Il dibattito attorno alla legge Urbanistica (DDL
Erriu) avviato dalle associazioni ambientaliste e sviluppato grazie agli
interventi dei tanti illustri studiosi e commentatori sardi sta interessando in
questi giorni anche diverse testate giornalistiche nazionali. Tutti gli
interventi hanno evidenziato il rischio per il patrimonio costiero della
Sardegna nella malaugurata ipotesi che il Ddl venga trasformato in legge.
Contestualmente allo spostamento della
discussione oltre Tirreno, si è ridotta però l'area di interesse sulla quale in
questi giorni di agosto si sofferma l'attenzione di commentatori e politici. Si
parla sempre più diffusamente della tutela della fascia dei 300 mt, quella già
tutelata dalla legge Galasso del 1985 e successivamente dalla legge regionale
urbanistica (45/89), dando per scontato che oltre quel limite si possa
concedere qualsiasi ampliamento e intervento edificatorio. Sotto la pressione
dell’opinione pubblica anche la Giunta Regionale ha convenuto sulla necessità di
tutelare meglio la fascia dei 300 mt. Infatti su qualche leggera modifica alla
legge in tal senso potrebbero trovare una convergenza le varie anime del PD
sardo e l'assessore all'urbanistica.
L'Unione Sarda 10 agosto 2017 |
La nostra
Associazione ritiene che mediare al ribasso sul "miserevole limite dei 300 metri" come lo ha definito
Edoardo Salzano (Presidente del Comitato tecnico-scientifico del PPR) ha
dell'incredibile, un'involuzione sulla
difesa del paesaggio che ci riporterebbe indietro di oltre trent'anni
cancellando in un sol colpo i progressi in materia paesaggistica e culturale
dell'ultimo decennio.
Italia Nostra, ben rappresentata dalle sue
sezioni nelle isole minori della Sardegna, ricorda che i 300 mt di tutela
integrale si riducono a soli 150 mt nelle piccole isole - nessuno ha mai
saputo, o voluto, spiegarne il motivo, quasi che le coste delle isole siano
meno sensibili di quelle dell'isola madre -. Questa tutela dimezzata, in
sinergia col sistema di calcolo sull'insediabilità previsto dal decreto Floris
ha trasformato le isole della Sardegna in zone franche per il cemento. Infatti
esse, pur rappresentando solo l'1% dell'intera superficie della Sardegna
ricoprono oltre il 20% del perimetro costiero! Questo significa che una quota
rilevante dei volumi realizzati in Sardegna (circa un quinto) e di quelli
promessi, grava appunto sulle ridotte superfici delle isole minori acuendo le
insite criticità ambientali e paesaggistiche di questi territori. Emblematico a
tal proposito il PUC approvato in questi giorni dal comune di Calasetta che
prevede volumi equivalenti per 11 mila abitanti rispetto ad una popolazione
effettiva residente inferiore a tremila unità, e senza alcuna previsione di
crescita, con annesso un bel campo da golf nuovo di zecca.
Il limite di salvaguardia dei 300 mt risale alla
legge Galasso del 1985, che aveva compreso tale ambito tra le “bellezze naturali d’insieme”. Dopo
quella data infatti gli appetiti edificatori si sono spostati interessando
un'area ben più ampia, finché non è intervenuto il Piano Paesaggistico Regionale
Sardo individuando come fascia costiera da sottoporre a tutela paesaggistica
un’area di profondità variabile, che in alcune zone raggiunge anche i 3.000
mt.
"Tra i beni a matrice prevalentemente ambientale gioca
quindi, in particolare in Sardegna, un ruolo del tutto particolare il bene
costituito dalla fascia costiera nel suo insieme. Questa, pur essendo composta
da elementi appartenenti a diverse specifiche categorie di beni (le dune, le
falesie, gli stagni, i promontori ecc.) costituisce nel suo insieme una risorsa
paesaggistica di rilevantissimo valore: non solo per il pregio (a volte
eccezionale) delle sue singole parti, ma per la superiore, eccezionale qualità
che la loro composizione determina". E' quanto leggiamo tra i
documenti che hanno ispirato il PPR, in
aperto contrasto con l'idea di smembrare artificiosamente il bene paesaggistico
d'insieme, rappresentato dalla fascia costiera nel suo complesso, in un “dentro e fuori” rispetto ad un inesistente e
artificioso confine posto a 300 mt (o 150) dal bagnasciuga.
Dopo trent'anni torniamo al punto di partenza,
incrementiamo ancora il valore e la rendita di posizione degli hotel in
prossimità del mare, cancelliamo il PPR e la filosofia che lo ha ispirato.
Tuteliamo la battigia, ma solo in parte, mentre liberalizziamo il restante
territorio costiero.
E' questo l'obbiettivo del Ddl urbanistica:
consentire nuovi volumi agli hotel che già godono di una immeritata rendita di
posizione (art. 31), favorire gruppi di potere che intendono costruire anche in
deroga al PPR (art. 43), istituire un finto dibattito pubblico sulle grandi
opere (art. 25), adottare un Piano Casa permanente (art. 30), trasformare
l'agro in zona semiresidenziale (art. 79), aumentare il consumo di suolo (art.
85), sminuire l'importanza della Commissione Regionale per il Paesaggio limitando
la presenza dei rappresentanti delle Associazioni Ambientaliste (art. 12).
Nessuno può conoscere quali saranno gli esiti
dell’acceso dibattito che si è creato attorno al problema, ma non possiamo fare
a meno di constatare che, qualora il Ddl Erriu sarà trasformato in legge, con
qualche misero emendamento che riduca il premio volumetrico di pochi punti
percentuali nella fascia dei 300 mt dal mare, la Sardegna avrà una pessima
legge urbanistica che incrementerà in maniera esponenziale le aggressioni a cui
è sottoposto già oggi il paesaggio costiero e segnerà la definitiva separazione
tra l'attuale classe politica e i valori e i principi sanciti dal PPR.
Sull'argomento
La Nuova Sardegna - Coste da tutelare oltre i 300 metri
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