I sigilli posti al porticciolo turistico |
Ancora una volta, a scadenza annuale, si ripropone il progetto edificatorio in prossimità della spiaggia più tutelata e salvaguardata dell’isola.
È dal lontano 2010 che la Gead immobiliare srl, rappresentata da un imprenditore del territorio, ha deciso di dare l’assalto alla costa di Coa ‘e Cuaddus presentando un improponibile progetto per la realizzazione di un cosiddetto “centro termale”, in pratica un residence turistico a poca distanza dalla spiaggia. Poco importa se l’area è tutelata sotto il profilo paesaggistico, se è all’interno di un Sito di Importanza Comunitaria e di una Zona di Protezione Speciale per la tutela della biodiversità, se l’insediamento è in aperto contrasto con il PUC del comune di Sant’Antioco e con lo stesso Piano Paesaggistico Regionale.
Non pago, l’intraprendente imprenditore torna alla carica lo scorso anno e chiede all’Assessorato Regionale dell’Industria una concessione mineraria, per una superficie di 595 Ha e un perimetro di 11,4 km, per emungere acqua minerale per la balneo-fangoterapia da distribuire poi a “tutti gli operatori presenti sul territorio, privilegiando le strutture curative”, si legge nella relazione tecnico-scientifica che accompagna la richiesta.
Per preservare la spiaggia da queste ripetute aggressioni Italia Nostra Sardegna ha presentato, lo scorso Aprile 2020, motivate Osservazioni al Servizio attività estrattive dell’Assessorato Regionale dell’Industria e al sindaco di Sant’Antioco chiedendo l’improcedibilità dell’istanza per manifesta inammissibilità e il rigetto della richiesta di concessione mineraria, mentre i giorni scorsi analoga richiesta è stata presentata al Servizio Valutazione Impatti della Regione perché respinga il progetto assoggettato a VIA in quanto non proponibile e non accettabile.
L’isola di Sant’Antioco è già stata deturpata dai numerosi villaggi turistici che dagli anni ’60 “valorizzano” il paesaggio e la fascia costiera e la sua comunità è ancora in attesa del benessere e delle centinaia di posti di lavoro promessi e mai ottenuti dal cosiddetto “sviluppo turistico”.
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