domenica 13 agosto 2017

Oltre il "miserevole limite dei 300 metri"



Il dibattito attorno alla legge Urbanistica (DDL Erriu) avviato dalle associazioni ambientaliste e sviluppato grazie agli interventi dei tanti illustri studiosi e commentatori sardi sta interessando in questi giorni anche diverse testate giornalistiche nazionali. Tutti gli interventi hanno evidenziato il rischio per il patrimonio costiero della Sardegna nella malaugurata ipotesi che il Ddl venga trasformato in legge.
Contestualmente allo spostamento della discussione oltre Tirreno, si è ridotta però l'area di interesse sulla quale in questi giorni di agosto si sofferma l'attenzione di commentatori e politici. Si parla sempre più diffusamente della tutela della fascia dei 300 mt, quella già tutelata dalla legge Galasso del 1985 e successivamente dalla legge regionale urbanistica (45/89), dando per scontato che oltre quel limite si possa concedere qualsiasi ampliamento e intervento edificatorio. Sotto la pressione dell’opinione pubblica anche la Giunta Regionale ha convenuto sulla necessità di tutelare meglio la fascia dei 300 mt. Infatti su qualche leggera modifica alla legge in tal senso potrebbero trovare una convergenza le varie anime del PD sardo e l'assessore all'urbanistica.
L'Unione Sarda 10 agosto 2017


La nostra Associazione ritiene che mediare al ribasso sul "miserevole limite dei 300 metri" come lo ha definito Edoardo Salzano (Presidente del Comitato tecnico-scientifico del PPR) ha dell'incredibile, un'involuzione sulla difesa del paesaggio che ci riporterebbe indietro di oltre trent'anni cancellando in un sol colpo i progressi in materia paesaggistica e culturale dell'ultimo decennio.
Italia Nostra, ben rappresentata dalle sue sezioni nelle isole minori della Sardegna, ricorda che i 300 mt di tutela integrale si riducono a soli 150 mt nelle piccole isole - nessuno ha mai saputo, o voluto, spiegarne il motivo, quasi che le coste delle isole siano meno sensibili di quelle dell'isola madre -. Questa tutela dimezzata, in sinergia col sistema di calcolo sull'insediabilità previsto dal decreto Floris ha trasformato le isole della Sardegna in zone franche per il cemento. Infatti esse, pur rappresentando solo l'1% dell'intera superficie della Sardegna ricoprono oltre il 20% del perimetro costiero! Questo significa che una quota rilevante dei volumi realizzati in Sardegna (circa un quinto) e di quelli promessi, grava appunto sulle ridotte superfici delle isole minori acuendo le insite criticità ambientali e paesaggistiche di questi territori. Emblematico a tal proposito il PUC approvato in questi giorni dal comune di Calasetta che prevede volumi equivalenti per 11 mila abitanti rispetto ad una popolazione effettiva residente inferiore a tremila unità, e senza alcuna previsione di crescita, con annesso un bel campo da golf nuovo di zecca. 

Il limite di salvaguardia dei 300 mt risale alla legge Galasso del 1985, che aveva compreso tale ambito tra le “bellezze naturali d’insieme”. Dopo quella data infatti gli appetiti edificatori si sono spostati interessando un'area ben più ampia, finché non è intervenuto il Piano Paesaggistico Regionale Sardo individuando come fascia costiera da sottoporre a tutela paesaggistica un’area di profondità variabile, che in alcune zone raggiunge anche i 3.000 mt.  
"Tra i beni a matrice prevalentemente ambientale gioca quindi, in particolare in Sardegna, un ruolo del tutto particolare il bene costituito dalla fascia costiera nel suo insieme. Questa, pur essendo composta da elementi appartenenti a diverse specifiche categorie di beni (le dune, le falesie, gli stagni, i promontori ecc.) costituisce nel suo insieme una risorsa paesaggistica di rilevantissimo valore: non solo per il pregio (a volte eccezionale) delle sue singole parti, ma per la superiore, eccezionale qualità che la loro composizione determina". E' quanto leggiamo tra i documenti che hanno ispirato il PPR, in aperto contrasto con l'idea di smembrare artificiosamente il bene paesaggistico d'insieme, rappresentato dalla fascia costiera nel suo complesso, in un  “dentro e fuori” rispetto ad un inesistente e artificioso confine posto a 300 mt (o 150) dal bagnasciuga.


Dopo trent'anni torniamo al punto di partenza, incrementiamo ancora il valore e la rendita di posizione degli hotel in prossimità del mare, cancelliamo il PPR e la filosofia che lo ha ispirato. Tuteliamo la battigia, ma solo in parte, mentre liberalizziamo il restante territorio costiero.
E' questo l'obbiettivo del Ddl urbanistica: consentire nuovi volumi agli hotel che già godono di una immeritata rendita di posizione (art. 31), favorire gruppi di potere che intendono costruire anche in deroga al PPR (art. 43), istituire un finto dibattito pubblico sulle grandi opere (art. 25), adottare un Piano Casa permanente (art. 30), trasformare l'agro in zona semiresidenziale (art. 79), aumentare il consumo di suolo (art. 85), sminuire l'importanza della Commissione Regionale per il Paesaggio limitando la presenza dei rappresentanti delle Associazioni Ambientaliste (art. 12).  


Nessuno può conoscere quali saranno gli esiti dell’acceso dibattito che si è creato attorno al problema, ma non possiamo fare a meno di constatare che, qualora il Ddl Erriu sarà trasformato in legge, con qualche misero emendamento che riduca il premio volumetrico di pochi punti percentuali nella fascia dei 300 mt dal mare, la Sardegna avrà una pessima legge urbanistica che incrementerà in maniera esponenziale le aggressioni a cui è sottoposto già oggi il paesaggio costiero e segnerà la definitiva separazione tra l'attuale classe politica e i valori e i principi sanciti dal PPR. 

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La Nuova Sardegna del 14 agosto 2017

La Nuova Sardegna del 12 agosto 2017

La Nuova Sardegna 2 agosto 2017

giovedì 10 agosto 2017

Condomini en plain air e cemento ricettivo



Le picconate delle Associazioni ambientaliste e di quella significativa parte della società civile cui sta  a cuore Ambiente e Paesaggio Sardo stanno facendo emergere le tante aberrazioni presenti nel  Disegno di legge sul Governo del Territorio (ddl Erriu) e nel Testo Unico del Turismo.

Nella canicola estiva il PD sembra transitare dalla veltroniana liquidità a quella fase evaporativa che precede la dissoluzione materica.  La desuetudine a un dibattito pubblico, sale della democrazia, spinge i rappresentanti istituzionali a lanciare anatemi ideologici e accuse di lesa maestà, mentre il consenso di stakholders conniventi  non è argine da tacitare le proteste degli esclusi ad arbitrium regi dal processo partecipativo. E’ invece grazie alla molteplicità delle posizioni emerse, recepite dai media  come da tempo non si vedeva, che vanno evidenziandosi quelle “polpette avvelenate”, di cui  “menti raffinatissime” hanno disseminato i due testi normativi. Una capacità levantina di dissimulare mezzi e finalità reali dietro una cortina di enunciati di buoni propositi, che sembra essere sussurrata ai nostri lidi da un non lontano Oriente.
Si prenda ad esempio il controverso contenuto dell’art.15 del T.U. sul Turismo con la sottile distinzione tra “campeggi “ e “villaggi turistici”, l’inserimento delle “case mobili” a fianco di tende e roulotte,  l’incremento del limite percentuale della ricettività, elementi che nel loro insieme suscitano dubbi sulla reale finalità della norma. A leggere in filigrana  è evidente  che da una parte si intende conferire legittimità a manufatti abusivi, definiti “mobili”, già presenti all’interno di aree destinate a campeggio e dall’altra avallare la transizione  da un modello ricettivo caratterizzato da  effettiva temporaneità a uno stabile e strutturato. Se ne può avere  un’implicita conferma dal mercato in atto e dalle numerose transazioni tra privati di piazzole e “case mobili”, nonché da lottizzazioni costituite da scatolari prefabbricati “poggiati al suolo”. Scorrere internet per credere! 

Secondo una consolidata giurisprudenza (Consiglio di Stato Sez. VI n.419/03, Sez.IV n.2705/08, Sez.V n.3683/11) il concetto di “costruzione” prescinde dal materiale con cui la si realizza e nella definizione giuridica di tale termine rientrano tutti quei “manufatti” che comportano una modifica urbanistica ed edilizia dello stato dei luoghi, in quanto gli stessi sono destinati a perpetuare la loro funzione nel tempo (Cass. Sez.III 1994, Cass.  pen.1994).  Non sono dunque i caratteri di “mobilità” o “precarietà” (peraltro del tutto presunti se si scorrono i siti pubblicitari e le immagini satellitari nel tempo) che esonerano tali manufatti e le opere ad esse associate dal rispetto degli standards urbanistici e dal rilascio dei titoli autorizzativi (Permesso di costruzione e  Nulla Osta paesaggistico),  unitamente alle opere destinate al loro accoglimento (sistemazione del suolo, rete idrico-fognaria, impiantistica, opere di sicurezza ecc.). Soprattutto tali opere di costruzione e urbanizzazione sottostanno, oltre che al regime vincolistico imposto dal PPR per la fascia costiera, alle disposizioni del TU 380/01 in materia di costruzioni e lottizzazioni abusive. Aspetti tra l'altro con conseguenti implicazioni penali evidenziati anche nella  richiesta di ricorso per conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale presentata di recente dal Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, arch. Fausto Martino.
Se fosse dunque vero, come  è stato sostenuto,  che si intendeva solo mettere ordine nella materia (con qualche innocente ritocco alle percentuali sic!), doveva essere questa del Testo Unico del Turismo l’occasione buona per mettere fine all’ennesimo assalto a paesaggi ed ambienti costieri tra i più pregevoli e sensibili. Tanto più che questi condomini en plein air non sono altro che informi favelas, prive di qualsiasi valore estetico, collocate in posizioni di pregio spesso a pochi metri dalla battigia. 


Con la stessa acribia non ci stancheremo di puntare l’indice contro il ddl Erriu. L’indiscriminato incremento volumetrico del 25% per le strutture alberghiere, gli accordi di programma e di pianificazione, i progetti di particolare rilevanza, le compensazioni urbanistiche, i trasferimenti di cubature svincolati dai suoli, costituiscono nel loro insieme un attacco senza precedenti non solo all’intera fascia costiera (il cui ambito tutelato va ben oltre i 300 mt come ben evidenziato di recente dal prof. Salzano), ma al territorio sardo nella sua interezza.
Se davvero il PPR della Sardegna presentava criticità interpretative sull’uso della deroga (i fatti lungo un arco più che decennale non sembrano provarlo), si sarebbe dovuto rafforzare l’armatura normativa per tutelare il territorio e non dilatare le falle, determinando lo “sbracamento” più totale con la becera pretesa del voler mettere ordine. 


Inemendabile dunque questo ddl Erriu, nonostante le profferte di mediazione dei pontieri di turno, taciti prima e prodighi dopo di offerte di accordi al ribasso per incassare il compenso di una non richiesta intermediazione. Perché qui non sono solo in discussione i metri cubi di cemento (mai quantificati almeno in termini di ordine di grandezza dall’Assessore) da riversare a piene mani, né i folli parametri di dimensionamento del fabbisogno edilizio da introdurre nei PUC, che se applicati trasformerebbero quel poco che resta della cintura rurale a ridosso degli agglomerati urbani in immensi ambiti a suscettività edificatoria (altro che contenimento del consumo di suolo!).

Quello che qui è in discussione è la pietra d’angolo che regge l’edificio della Governance ipotizzata  da quel disegno di legge:  l’implicito disconoscimento del concetto di Territorio come Bene Giuridico, la sua negazione di Bene comune, la volontà di trasformazione dello stesso  in un mero supporto fisico da sottoporre a interessi patrimoniali ed economici in parte occulti. Quel che è peggio è che la messa in atto di tali principi (questi sì ideologici) viene attuata attraverso una distorsione dell’utilizzo di quei poteri normativi che la Comunità degli elettori conferisce alla Regione per la tutela degli interessi collettivi. 
A tale logica  non ci siamo mai piegati, né prima, né dopo il volo del cuculo che da Arcore depositò l’uovo in riva d’Arno. 

Mauro Gargiulo - responsabile energia Italia Nostra Sardegna 

 

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giovedì 3 agosto 2017

Il PUC del comune di Calasetta contrasta col PPR e con una corretta pianificazione urbanistico-paesaggistica


Il PUC del Comune di Calasetta in adeguamento al Piano Paesaggistico Regionale, attualmente in fase di Valutazione Ambientale Strategica, oltre ad arrivare con un ritardo di 12 anni ha la caratteristica di essere un documento di pianificazione urbanistica con finalità diverse e per molti aspetti contrastanti rispetto a quelle del vigente PPR.
  • Anzichè il controllo dell’espansione dei centri abitati e la gestione dell’ecosistema  urbano si pone l'obbiettivo di proseguire l'opera di edificazione della città lineare lungo la fascia costiera iniziata negli anni '90, individuando nuove zone di espansione e tanti volumi (oltre 200mila mc) in zona F per ospitare 3.400 nuovi turisti.
  • Anzichè proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa biodiversità, incrementa il carico dei bagnanti lungo la fascia costiera nonostante le spiagge di Calasetta non siano in grado di sopportare un ulteriore carico antropico.
  • Anzichè assicurare la salvaguardia del territorio e promuoverne forme di sviluppo sostenibile prevede un campo da golf di 18 buche n una delle parti tra le più suggestive, e paesaggisticamente più integre dell'isola di Sant'Antioco.
Italia Nostra Sardegna ha presentato i giorni scorsi le osservazioni agli enti competenti  chiedendo  che il Piano Urbanistico proposto dal Comune di Calasetta non venga approvato in quanto in palese  contrasto con il Piano Paesaggistico Regionale.
Tra le motivazioni addotte per l'annullamento del PUC, l'Associazione ha evidenziato:
  • La mancanza di attenzione rispetto alle negative ricadute economiche e ambientali dello sfrenato ricorso al  “mattone” del Comune di Calasetta, che oltre a non aver portato benessere alla comunità ha compromesso le bellezze paesaggistiche del territorio costiero.
  • Nel  calcolo della insediabilità costiera non si è tenuto conto dei tanti volumi già realizzati negli anni in zona C e in zona agricola.
  • Le nuove aree di espansione previste dal PUC (8 HA oltre a quelle già convenzionate e quelle da completare) rappresentano una scelta in assoluta controtendenza rispetto ai nuovi indirizzi urbanistici europei sulla riduzione del consumo di suolo.
  • Le previsioni edificatorie del PUC (volumi equivalenti per 11 mila abitanti rispetto ad una popolazione effettiva residente inferiore a tremila unità e senza alcuna previsione di crescita) non sono funzionali al soddisfacimento del fabbisogno abitativo della comunità, ma tendono ad alimentare il mercato delle seconde case e della speculazione immobiliare.
  • La realizzazione di un campo da golf con strutture annesse rappresenta un intervento fuori da qualsiasi logica in un isola arida, priva di risorse idriche e con una forte compromissione paesaggistica in atto. La previsione di un campo da golf all'interno della fascia costiera - artt. 19-20 delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del P.P.R. - è comunque in palese contrasto con il piano paesaggistico regionale. Anche per questo motivo la legge regionale sul golf è stata bocciata dalla Corte Costituzionale. Si tratta di progetti che vengono spesso usati come pretesto per speculazioni immobiliari: club con bar, ristoranti e piscina con annesse "foresterie" per ospitare i giocatori. Sono impianti che oltre ad alterare il paesaggio, riducono la biodiversità ed entrano in conflitto con agricoltura e allevamento. Purtroppo il danno è maggiore quanto più è arido il territorio coinvolto.
  • Assenza di una politica ambientale e di proposte per l'individuazione di aree di tutela in grado di far fronte alle criticità ambientali dei numerosi habitat costieri e di attivare efficaci processi di sviluppo culturale ed economico.
Le isole minori rappresentano veri e propri poli di sviluppo del Mediterraneo, laboratori dello sviluppo sostenibile e aree di sperimentazione meritevoli pertanto di salvaguardia ambientale e di recupero socioeconomico. Quindi una lungimirante politica di pianificazione territoriale che tenga conto della protezione dei propri beni ambientali non rappresenta un limite allo sviluppo economico e sociale ma, se abilmente gestita, può rappresentare una opportunità economica per la comunità locale.
Purtroppo il comune di Calasetta prosegue con la discutibile scelta urbanistica basata essenzialmente sul consumo di suolo e sulle seconde case avviata negli ultimi decenni del secolo scorso, con il risultato di aver realizzato una città lineare lungo la fascia costiera fatta di seconde case nate in maniera disordinata, che contribuiscono a creare la ricettività sommersa; scelta che ha portato a una forte compromissione del paesaggio costiero prospiciente le spiagge della costa nord occidentale dell'isola.
Per quanto riguarda invece la realizzazione di nuove abitazioni per i cittadini residenti, i dati sull'andamento demografico della comunità calasettana sono abbastanza eloquenti per cui si ritiene, anche nel rispetto delle indicazioni europee sulla necessità di limitare il consumo di suolo, che non si debbano individuare nuove aree di espansione, e che gli interventi edilizi debbano rivolgersi verso il recupero del patrimonio edilizio esistente. Eventuali nuove necessità edificatorie dovrebbero essere prese in considerazione solo successivamente allo studio e al censimento dell'imponente patrimonio edilizio inutilizzato.

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