inerente le autorizzazioni sia per il tratto di completamento della nuova strada Sassari Alghero che della Olbia Palau.
Su tali questioni, in sede tecnica infatti il MIBACT, nel corso di una istruttoria che si protrae da diversi anni, ha fornito numerose proposte e prescrizioni per superare le criticità che hanno portato al parere negativo sul progetto ANAS. E’ veramente sorprendente che invece di procedere al confronto in sede tecnica con il MIBACT si cerchi di aggirare il parere del Ministero e, strumentalizzando la giusta richiesta degli abitanti di Alghero di ammodernamento della viabilità, si presenti un progetto di legge indirizzato a stravolgere la normativa di Tutela Paesaggistica contenuta nelle norme del PPR.
Inoltre si ricorre all’istituto della “interpretazione autentica” di norme contenute nel “Piano paesaggistico regionale” (PPR) approvato con decreto del Presidente della Regione Sardegna il 7 settembre 2006. 
La proposta di legge muove da una premessa che va chiarita. A seguito della modifica operata nel 2008 al codice Urbani (D.Lgs 42/2004), l'art. 135 del codice risulta così formulato: “Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e Regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'articolo 143, comma 1, lettere b, c, d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143”.
Il primo obiettivo del progetto di legge 153/2020 appare quello di sottrarre alcuni beni paesaggistici (diversi da quelli indicati nel D.Lgs 42/2004 art. 143, comma 1, lettere b, c, d) alla pianificazione paesaggistica congiunta Stato Regione, e non alle procedure di tutela paesaggistica, purché a gestione unicamente regionale.
Innanzitutto, la sottrazione di beni ed aree alla pianificazione congiunta, costituirebbe un depauperamento della tutela ambientale del PPR, in quanto annullerebbe la concorrenza di potere Stato Regione, fattore di maggiore rispetto del generale principio di precauzione, che dovrebbe sempre animare l'operato della pubblica amministrazione nella salvaguardia degli interessi collettivi in materia ambientale. Tale depotenziamento del PPR, del resto, sarebbe in contrasto con le sentenze espresse nel merito dalla Corte Costituzionale. “Alle Regioni non è consentito apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela dell’ambiente fissati dalla normativa statale” (Cost. 210/2016) e “la giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la tutela dell’ambiente rientra nelle competenze legislative esclusive dello Stato e che, pertanto, le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, dettano nei settori di loro competenza, essendo ad esse consentito soltanto eventualmente di incrementare i livelli della tutela ambientale” (Cost. 300/2013). Va sempre ricordato che le tre materie (urbanistica, paesaggistica, ambientale) sono indissolubilmente legate e intrecciate tra di loro.
E' dunque possibile che, la Regione sarda adotti in futuro modifiche più permissive, benchè in contrasto con il richiamato divieto di riduzione del livello di tutela. Infatti il progetto di legge 153 pone le basi perché in futuro la Regione possa promuovere autonomamente la modifica delle NTA del PPR riguardanti alcuni beni (fascia costiera, beni identitari, zone agricole, ecc.) e perfino la loro delimitazione.
La proposta in esame contiene però anche una grave insidia, perché definisce la norma come “interpretazione autentica” del PPR. Caratteristica delle leggi di interpretazione autentica è che esse, in quanto volte a dirimere l'incertezza interpretativa di una certa disposizione, possono avere quindi un effetto retroattivo. E infatti, secondo la volontà dei proponenti, tale effetto si verificherebbe fin dalla data di entrata in vigore del già citato decreto legislativo n. 23 del 2008. 
Ebbene, al di là del merito delle disposizioni contenute nel piano paesaggistico e nelle relative norme di attuazione, nessuno ha mai dubitato sul loro esatto significato in materia di fascia costiera, beni identitari e zone agricole, nella parte in cui venivano disposti vincoli eccedenti quelli previsti in ambito nazionale.
In conclusione, richiamando la previsione contenuta nell'art. 2 comma 3 della PdL 153/2020 (sottrazione al PPR del divieto di realizzare strade superiori alle due corsie), bisogna ricordare che qualora lo stadio di avanzamento di un'opera in contrasto con il PPR si trovi ad un livello avanzato, la valutazione collegiale in sede tecnica deve mirare alla ricerca di soluzioni tecniche che possano portare a un effettivo contemperamento dei vari interessi in campo, senza escludere a priori né la modifica del PPR, né la rinuncia alla realizzazione dell'opera stessa.
La sottrazione dell’opera al divieto di realizzazione imposto dal PPR appare invece come un espediente normativo che mira a depotenziare la capacità di salvaguardia del PPR, la qual cosa sarebbe peraltro in contrasto con le sentenze della Corte Costituzionale prima citate.
Che il Consiglio regionale in questo momento impieghi le risorse legislative per puntualizzazioni cavillose rivolte a ridurre la tutela paesaggistica non è proprio ciò di cui la Sardegna ha bisogno per risollevarsi da una crisi di queste proporzioni.
Riaffermiamo con forza che la qualità del paesaggio è una delle grandi leve per il rilancio sostenibile della Sardegna, che l'andamento del COVID 19 ha dimostrato che la nostra regione può essere un caso positivo di accoglienza sicura e un luogo di vera rigenerazione dello spirito proprio perchè qui è ancora possibile riconnettersi con la natura in luoghi di bellezza straordinaria.
La Sardegna ha semmai bisogno di strategie e strumenti perchè la tutela di tali valori sia al centro di economie durevoli, rispettose dell’identità e del patrimonio paesaggistico, e non di norme grimaldello che tentano di aprire spiragli legislativi pericolosi e anacronistici.
 Al Consiglio Regionale si rivolge pertanto un appello per accantonare il tentativo o il rischio di sminuire la salvaguardia del territorio, sia quello costiero che quello identitario, insieme ai paesaggi rurali, se si vuole richiamare verso la Sardegna un crescente flusso turistico che, secondo molti sondaggi, è sempre più attratto dal pregio naturalistico, culturale e ambientale che l’Isola ancora conserva.
Legambiente, Italia Nostra, WWF e FAI della Sardegna



“Italia Nostra  esprime inoltre viva preoccupazione per l’ennesima proroga al Piano Casa approvata ieri dal Consiglio Regionale che da norma straordinaria sta diventando prassi e che sta trasformando in peggio i centri urbani della Sardegna consentendo deroghe ai già eccessivamente permissivi strumenti urbanistici comunali, quasi tutti mai adeguati alle norme di tutela previste dal Piano Paesaggistico Regionale del 2006.”




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lunedì 22 giugno 2020

Il TAR Sardegna è chiamato a pronunciarsi su 14 motivi di illegittimità

STOP AMPLIAMENTI
FERMIAMO LA FABBRICA DELLE BOMBE RWM


Mercoledì 24 Giugno ancora una volta il TAR della Sardegna si riunisce per decidere sull'ampliamento di RWM Italia spa, la fabbrica di ordigni letali che opera a Domusnovas-Iglesias. 

L’azienda che proclama di essere in crisi ha proseguito i lavori di ampliamento, anche in pieno periodo di emergenza coronavirus, sulla base di autorizzazioni rilasciate in modo presumibilmente illegittimo e contestate nei ricorsi presentati.
Pur essendo un'azienda a elevato rischio di incidente, in quanto produce ordigni bellici, è stata autorizzata a espandersi al di fuori di un’area industriale, in una zona priva di programmazione urbanistica, in prossimità di aree naturalistiche protette, senza nessuna Valutazione dell’Impatto Ambientale, in assenza di un piano di emergenza adeguato per la gestione del rischio di incidenti.

L'ampliamento prosegue senza sosta
Il tribunale avrebbe dovuto decidere della legittimità di questo disastro già un anno fa, ma poi, tra una perizia, i ritardi della perizia e ripetuti rinvii siamo arrivati a giugno 2020. Nel frattempo l’azienda ha quasi terminato i lavori e, stando ai bilanci, ha aumentato i fatturati e i profitti.

Si lamentano del blocco provvisorio delle esportazioni delle loro bombe per aereo, utilizzate per massacrare la popolazione civile dello Yemen, ma evidentemente prevede un imponente aumento delle esportazioni.      
     
Niente male per un'azienda che si proclama in crisi

Il nuovo deposito in prossimita1 della città di Iglesias

Mercoledí 24 giugno alle ore 10, si terrà un sit-in in piazza del Carmine a Cagliari (di fronte al TAR) per protestare contro la fabbrica di bombe e per comunicare le ragioni di Associazioni,  Comitati e Cittadini


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lunedì 15 giugno 2020

Vogliamo respirare! E basta mosche!

Nuova denuncia al Procuratore della Repubblica di Oristano sui fanghi gestiti dalla società GECO di Magomadas.

Il Comitato AcquaBeneComune di Planargia e Montiferro, Italia Nostra Sardegna e singoli cittadinihanno nominato come difensore di parte offesa l’avv. Alessandro Gamberini e presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Oristano.

Mentre già da una settimana la Procura di Oristano ha incaricato due Ispettori di Polizia Giudiziaria del Corpo Forestale per ascoltare direttamente le testimonianze volontarie dei cittadini sui problemi e i disagi di natura ambientale creati dallo stabilimento gestito dalla GECO srl, oggi è stata consegnato alla stessa Procura un altro esposto. 
Nel dossier molto consistente, circostanziato e documentato, si chiede che venga valutata la condotta dell’autorità amministrativa che ha scelto di non assoggettare a Valutazione di Impatto Ambientale l’impianto di gestione dei fanghi e del “Settore Ambiente e Attività Produttive” della Provincia di Oristano che ha rilasciato l’autorizzazione non rispettando del tutto i rilievi di Arpa Sardegna. 

La denuncia richiama il contesto normativo in cui la vicenda si inquadra, evidenzia la stranezza di una discarica collocata nel cuore della Sardegna, che viene autorizzata in prossimità di un’area urbana per il solo fatto che precedentemente nella stessa area esistesse una discarica di rifiuti inerti, che smaltisce fanghi di provenienza dalla Regione Puglia (!). Questo fatto già a priori avrebbe dovuto destare perplessità, vuoi rispetto ai maggiori costi di trasporto che implica, vuoi rispetto alla maggior difficoltà di controlli a monte sulla effettiva provenienza e stabilizzazione dei fanghi. 

L’esposto rileva inoltre il pericolo COVID 19 nei fanghi di depurazione, come raccomandato nel rapporto dell’ISS n. 9/2020. 
Con l’atto consegnato in data odierna si chiede inoltre al Pubblico Ministero di valutare l’opportunità di una richiesta al GIP di Oristano di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p. che consenta di interrompere l’attività in essere. 

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giovedì 11 giugno 2020

I fari e le fortificazioni della Sardegna sempre più esclusivi, elitari e inaccessibili

Faro di Razzoli
Lettera di Italia Nostra a Sergio Costa e Dario Franceschini sulle concessioni dei Fari della Maddalena

Oggi Italia Nostra ha inviato una lettera ai Ministri Sergio Costa MATTM) e Dario Franceschini (MiBACT) perché, quello che si temeva sul futuro dei fari e delle fortificazioni della Sardegna, sembra stia diventando realtà nel Parco Nazionale dell’isola della Maddalena. È di questi giorni la notizia dell’assegnazione a delle società private di quattro strutture costiere nell’arcipelago della Maddalena: il Faro di Punta Filetto nell’isola di Santa Maria, il vecchio Faro dell’isola di Razzoli, l’ex Stazione di vedetta di Marginetto e il Faro di Capo d’Orso sulla costa dell’isola madre. 
Italia Nostra segue da anni le vicissitudini dei fari, delle torri costiere e delle stazioni semaforiche che segnano il paesaggio dell’intera costa isolana e la caratterizzano. L’Associazione ha visto quindi di buon grado nel 2011 il passaggio di questi beni all’Agenzia della Conservatoria delle Coste della Sardegna che da subito si è impegnata a censirle, studiarne lo stato e attivare progetti di turismo sostenibile da proporre ai privati. Assieme ad altre associazioni ambientaliste, Italia Nostra ha interloquito con la Conservatoria ponendo come condizione imprescindibile della concessione la fruizione dei beni e delle aree esterne di pertinenza – queste strutture sorgono nei promontori più suggestivi dell’isola – e la loro destinazione ad attività turistiche e/o culturali sostenibili e responsabili.
Purtroppo, dopo pochi anni di operatività, la Conservatoria è stata “inspiegabilmente” commissariata e in pratica resa non operativa e nel 2017 ben dieci fari e le quattro stazioni semaforiche hanno intrapreso il percorso inverso, dalla Regione sono tornati allo Stato, e precisamente all’Agenzia del Demanio, incaricata di predisporre le procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento in concessione o in locazione degli immobili. È evidente che l’affido a privati appare essere ormai l’unica soluzione praticabile, viste le limitate risorse messe a disposizione dalla Regione e dallo Stato e le gravi condizioni di incuria in cui versano, spesso a rischio di crollo. 
Faro di Razzoli
Italia Nostra quindi pur approvando l’operazione di alienazione temporanea degli immobili esprime viva perplessità  per il loro futuro utilizzo evidenziando in particolare la stretta analogia tra la già avvenuta assegnazione del Faro di Capo Spartivento e la recente assegnazione del Faro dell’isola di Razzoli allo stesso assegnatario che parrebbe anche il proprietario dell’intera isola. Sulla gestione di quest’ultimo faro Italia Nostra ha sempre contestato non il recupero conservativo in sé, ma la realizzazione delle strutture esterne, la recinzione invalicabile, la sua trasformazione in una struttura esclusiva, elitaria e inaccessibile al pubblico. Se il modello che si intende seguire nella gestione delle altre strutture costiere è quindi quello del faro di Capo Spartivento, esso appare esattamente l’opposto rispetto ai propositi dei bandi centrati sulla “…. valorizzazione turistico-culturale principalmente legato ai temi del turismo sostenibile, alla scoperta del territorio ed alla salvaguardia del paesaggio, anche attraverso la coesistenza dell’uso pubblico, inteso come servizio di pubblica utilità”. 
Italia Nostra esprime pertanto viva preoccupazione per la privatizzazione dei fari dell’isola della Maddalena e  proseguirà pertanto la sua attività di vigilanza, e eventualmente di denuncia, per impedire la completa privatizzazione delle strutture e degli spazi costieri insistendo ancora sulla necessità di renderli sostenibili, fruibili e aperti alle realtà locali attraverso la possibile coesistenza tra esigenze privatistiche e uso pubblico di questi importanti beni demaniali.
Vecchio faro di Razzoli

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Sardegna Coste - Fari e Semafori

Faro di Capo d'Orso
Faro di Capo d'Orso

Faro Punta Filetto - Isola Santa Maria
Faro di Razzoli

Faro Punta Filetto - Isola Santa Maria

Faro Punta Filetto - Isola Santa Maria

Faro di Razzoli

Stazione vedetta Marginetto

Forestazione ad Alghero: da Italia Nostra e WWF un progetto per una città rinnovata

Alghero e la carenza di aree verdi: un progetto di WWF Sardegna e Italia Nostra Sardegna si propone di rendere la città molto più “green” richiedendo la piantumazione di 40.000 alberi nell’area di Maria Pia. Ecco in due interviste a Graziano Bullegas, Italia Nostra Sardegna, e Carmelo Spada, delegato WWF Sardegna, le coordinate del piano.


INTERVISTA A Graziano Bullegas –  PRESIDENTE Italia Nostra Sardegna
Il deficit di verde di Alghero affonda le sue radici, è il caso di dirlo, nella mancanza di progettazione di aree destinate a parco che la città ha conosciuto nel tempo, un’eredità pesante che si trascina fino ai giorni nostri.

D. Graziano Bullegas, chiedo a Lei la ragione per la quale avete dato vita a questo progetto così innovativo per la città di Alghero.
R. Sono anni ormai che chiediamo importanti interventi sul verde pubblico, anche a compensazione per gli standard urbanistici non rispettati. È una richiesta che abbiamo avanzato anche in occasione dell’annuale Rally Internazionale ospitato ad Alghero da quasi vent’anni.  Si tratta di mettere in pratica atti concreti come la piantumazione di migliaia di alberi  a Maria Pia, nelle colline e negli spazi utili della città di Alghero quali misure concrete per mitigare gli effetti negativi pregressi causati dalle emissioni di CO2 durante il Rally.  
D. Si tratta di un piano di forestazione urbana vero e proprio che ha alla base anche la volontà di fornire una migliore qualità dell’aria agli abitanti, ovvero di un progetto in grado di coniugare l’aspetto climatico con la dotazione di spazi verdi per i cittadini.
R. Questa iniziativa rientra nel più ampio panorama degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, e per quanto riguarda la Sardegna l’iniziativa è in continuità con la proposta di Italia Nostra e WWF Sardegna, elaborata assieme ad alcuni sindacati di base, sul futuro energetico sostenibile dell’isola che abbiamo denominato “Zero CO2” e che prevede misure concrete e realizzabili per la decarbonizzazione della Sardegna.
D. Abbiamo trattato del PUC di Alghero. Potrebbe fornirci qualche dettaglio in merito alla mancanza di progettazione urbanistica della città.
R. Sono anni che il Comune di Alghero, come tanti comuni della Sardegna, sta lavorando all’adeguamento del proprio strumento urbanistico al Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI).  Il PPR rendeva obbligatorio l’adeguamento entro un anno dalla sua approvazione (2006) son trascorsi  quasi 15 anni e purtroppo pochi Comuni hanno adempiuto a tale obbligo. In tutti questi anni tanti sindaci hanno coltivato la speranza che il PPR venisse modificato (è stata una promessa di tutte le giunte regionali che si sono succedute in questi anni) e fosse possibile riprendere, soprattutto per i Comuni costieri, l’assalto alle coste della Sardegna, senza le “fastidiose” tutele imposte dal PPR!
Grazie anche alla nostra azione di difesa del Piano Paesaggistico e di forte opposizione ai vari tentativi di indebolirlo il PPR – fortemente voluto dal Presidente Soru e redatto da un pool di tecnici coordinati da Edoardo Salzano –  è ancora in vigore e dobbiamo trovare il modo di costringere i Comuni ad adeguarsi.
D. Quali saranno le prossime mosse che dovrete compiere affinché il progetto inizi a vedere la luce?
R. La vegetazione garantisce effetti positivi sul clima locale, sulla qualità dell’aria, sui livelli di rumore, sulla stabilità del suolo e l’assorbimento di CO2 grazie all’attività fotosintetica e alla capacità di fissare il carbonio nei propri tessuti e di assorbire le sostanze gassose altamente concentrate in ambiente cittadino.  Torneremo quindi alla carica in occasione del prossimo Rally Internazionale, ma non intendiamo fermarci alla città di Alghero. Quasi tutte le città della Sardegna soffrono della carenza di verde pubblico e questo influisce negativamente sulla salute dei cittadini. Pensiamo quindi di lavorare ad una proposta organica che interessi l’intera isola.


INTERVISTA A Carmelo Spada – DELEGATO WWF Sardegna
“Quando la città iniziò ad espandersi oltre le mura della città fortificata, la prima cosa che si fece fu quella di realizzare il parco oltre le mura, dedicato all’illustre concittadino, storico e giurista, Giuseppe Manno – precisa Carmelo Spada – Molto diversamente andarono le vicende urbanistiche dal secondo dopoguerra ad oggi: ad una decisa espansione urbanistica a cui non corrispose, purtroppo, un’adeguata dotazione di spazi verdi, un’eredità pesante che si trascina nel tempo.”

D. Carmelo Spada, perche’ avete scelto la zona di Maria Pia?
R. Anzitutto perche’ è un’area pubblica che ha peraltro una storia particolare essendo stata colonia penale e poi successivamente azienda agricola; presenta inoltre delle emergenze  storiche e architettoniche come la cosiddetta “tomba del cavaliere”,  in stile gotico-catalano. Mentre dal punto di vista ambientale si tratta di 70 ettari, alcuni dei quali gravati da cause di usucapione da parte di privati, per fortuna, recentemente, alcune si sono risolte a favore della città. Un bene comune che ritorna ai cittadini, ma sembrerebbe che l’amministrazione locale stia pensando di destinarne una parte a nuove costruzione con destinazione urbanistica di carattere turistico-ricettive, pur in presenza di varie criticità.  Questa scelta, non è condivisibile. Noi abbiamo una proposta alternativa.
D. E le istituzioni che dicono in merito al progetto di piantumazione?
R. Noi abbiamo lanciato la proposta proprio perché nelle more della pubblicazione del PUC, che si attende qui da oltre 30 anni, siamo in condizione di poter definire un assetto della città che non sia solo di carattere edificatorio ma anche alla qualità della vita e quindi, in primis tenga in considerazione l’equilibrio ecologico.
D. Come è stata gestita sinora la programmazione urbanistica cittadina?
R. Senza ombra di dubbio non ha privilegiato la progettazione di spazi verdi, questo è un dato inconfutabile. Dal mondo ambientalista si auspica l’abbandono di  quella spinta “cementificatoria” che non porta più presenze di turisti in città. Riteniamo si debba puntare alla riconversione di quanto costruito di seconde case piuttosto che continuare a cementenficare. Oggi si assiste ad significativa riduzione demografica e, al tempo stesso, emerge un panorama urbanistico cittadino a tratti anonimo, composto unicamente da appartamenti per vacanza vuoti, spettrali e inutilizzati o alberghi chiusi per troppi mesi all’anno.
D. Quali tempi si prevedono affinché la vostra proposta diventi realtà?
R. Abbiamo appena lanciato la proposta e speriamo presto di ottenere sempre maggiori consensi in questa direzione, la direzione per far prevalere il bene comune e la qualità della vita.

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giovedì 4 giugno 2020

Italia Nostra auspica per il Sulcis opere pubbliche utili e condivise

È di questi giorni la notizia che il Ministero delle Infrastrutture ha rigettato definitivamente il progetto del ponte alto che si intendeva realizzare a Sant’Antioco, in sostituzione dell’attuale. La notizia ha fatto registrare reazioni entusiastiche da più parti, in particolare dai sindaci del Sulcis e, a ragione, dal Comitato Porto Solky che si è fortemente impegnato per raggiungere questo importante risultato.  

Italia Nostra si è opposta sin dall’inizio a quel progetto inutile, costoso e impattante, si è costituita nella Conferenza di Servizi presentando osservazioni* che illustravano l’inutilità e il danno paesaggistico e ambientale che l’opera avrebbe causato ed ha appreso quindi la decisione con grande soddisfazione. Basti pensare che i primi interventi fortemente critici dell’Associazione risalgono agli anni in cui quasi tutti davano per scontato che il ponte alto dovesse realizzarsi perché, mal informati, ritenevano che non si potesse bloccarne la costruzione, pena il pagamento di ingentissime penali o che si perdesse il finanziamento. Tant’è che la precedente amministrazione comunale di Sant’Antioco decise di approvare l’opera senza neppure entrare nel merito della sua reale utilità, dell’impatto ambientale e delle ricadute economiche.
Solo la pervicacia del Comitato di cittadini che ha lavorato con competenza per portare a casa questo importante risultato, di Italia Nostra e di altre Associazioni ambientaliste ha convinto alcuni Enti decisori, in particolare i sindaci del Sulcis, a manifestare opposizione a quel progetto e ad avanzare la richiesta di una rimodulazione del finanziamento. A ottobre 2019 il Comune di Sant’Antioco ha finalmente deliberato contrarietà all’opera ribaltando la decisione assunta dalla precedente Amministrazione Comunale e proponendo valide alternative.
Importanti sono state le prese di posizione della Soprintendenza Archeologica e Paesaggistica del Sud Sardegna, dell’Ufficio Regionale per la Tutela del Paesaggio e del Servizio Valutazione Impatti Ambientali della RAS che hanno espresso pareri molto critici sul ponte alto e sulle modalità con le quali l’opera è stata proposta e progettata.
La vicenda insegna, tra l’altro, l’importanza della partecipazione attiva dei cittadini – peraltro costituzionalmente garantita – che ha permesso di raggiungere questo importante risultato. 
Ora si tratta di utilizzare nel migliore dei modi e senza inutili campanilismi il finanziamento previsto dal Piano Sulcis e, qualora non esistessero, di predisporre i progetti per le nuove opere. Tante sono le infrastrutture di grande utilità e non impattanti che potranno essere realizzate a partire dalla circonvallazione per Calasetta, al miglioramento dell’attuale ponte, alla riconversione ad uso diportistico del porto industriale e alla messa in sicurezza della viabilità al fine di creare i presupposti per un reale decollo dell’economia del Sulcis.
Auspichiamo che, traendo insegnamento dagli errori del passato, le nuove opere da realizzare siano davvero utili e condivise dall’intera comunità, senza che il dibattito scada in inutili e controproducenti polemiche. 

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