La tanto sbandierata svolta di alcune associazioni ambientaliste in merito agli insediamenti degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, appare più che altro un inedito disconoscimento dell’importante ruolo delle Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e una esplicita rinuncia a combattere la speculazione.
Con gli amici di Legambiente, del WWF e del FAI abbiamo combattuto importanti battaglie e ottenuto buoni risultati, soprattutto in Sardegna, contro la speculazione edilizia, in particolare quella costiera e dei centri storici. Le nostre battaglie non miravano certo ad impedire il diritto alla casa, chiedevamo semplicemente che il territorio fosse governato attraverso la pianificazione paesaggistica e urbanistica e che l’edificazione di abitazioni fosse commisurata al fabbisogno reale della comunità. Si trattava di stabilire come, dove e quanto edificare, il tutto nel rispetto del patrimonio ambientale e paesaggistico e con un consumo di suolo tendente a zero.
Analogo discorso deve essere fatto per l’insediamento degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Anche per queste infrastrutture è necessario stabilire quantità, qualità e ubicazione degli impianti, e questo non può deciderlo l’imprenditore, ma deve essere frutto di una pianificazione pubblica, oggi del tutto assente.
Basti ricordare la Direttiva UE RED II 2018/2001 e la Strategia dell’UE per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore del 2020, oltre alla legge di delegazione 53/21 e al d.lgs 199/2021; tutte norme che obbligano il governo ad emanare le discipline per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali etc… Norme alle quali il governo si sottrae da oltre un anno alimentando l’attuale deregulation in cui si trova il settore strategico dell’energia.
L’aggressione che interessa oggi il territorio sardo è frutto di quel far west: nell’ultimo anno sono state presentate richieste per l’installazione di 16 nuovi impianti eolici offshore e 49 onshore oltre a 162 impianti fotovoltaici a terra. Se questi impianti venissero approvati avremmo piantate in mare 900 pale alte 300 metri a altre 400 a terra. Una potenza installata di 24 GW (oggi sono 4,5 GW) e una produzione annua superiore a 42mila GW/h. Una quantità di energia tecnicamente non utilizzabile (il fabbisogno dell’isola è di 9mila GWh) e tantomeno esportabile neppure col tyrrhenian link.
Eppure ancora qualcuno sostiene che le Soprintendenze - che tra l’altro per questo tipo di progetti sono state del tutto esautorate dalla Soprintendenza Speciale per il PNRR - e la mala burocrazia impediscano la realizzazione degli impianti. Noi obiettiamo che questi progetti non sono neppure tecnicamente approvabili perché proposti nelle aree sbagliate, talvolta privi di idonea documentazione o contenenti dati e informazioni non corrette frutto di sbrigativi copia e incolla. In alcuni casi la ressa e tale che si è perfino arrivati a contestazioni tra società concorrenti che pretendevano di potersi installare nella stessa area. Sempre in Sardegna, l’impianto eolico “Gomorretta” approvato dal governo Draghi, nonostante tutti i pareri negativi, compresi quelli della commissione VIA e di due ministri, impedirà la realizzazione dell’ambizioso rivelatore gravitazione Einstein Telescope, una delle grandi infrastrutture strategiche europee incluse nella Roadmap Esfri!
Dobbiamo ascoltare il grido d’allarme lanciato dall’ISPRA sull’eccessivo consumo di suolo causato dagli impianti fotovoltaici a terra, preoccuparci per i futuri scenari e accogliere i suoi suggerimenti sullo sfruttamento dei fabbricati esistenti. Essi garantirebbero l’installazione di panelli equivalenti a 85 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile complessiva previsto dal Piano per la Transizione Ecologica al 2030.
Spiace che gli ambientalisti del “Si a tutto” non colgano questi suggerimenti, ma anzi si prestino a questa strumentalizzazione demonizzando le Soprintendenze, non abbiano capito quanto danno le loro aperture incondizionate porteranno ai territori e al paesaggio e come questa loro posizione sia funzionale agli interessi degli speculatori.
Noi, come moderni Don Chisciotte, proseguiremo la nostra battaglia contro i mulini a vento e l’inarrestabile consumo di suolo, in difesa del territorio e dei beni paesaggistici e continueremo la nostra politica nel dimostrare che già da oggi in alcune regioni italiane (vedi Sardegna) sia possibile fare a meno dei combustibili fossili, gas compreso, per la produzione di energia elettrica, proponendo un uso intelligente, condiviso e democratico delle energie rinnovabili.
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